“Tutti esaltano il valore dell’agricoltura e dei suoi operatori quali sentinelle ambientali, ma poi cosa succede dove si legifera in materia agricola, in primo luogo in Europa?” Mariagrazia Baravalle, direttore della Confagricoltura di Asti ha le idee chiare sulla crisi del settore. Cambiamenti climatici, scarsa produzione, redditività in calo: in dieci anni un azienda su tre ha chiuso o si è accorpata. “La riduzione del numero di aziende è fisiologica – afferma Baravalle – occorrono dimensioni minime per poter sopravvivere ma in agricoltura si aggiungono ulteriori ostacoli, che hanno poco a che vedere con l’economia, e molto con l’ideologia. Ad esempio: le nostre imprese sono considerate nemiche dell’ambiente e amiche del lavoro nero – dichiara il direttore di Confagricoltura – assistiamo così all’emanazione di continui divieti, sommersi dalla burocrazia e da regolamenti vessatori”. Confagricoltura da anni sta battendo i pugni sui tavoli europei: “Siamo stati gli unici – dichiara il direttore di Asti Agricoltura – a criticare l’impostazione della Politica agricola comunitaria che chiedeva agli agricoltori di produrre meno, mentre la burocrazia veniva aumentata e venivano varate misure che anziché guardare al mercato e alla gestione del rischio, avrebbero guardato solo all’ambiente. Sono state tante le battaglie fatte e alcune sono ancora in corso su molte questioni: oggi vediamo riprendere con soddisfazione le nostre posizioni da più parti – prosegue il direttore – auspichiamo che, più uniti su questo fronte, si raggiungano migliori risultati”. Naturalmente le aziende agricole sono imprese e devono restare con dignità sui mercati. “Per far questo – sostiene Baravalle – occorre attenzione alla filiera ed al corretto modo di valorizzare i prodotti, mantenendo costi produttivi sostenibili.
Serve anche la capacità di cogliere ed adattarsi velocemente ai mutamenti del mercato, in particolare nel settore vitivinicolo che così tanto contraddistingue il territorio astigiano”. “L’Europa in primis – conclude Baravalle – ma anche la politica del nostro Paese, devono capire che le imprese agricole non devono chiudere ma crescere, nel senso di evolvere”.
In allegato l’articolo de La Stampa del 23 gennaio 2024
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