In base ad un’analisi del dicembre 2023 sullo stato del lupo nel territorio europeo, il Consiglio UE ha approvato definitivamente la proposta della Commissione europea di modificarne lo status di protezione in Europa da “rigorosamente protetto” a “protetto”. Questa posizione era già stata espressa dal Parlamento europeo nella sua risoluzione del 24 novembre 2022 e a dicembre sarà nuovamente tra i punti all’ordine del giorno del Comitato permanente della Convenzione di Berna.
“Accogliamo con favore quanto approvato dal Consiglio Ue in merito al declassamento del lupo da specie da “rigorosamente protetta” a “protetta“. Il problema è stato finalmente valutato e attendiamo ora che si intervenga sul territorio, pur salvaguardando l’importante ruolo di bioregolatore che questo animale svolge nel suo habitat”. Lo ha detto Enrico Allasia, presidente di Confagricoltura Piemonte dopo aver appreso che in via definitiva è stato deciso di modificare lo status di protezione del lupo in Europa. Questo declassamento risponde alle richieste di alcune Autorità locali e di una parte degli allevatori, vittime di predazioni nelle aree interne e montane.
Il cambio di definizione ha un risvolto importante per la conservazione e la gestione di questi grandi carnivori: secondo le leggi di molti Paesi Ue, lo status di specie rigorosamente protetta impone forti limiti su quando e perché si possono contenere le popolazioni di lupi, mentre in altri Stati membri la definizione di “specie protetta” consente una maggiore flessibilità nelle limitazioni alla loro caccia.
“Chiediamo che si intervenga con sistemi di caccia standard: i ricercatori concordano nel dire che questo metodo, in alcuni Paesi dell’Unione europea, non ha creato problemi allo stato di conservazione del carnivoro”, evidenzia Allasia.
Confagricoltura Piemonte sostiene infatti che lo status giuridico di una specie debba cambiare nel tempo a seconda della sua popolazione.
Negli ultimi anni, i branchi di lupi sono aumentati in particolare in alcune aree del Piemonte: sarebbero circa 600 gli esemplari sulle Alpi piemontesi, pari a quasi il 70% presenti in Nord Italia, con il maggior numero concentrati in Provincia di Cuneo.
“E’ indubbio che il provvedimento rappresenti un primo passo verso la protezione degli allevamenti ma è necessario che anche le Istituzioni intervengano con investimenti e misure adeguate di prevenzione dei danni provocati dai grandi predatori, gestendone la convivenza”, conclude Allasia.
La nuova ordinanza ministeriale che permette alle aziende interessate dalle zone in restrizione di procedere alla movimentazione dei capi, previa valutazione del rischio da parte del servizio sanitario, è una buona notizia che accoglie le richieste di Confagricoltura.
L’Organizzazione degli imprenditori agricoli aveva infatti sollecitato le istituzioni a intervenire, vista la grave situazione degli allevamenti suinicoli nelle zone di restrizione da PSA (Peste Suina Africana), fermi nella produzione e nelle movimentazioni.
La misura permette di iniziare a risolvere il problema del sovraffollamento delle strutture e procedere alla ripresa dell’attività commerciale. L’auspicio di Confagricoltura è che ora le Regioni procedano a concedere tali deroghe per favorire la commercializzazione dei capi, garantendo comunque la sicurezza sanitaria. E’ infatti prioritario iniziare a riaprire gli scambi commerciali ed evitare la chiusura definitiva di importanti realtà produttive, che comunque avranno bisogno di interventi di sostegno per poter essere messe in sicurezza.
Resta inteso – evidenzia Confagricoltura – che questa apertura non deve far abbassare la guardia. L’invito agli allevatori è quindi di continuare ad essere rigorosi nell’applicare le norme di biosicurezza e di farle rispettare a tutti coloro che entrano nei siti produttivi.
Occorre ancora lavorare per togliere la limitazione alla movimentazione tra Regioni con zone in restrizione comuni: i limiti e i confini amministrativi creano infatti solo difformità e impedimenti burocratici agli scambi commerciali.
Positivi, invece, alcuni elementi: la nuova perimetrazione in Gazzetta Ufficiale della UE che liberalizza zone prima in restrizione in alcune regioni, in primis Sardegna, Piemonte e Calabria, e l’avanzamento dei lavori di contenimento della fauna selvatica con gli sbarramenti che si stanno attuando sulle principali vie autostradali, utili anche a bloccare l’espansione della malattia nell’area del Nord-Est. A tale sforzo – conclude Confagricoltura – andrà associato un concreto depopolamento della fauna selvatica nei punti strategici e un coordinamento di tali operazioni su tutto il territorio nazionale.
In allegato l’ordinanza del commissario straordinario
E’ grave la situazione degli allevamenti suinicoli nelle zone di restrizione da PSA (Peste Suina Africana): la produzione è ferma, le movimentazioni sono bloccate con il conseguente rischio di sovraffollamento e – aggiunge Confagricoltura – per le imprese che possono ancora commercializzare, c’è la beffa del crollo dei prezzi di vendita degli animali. Fino ad oggi si sono registrati 50 focolai in Italia (Pavia e Lodi le zone più colpite – cfr tabella) e circa 25.000 animali positivi.
La situazione non è più sostenibile. Confagricoltura sollecita pertanto le istituzioni ad agire con fermezza per individuare subito una via d’uscita e permettere la sopravvivenza delle aziende agricole e la salvaguardia di uno dei settori strategici dell’agroalimentare italiano con un valore complessivo di oltre 13 miliardi di euro e 2,3 mld di export.
Si deve intervenire presto con gli indennizzi agli allevatori – afferma Confagricoltura – oltre che per i danni diretti derivanti dall’abbattimento degli animali, anche per tutte quelle imprese che stanno subendo danni indiretti per il blocco delle movimentazioni dei suinetti che nascono in azienda e che dovrebbero andare ad altre strutture di ingrasso, o per l’impossibilità di vendere gli animali in sovrannumero arrivati a fine ciclo e che dovrebbero essere diretti al macello.
“Le imprese – spiega il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti – hanno bisogno che vengano messi in campo tutti gli strumenti utili a sostenerle, anche alleggerendo la pressione dell’indebitamento bancario e degli oneri previdenziali”.
L’avanzamento della malattia a zone ad alta vocazione per la produzione suinicola necessita un cambio di passo sul contenimento della fauna selvatica: finora è stato fatto troppo poco su questo versante, tant’è che la PSA continua a superare nuovi confini.
“Non è più accettabile che si eliminino così pochi cinghiali, la vera causa dell’espansione della malattia e della diffusione agli allevamenti, né si possono accusare gli allevatori. Se non ci fosse una così alta carica virale nell’ambiente per il numero di cinghiali infetti, sicuramente non ci sarebbe un così alto rischio di trasmissione agli allevamenti che sono vittime, e non causa, del contagio – ribadisce Giansanti – l’intervento sulla fauna e gli incentivi per gli investimenti in biosicurezza a tutti gli allevamenti, a partire da quelli limitrofi alle zone in restrizione, saranno la via da seguire per uscire da questa grave epidemia”.
In allegato la tabella
“La filiera suinicola piemontese e nazionale si trova in una situazione per certi versi simile all’emergenza sanitaria, con le dovute proporzioni, generata dalla pandemia di Covid-19, delle cui conseguenze siamo purtroppo tutti a conoscenza”, riferisce il presidente di Confagricoltura Piemonte Enrico Allasia dopo aver esaminato la nuova possibile estensione delle zone di restrizione, atte a circoscrivere una malattia virale, la Peste Suina Africana, che nonostante non si trasmetta all’uomo, sta avendo numerose e nefaste conseguenze sull’intera economia zootecnica e non solo.
Confagricoltura ha stimato in oltre 20milioni di euro al mese le perdite dirette per la filiera suinicola nazionale, ma in realtà sono in crescita se si considera il possibile allargamento delle aree del Piemonte (in cui si contano al 30 giugno scorso 1.164 allevamenti suinicoli) nelle quali è stato riscontrato un focolaio: ad esempio, nella zona 1, sarebbero coinvolti 40 allevamenti per un totale di circa 44.600 capi che passerebbero con la nuova delimitazione territoriali in cui non è possibile movimentare gli animali, a 71 e coinvolgerebbero circa 100.000 capi.
La nuova ordinanza contro la diffusione della Psa, con regole valide per Lombardia, Piemonte ed Emilia-Romagna in vigore fino al 30 settembre 2024, prevede l’abbattimento dei suini domestici contagiati, norme di prevenzione e innalzamento dei livelli di biosicurezza, quarantena nelle province di Lodi, Pavia e alcune attigue del Piemonte.
“La nostra regione, secondo l’ultimo rapporto di ISMEA, è al secondo posto (16%) per consistenza di suini dopo la Lombardia, dove viene allevata circa la metà del patrimonio nazionale di maiali, con produzioni di elevata qualità, quasi interamente destinate al circuito delle DOP”, precisa Lella Bassignana, direttore di Confagricoltura Piemonte registrando dal vivo le preoccupazioni degli allevatori. “In mancanza di adeguati ristori, a breve molte aziende saranno costrette a chiudere i battenti. L’epidemia, infatti, avanza e porta con sé numerose questioni da risolvere: dai costi per lo smaltimento degli animali fermi in allevamento, alla necessità di estendere la cassa integrazione ai lavoratori delle aziende colpite dalla crisi, alla mancanza di reflui necessari al funzionamento degli impianti a biogas e molto altro”, rimarca Bassignana.
Se gli imprenditori agricoli devono continuamente migliorare gli standard di prevenzione contro tutti i contagi, anche la popolazione deve fare la sua parte: Confagricoltura Piemonte invita a smaltire gli avanzi del cibo nell’umido, considerando l’ipotesi che alcuni carni potrebbero venire dai Paesi dell’Est, dove ci sono migliaia di focolari di Psa tra cinghiali e suini allevati, ed essere contagiate: se quello che avanza finisce nella spazzatura, dove spesso vanno a grufolare i cinghiali, si contribuisce a diffondere la malattia.
Il settore chiede con forza una svolta nel depopolamento degli ungulati, principali vettori del virus, e che si adotti ogni misura utile a ristorare dei danni diretti e indiretti di tutte le aziende che oggi risiedono all’interno delle aree coinvolte.
Il commissario straordinario Giovanni Filippini ha firmato la nuova ordinanza contro la diffusione della Peste suina africana. Le regole, valide per Lombardia, Piemonte ed Emilia-Romagna, resteranno in vigore fino al 30 settembre 2024
E’ entrata in vigore ieri, giovedì 29 agosto, la nuova ordinanza sulla Peste Suina Africana (Psa) firmata dal nuovo commissario straordinario, il dottor Giovanni Filippini, che prevede nuove misure di prevenzione valide per la Lombardia, il Piemonte e l’Emilia-Romagna.
Secondo le ultime rilevazioni, la causa principale di diffusione del virus sarebbe dovuta ai movimenti di persone e mezzi. Per questo motivo, l’ordinanza numero 3 che entra in vigore dal 29 agosto fino al 30 settembre 2024 intende regolare gli accessi all’interno degli allevamenti, che per almeno un mese dovranno rispettare alcune norme di biosicurezza particolarmente stringenti valide per tutte le zone di restrizione: la 1, ad alto rischio; la 2, con presenza di Psa nei cinghiali; la 3, con presenza di Psa nei cinghiali e nei suini domestici.
A chi è vietato l’ingresso negli allevamenti
Innanzitutto, l’ordinanza vieta ogni spostamento dei suini, sia in entrata che in uscita, dagli allevamenti che non sia verso il macello. Solo gli allevamenti situati nella prima zona di restrizione potranno chiedere l’autorizzazione dalla Regione di poter accedere ai servizi veterinari.
È vietato l’accesso di qualsiasi automezzo, ad eccezione di quelli destinati al trasporto di mangimi, carcasse e liquami e di animali verso il macello. Chiunque non sia direttamente coinvolto nella gestione quotidiana degli animali, non potrà accedere agli allevamenti. Regola che vale per qualsiasi persona e figura professionale, anche veterinari, tecnici di filiera e mangimisti. Non possono entrare nemmeno gli animali, cani compresi.
Nei Comuni interessati dalle varie zone di restrizione sono vietate anche le mostre, i mercati, le fiere d’esposizione e ogni altra manifestazione di carattere agricolo e zootecnico che coinvolga il settore suinicolo.
Come sono regolati gli accessi
Le persone che hanno diritto ad accedere all’allevamento devono rispettare alcuni obblighi. Intanto, chi entra deve farlo sempre indossando tute, guanti e calzari monouso e deve garantire di non aver visitato altri allevamenti di suini, boschi o altri luoghi in cui sono presenti cinghiali nelle 48 ore precedenti, assicurando di fare altrettanto nelle 48 ore successive.
È obbligatorio che gli operatori del trasporto animali utilizzino i dispositivi monouso che saranno forniti dall’allevatore al momento dell’uscita del conducente dall’abitacolo del mezzo.
I lavori di manutenzione o di lavoro ordinario sono vietati, ad eccezione di quelli strettamente connessi al benessere dell’animale che dovranno comunque essere preventivamente autorizzati. Sono sospesi anche i controlli da parte del servizio veterinario, esclusi quelli connessi con la gestione della Psa e quelli tesi a garantire il rispetto delle esigenze di benessere animale.
Il controllo del rispetto della normativa
A verificare il rispetto delle condizioni di biosicurezza previste dall’ordinanza ci dovranno pensare i veterinari territorialmente competenti. Entro un mese, andranno verificati i requisiti dei vari allevamenti. Nel caso in cui venisse accertato uno stato di carenza, strutturale o gestionale, entro 15 giorno il servizio veterinario dispone lo svuotamento degli stabilimenti secondo un programma di macellazione o in alternativa di abbattimento che non deve prolungarsi oltre i 21 giorni dalla disposizione.
Oppure ancora, nel caso in cui venisse individuato un qualsiasi contatto diretto o indiretto con un focolaio confermato, e qualora la situazione epidemiologica lo richieda, il servizio veterinario territorialmente competente può disporre l’abbattimento preventivo degli animali.
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