Confagricoltura è intervenuta al Tavolo ministeriale, presieduto dal Ministro dell’Agricoltura, per affrontare la pesante situazione del settore ortofrutticolo. In tale occasione, il presidente Massimiliano Giansanti ha rappresentato le esigenze prioritarie: il ripristino della liquidità delle imprese, la realizzazione di un piano straordinario pluriennale di estirpazione e reimpianto per convertire la produzione frutticola verso specie e varietà più orientate al mercato e maggiormente adattate ai cambiamenti climatici, nonché il miglioramento degli strumenti della gestione del rischio per tutelare il reddito degli agricoltori, aumentando i fondi per accrescere l’efficacia delle misure dedicate.
Dal canto suo, il Ministro Francesco Lollobrigida ha assicurato come nella prossima Legge di bilancio sarà previsto un fondo emergenze da 270 milioni per salvaguardare il comparto.
Infine, Confagricoltura, ha ribadito l’urgenza di esternalizzare delle misure efficaci come previsto dal decreto ministeriale per gli agrumi, già annunciato dal Ministro tra i provvedimenti di prossima applicazione e rivisto nella sua impostazione secondo le indicazioni fornite dalla Confederazione.

Il nuovo Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (Pniec), ovvero lo strumento che l’Italia ha adottato per la strategia di decarbonizzazione mediante il graduale disuso delle fonti fossili, si avvale dei fondi aggiuntivi del Piano energetico europeo, da integrare nei Pnrr, per finanziare progetti sull’energia.
Sulla base delle norme comunitarie, nel 2030 gli Stati membri dovranno garantire collettivamente almeno 35 miliardi di metri cubi di biometano, allo scopo di sostituire almeno il 20% delle importazioni di gas naturale, con un’alternativa sostenibile, più economica e prodotta localmente.
Recentemente, proprio in funzione di questi obiettivi, la Commissione Europea ha proposto interventi finalizzati ad ampliare la produzione di biogas da trasformare in biometano nonché azioni volte a promuovere la produzione di biometano non tanto da alimenti e materie prime (che potrebbero portare problemi legati al cambiamento di destinazione dei terreni) quanto piuttosto da rifiuti e residui.
La Commissione ha ricordato anche come, per ottenere il pieno effetto della produzione di biometano sulla transizione verde, sia fondamentale il raccordo con le aziende agricole per massimizzare l’efficienza nella produzione di questa fonte. Inoltre, l’adozione del biometano comporta il continuo sostegno di tecnologie innovative per rendere sostenibile il passaggio del biogas a biometano e la sua integrazione nella rete del gas.

Il Made in Italy agroalimentare ha ottenuto negli ultimi anni brillanti risultati sui mercati internazionali. Stando ai dati riportati nel Rapporto sull’agroalimentare italiano diffuso nei giorni scorsi da ISMEA, tra il 2019 e il 2022 le esportazioni di settore sono aumentate del 34%, toccando alla fine dello scorso anno il massimo storico nell’ordine di 60 miliardi di euro.
E’ salita anche la presenza sui mercati esterni all’Unione europea. Su “Il Sole 24ore” il professor Marco Fortis ha messo in evidenza che, nel periodo compreso tra il 2013 e il 2022, l’incidenza dell’Italia sulle esportazioni totali della UE destinate fuori dall’Unione è passata dal 9,5 all’11,3%. Allo stesso tempo, la quota francese è scesa dal 19,2% al 17,2%.
L’Italia ha dunque migliorato in misura importante il proprio posizionamento competitivo. Le cifre sono di assoluto rilievo. Tuttavia, restiamo ancora al di sotto di quelle che sono le potenzialità del sistema.
Nel rapporto curato da ISMEA è stato messo in evidenza che il nostro Paese “è leader mondiale per le esportazioni di trasformati di pomodoro, pasta, vino e formaggi”, ma nel complesso le esportazioni annuali agroalimentari della Spagna superano di circa 8 miliardi di euro quelle dell’Italia.
La Francia, sempre secondo ISMEA, supera l’Italia in termini di prezzo medio dei prodotti venduti all’estero. La differenza risulta particolarmente marcata per i vini. A questo riguardo può essere interessante segnalare che uno studio promosso dal Senato francese ha messo in evidenza che, al netto del valore dell’export di vini, il saldo dell’interscambio commerciale agroalimentare con gli altri Stati membri della UE sarebbe negativo.
La situazione economica internazionale è meno favorevole rispetto a quella che ha caratterizzato gli anni passati. Prevale l’incertezza dovuta al conflitto in corso in Ucraina e alle tensioni in Medio Oriente. I costi energetici saranno più elevati rispetto al passato. L’inflazione e i tassi d’interesse non torneranno vicini allo zero. Anche il ritmo di crescita del commercio internazionale di beni e servizi è destinato a rallentare. Questo scenario rafforza la necessità di agire per non interrompere la crescita delle nostre esportazioni.
Tre, in primo luogo, gli obiettivi da perseguire nell’ambito di efficaci politiche di filiera: aumentare la produzione interna di cereali in linea con le esigenze delle industrie di trasformazione; rafforzare l’organizzazione economica del settore ortofrutticolo, migliorando anche la logistica per ridurre i costi di trasporto sui mercati esteri che sono sensibilmente più alti rispetto ai nostri principali concorrenti; puntare su una migliore valorizzazione dei nostri vini in termini di qualità. Le prospettive del settore saranno sempre meno legate alle quantità prodotte.
Con un aumento del 10%, il valore aggiunto della filiera agroalimentare salirebbe di oltre 6 miliardi di euro (da 64 a 70 miliardi). E’ un traguardo realistico.

Dai primi di novembre in arrivo il Fondo per l’innovazione in agricoltura che prevede lo stanziamento di 75 milioni di euro per ciascuno degli anni 2023, 2024 e 2025 da destinare all’ammodernamento delle imprese del settore primario. Di questi 75 milioni di euro annui, una parte, rispettivamente 10, 30 e 35 milioni, è riservata alle zone colpite dalle alluvioni di maggio 2023.
Il decreto prevede l’erogazione di contributi a fondo perduto per l’acquisto di macchine e attrezzature innovative per l’agricoltura e la pesca. Sono ammessi alla presentazione della domanda coloro che appartengono a una delle seguenti categorie: “impresa agricola”, “impresa ittica” o “impresa agromeccanica”, e che effettuano investimenti per importi compresi tra 70.000 e 500.000 euro. Per le imprese ittiche il limite minimo degli investimenti è invece 10.000 euro.

L’entità del contributo, che va da un minimo del 22,5% fino al 95% dell’importo ammissibile, potrà variare a seconda del soggetto beneficiario e dell’importo dell’investimento. Gli investimenti, per essere ammissibili, potranno essere effettuati solamente in seguito alla data di presentazione della domanda di agevolazione. Inoltre, i beni agevolabili devono essere nuovi di fabbrica.
Il decreto stabilisce anche che le Pmi agricole e della pesca potranno usufruire di una garanzia Ismea per i finanziamenti che può arrivare fino all’80% del valore nominale del finanziamento bancario.
La piccola e media impresa che intende richiedere il contributo deve fare domanda sul portale dedicato di Ismea la cui apertura è prevista per inizio novembre. Le domande saranno quindi esaminate da Ismea secondo l’ordine cronologico di presentazione. L’erogazione del contributo a fondo perduto avverrà in un’unica soluzione direttamente verso il beneficiario, o forse, in alternativa, lo stesso potrà disporre l’erogazione dello stesso verso il proprio fornitore.

I beni agevolabili devono essere caratterizzati da un elevato livello tecnologico o di automazione e rientrare in una di queste categorie della tabella allegata:

tabella ismea

Per maggiori informazioni chiedere agli uffici di Asti Agricoltura

Presentazione ISMEA FONDO INNOVAZIONE

Invito a partecipare all’indagine promossa dall’Osservatorio Smart AgriFood del Politecnico di Milano e dell’Università degli Studi di Brescia, in collaborazione con Confagricoltura ed Enapra

L’Osservatorio Smart AgriFood del Politecnico di Milano e dell’Università degli Studi di Brescia, in collaborazione con Confagricoltura, Area Politiche Sviluppo sostenibile e Innovazione, ed Enapra – Ente di formazione di Confagricoltura, ha avviato una nuova edizione dell’indagine che annualmente rivolge a tutte le aziende agricole e zootecniche italiane. L’indagine si intitola “Agricoltura 4.0: SAU coltivata e pratiche di carbon farming” e ha come obiettivo principale quello di raccogliere informazioni da aziende agricole e zootecniche italiane al fine di misurare:

1. la quantità di SAU coltivata con tecniche 4.0;

2. il grado di conoscenza delle pratiche di “carbon farming” e dei modelli di business ad esse associati

Le aziende che desiderano partecipare all’indagine possono compilare un questionario accedendo al seguente link: https://polimi.eu.qualtrics.com/jfe/form/SV_bBLpC7gTqcDGn1c?DIF=CONFAGRI

Partecipare è semplice e richiede solo pochi minuti. Durante la compilazione del questionario le risposte saranno salvate in automatico e, se necessario, sarà possibile rivederle per modificarle prima dell’invio. In più sarà possibile interrompere la compilazione e riprenderla in un secondo momento, accedendo allo stesso link.
Tutte le informazioni fornite saranno trattate con la massima riservatezza e diffuse esclusivamente in forma aggregata e anonima.
Per ulteriori indicazioni l’Enapra e l’Area Politiche Sviluppo Sostenibile e Innovazione di Confagricoltura sono a disposizione all’indirizzo info@enapra.it o al numero telefonico 066852431.
A tutti i partecipanti saranno distribuiti i risultati di sintesi e come di consueto, l’esito dell’indagine sarà presentato nel corso del convegno finale della ricerca, che si terrà il 15 marzo 2024.