Confagricoltura, Cia-Agricoltori Italiani, Copagri, Forum Nazionale Agricoltura Sociale, Rete Fattorie Sociali, AGCI, CNCA, Capodarco e Legambiente hanno scritto una lettera al Ministro delle Politiche Agricole Gian Marco Centinaio per sollecitare la sua attenzione sull’Agricoltura Sociale, che rappresenta un’importante risorsa per l’Italia sia in termini occupazionali che di produzioni agricole di qualità e di welfare territoriale.
Le Organizzazioni ricordano i dati di una recente indagine conoscitiva del CREA, realizzata in collaborazione con la Rete Rurale sull’agricoltura sociale, che confermano come negli ultimi 5 anni si sia assistito a una forte crescita del settore, con investimenti per oltre 21 milioni di euro e attività di inserimento socio-lavorativo finalizzato nel 71% dei casi alle fasce più deboli della popolazione, dai disabili ai disoccupati con disagio, dai detenuti agli immigrati.
Con la legge 141/2015 si è dato vita a un Osservatorio Nazionale sull’Agricoltura Sociale che ha svolto con dedizione un lavoro finalizzato a sviluppare reti di rapporti solidi, responsabili e duraturi, finalizzati a creare un processo costruttivo e di crescita, grazie anche al valore delle esperienze del territorio. Purtroppo i tempi lunghi della politica non hanno consentito, nella fase finale della scorsa legislatura, di procedere all’emanazione dei decreti attuativi della legge. Sarebbe dunque importante, a parere delle Organizzazioni, che i decreti attuativi venissero firmati il prima possibile.
Confagricoltura, Cia, Copagri, Forum Nazionale Agricoltura Sociale, Rete Fattorie Sociali, AGCI, CNCA, Capodarco e Legambiente chiedono inoltre al Ministro Centinaio di riprendere il dialogo con l’Osservatorio e di tenere alta l’attenzione sul settore, in modo da permettere la stesura delle linee guida e valutare l’opportunità dell’istituzione di un marchio nazionale, per far conoscere e valorizzare le produzioni delle imprese agricole che lavorano in questo ambito, in rete con gli altri attori territoriali, sviluppando la coscienza sociale e la crescita sostenibile e inclusiva dell’agricoltura.
Il livello d’innovazione raggiunto nello sviluppo dell’Agricoltura Sociale – concludono le Organizzazioni – non consente una battuta di arresto, che andrebbe a discapito dei reali beneficiari: imprese agricole, mondo della cooperazione e del terzo settore e, soprattutto, dei soggetti fragili“.

Soddisfazione da parte di Confagricoltura Asti per la nuova legge regionale sulla caccia che martedì 12 giugno è stata approvata dal Consiglio Regionale del Piemonte.
Una legge innovativa, che coniuga la tutela della fauna con l’attività venatoria aggiornandola ai nuovi scenari che si sono determinati con il proliferare della fauna selvatica dannosa non solo alle coltivazioni, ma anche all’incolumità dei cittadini, come nel caso di cinghiali e caprioli.
Si tratta di un notevole passo in avanti da parte delle istituzioni dopo svariati tentativi effettuati negli anni precedenti durante i quali si è tentato invano di trovare un punto di incontro tra cacciatori, agricoltori e privati cittadini. Una legge che finalmente conferisce al Piemonte una regolamentazione dell’attività venatoria senza alcun intento punitivo verso i cacciatori e nel pieno rispetto della tutela dell’ambiente e di tutti i cittadini.
Confagricoltura Asti, da anni al fianco degli agricoltori danneggiati dalle innumerevoli specie selvatiche presenti sul nostro territorio, e che in passato aveva proposto abbattimenti selettivi di ungulati, ora plaude a questa nuova normativa.
Siamo finalmente giunti ad un punto di svolta”, ha affermato Roberto Rapetto, imprenditore agricolo, nonché cacciatore associato a Confagricoltura Asti. “Apprezziamo l’impegno da parte delle istituzioni che hanno lavorato molto per giungere a questo traguardo – ha continuato Rapetto non risparmiando tuttavia una vena polemica – si tratta infatti di una legge che era già da introdurre tempo fa per reprimere una fauna selvatica che oggigiorno sembra sempre più incontrollabile“. “E’ necessario – ha concluso Rapetto – intensificare le squadre di caccia già esistenti per cercare di limitare i danni causati da cinghiali e caprioli nei periodi opportuni, ovvero durante la stagione invernale, prima della semina delle colture. Intervenire nei mesi primaverili ed estivi non ha alcun senso”.
Una delle principali novità è senza dubbio il divieto di cacciare durante tutte le domeniche di settembre, con la possibilità per i proprietari dei fondi di vietare la caccia sui propri terreni inserendo misure straordinarie di controllo della fauna selvatica su richiesta delle organizzazioni sindacali agricole e dei sindaci, coinvolgendo anche i proprietari e i conduttori dei fondi danneggiati, purché in possesso di abilitazione venatoria.

Il decreto relativo al riconoscimento dello stato di calamità naturale relativo alla siccità del periodo marzo/settembre 2017  è GU 44 del 22-02-2018 – Calamità atmosferiche Piemonte marzo-settembre 2017 ove vengono anche identificati i comuni interessati.

Come noto il riconoscimento della situazione di calamità atmosferica consente, fra l’altro di ottenere riduzioni contributive sia per i contributi personali (CD/IAP) che per quelli relativi alla manodopera dipendente.

Per quanto attiene la domanda di riduzione contributivi – stante l’avvenuta pubblicazione del decreto autorizzativo del MIPAAF –  deve essere effettuata entro l’ultimo giorno del dodicesimo mese successivo all’evento calamitoso.

Info presso i nostri uffici

(foto: 3bmeteo)

Sarà operativo da oggi, 14 giugno, con la pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione, il nuovo regolamento regionale delle strutture ricettive extra-alberghiere, che attua la legge regionale n.13/2017 di riordino del settore.

L’obiettivo della Giunta regionale è quello di fornire un valido supporto normativo capace di soddisfare le crescenti attese di un segmento del sistema turistico che in questi anni è cresciuto in modo significativo. Nel 2017, infatti, il settore extra-alberghiero è cresciuto del 4,4% in termini di strutture e dell’1,7% in posti letto. Rispetto a dieci anni fa il dato è ancora più importante: il numero di strutture è infatti cresciuto di oltre il 62% mentre i posti letto di quasi il 20%. Anche in termini di flussi turistici, il settore si è sviluppato in maniera rilevante: nel 2017 la crescita è stata del 9,5% negli arrivi e del 6,2% nelle presenze. Rispetto al 2008, il dato è di +82,3% di arrivi e +39,5 di presenze.

Il testo regolamentare, che disciplina in particolare le caratteristiche, i requisiti tecnici ed igienico-sanitari, nonché le modalità di gestione delle attività ricettive extralberghiere, è il risultato di un lungo lavoro di concertazione, che ha coinvolto un gruppo di lavoro interdirezionale di Giunta, i rappresentanti delle principali associazioni di categoria e la III Commissione del Consiglio regionale.Le strutture già esistenti dovranno adeguarsi al nuovo regolamento nei prossimi mesi e con specifiche scadenze a seconda delle loro caratteristiche, mentre i periodi di apertura si applicheranno dal 1° gennaio 2019.

Abbiamo fortemente voluto portare avanti, insieme al Consiglio regionale, un lavoro di ascolto e di sintesi delle necessità di tutte le categorie che operano in questo settore – dichiara Antonella Parigi, assessore regionale alla Cultura e al Turismo – Un’operazione importante con cui abbiamo voluto creare le condizioni migliori per lo sviluppo delle imprese turistiche con forme e modalità innovative, rispondenti alle esigenze dei turisti, nonché garantire la massima equità. Questo regolamento costituisce inoltre un tassello importante dell’opera di riforma e di aggiornamento del sistema turistico regionale che come Giunta abbiamo portato avanti in questi anni e che, oltre l’ambito extra-alberghiero, ha già riguardato anche il sistema neve, il comparto alberghiero e la promozione turistica”.

Tra gli aspetti contenuti nel regolamento vi è innanzitutto la definizione delle caratteristiche tecniche delle diverse tipologie definite dalla legge regionale. Tra queste spiccano quelle per le nuove tipologie introdotte dalla legge: le residenze di campagna o country house, le locande e le cosiddette “soluzioni ricettive innovative”, un nuovo sistema di accoglienza che completa l’offerta turistica tradizionale ed è concepita in contesti particolari, a stretto contatto con la natura. Tra le possibili soluzioni previste sono indicate le case sugli alberi o le case degli hobbit, solo per citarne alcune, la cui realizzazione è legata a una visione ispirata a principi quali ecosostenibilità, ecologia e risparmio energetico, nell’ottica di rafforzare l’offerta di un turismo esperienziale che sempre più caratterizza il mercato turistico. Le altre tipologie definite nel regolamento sono: bed&breakfast, affittacamere, case appartamenti vacanze, residence, ostelli e case per ferie.

A differenza delle precedenti disposizioni, sono stati inoltre definiti con precisione i periodi di apertura delle strutture ricettive distinguendoli in “annuali” e “stagionali”: per i gestori di B&B e affittacamere in modalità non imprenditoriale è prevista la limitazione di 270 giorni di attività all’anno con un vincolo di apertura minima continuata di 45 giorni. A questo proposito si sono dettate puntuali disposizioni per definirne l’imprenditorialità o meno dell’esercizio sempre del B&B e dell’affittacamere che rappresentano due tra le attività più apprezzate e inflazionate degli ultimi tempi. Nello specifico: l’attività di bed and breakfast potrà essere gestita in forma non imprenditoriale in non più di tre camere e sei posti letto oppure in forma imprenditoriale con carattere continuativo, abituale e professionale in non più di sei camere e dodici posti letto. Gli esercizi di affittacamere potranno invece essere gestiti in forma non imprenditoriale in non più di due appartamenti in uno stesso stabile per un massimo di tre camere e sei posti letto; oppure potranno essere gestiti in forma imprenditoriale mettendo a disposizione, in non più di due appartamenti ammobiliati in uno stesso stabile, un massimo di sei camere e dodici posti letto, con la possibilità di fornire, oltre al servizio di pernottamento, anche l’eventuale preparazione e somministrazione di alimenti e bevande.

Per quanto riguarda le locazioni turistiche si è ritenuto fondamentale dettare alcune disposizioni per regolare un settore in forte crescita: per quanto possibile nella sfera di competenza regionale sono stati indicati i contenuti minimi per una procedura di informazione semplificata. Chi affitta stanze o immobili a fini turistici per periodi consecutivi fino a 30 giorni dovrà infatti trasmettere al Comune, entro dieci giorni dalla prima locazione, un modello informativo, e il Comune stesso provvederà ad assegnare un codice identificativo di riconoscimento (CIR). Inoltre i proprietari dovranno comunicare i flussi turistici come già avviene per le strutture ricettive tramite una piattaforma informatica gestionale che è in fase di aggiornamento e che consentirà con un unico accesso di adempiere ad una serie di obblighi amministrativi. Tale procedura è però momentaneamente sospesa fino al completamento dell’aggiornamento ed entrerà in vigore nei prossimi mesi con uno specifico provvedimento della Giunta regionale.

Un altro elemento significativo è costituito dalla classificazione a stelle: le categorie simboleggiate con le stelle si applicano ora, oltre che ai bed&breakfast, anche alle altre strutture extra-alberghiere, sulla base di standard definiti nel dettaglio nel regolamento, con l’eccezione degli ostelli e delle case per ferie, per le quali è prevista una classificazione unica. I loghi associati prevedono inoltre una differenziazione nel caso in cui siano previsti servizi di somministrazione di cibi e bevande. Tra le classificazioni previste risulta come elemento di novità anche la possibilità, per le strutture extra-alberghiere che si trovano lungo un percorso escursionistico, di dotarsi della denominazione e del relative logo di “posto tappa”. Per le strutture extra-alberghiere vi è poi la possibilità di utilizzare la denominazione aggiuntiva di “residenza d’epoca” nel caso di strutture di particolare pregio storico e architettonico, e dotate di mobili e arredi d’epoca o di particolare livello artistico, nonché quella di “posto tappa” qualora le strutture siano situate lungo un itinerario escursionistico.

Il regolamento introduce inoltre le specifiche per poter fornire ai clienti, nel rispetto delle normative vigenti, prodotti e servizi accessori come la vendita di prodotti turistici (biglietti di trasporto pubblico locale e di ingresso per attrazioni, manifestazioni ed eventi), prodotti enogastronomici, commerciali e artigianali o servizi di accompagnamento. Un’attenzione particolare è stata dedicata alle disposizioni per migliorare la sicurezza, la prevenzione incendi e l’accessibilità. Per quest’ultimo aspetto è stato predisposto un modello informativo con il quale i titolari informano circa la presenza o meno di personale formato e sull’esistenza di servizi a favore delle persone con difficoltà motorie. Fermo restando il rispetto delle norme nazionali vigenti in materia, il numero delle camere accessibili alle persone portatrici di handicap è stato declinato in base alla tipologia e alle dimensioni della struttura extra-alberghiera, escludendo dall’obbligo quelle minimali(b&b e affittacamere fino a sei camere).

Tra gli altri aspetti contenuti nel regolamento:

  • le specifiche per dare ai gestori la possibilità, nel caso di strutture con carattere imprenditoriale, di delegare ad altri soggetti esterni alcuni servizi, dalla pulizia, al trasporto
  • i requisiti tecnici ed igienico-sanitari per le piscine e più in generale per gli spazi e i locali utilizzati per garantire un più elevato livello di comfort e di relax agli ospiti
  • relativamente alla destinazione d’uso degli immobili che ospitano le strutture extra-alberghiere, sono stati specificati i criteri da seguire: è richiesta necessariamente la destinazione d’uso turistico-ricettiva per gli ostelli e le case per ferie, mentre tale misura non è obbligatoria per le altre tipologie.

Maggiori informazioni saranno disponibili all’indirizzo: www.regione.piemonte.it/turismo

 

 

Come precisa l’assessore all’Agricoltura, Giorgio Ferrero, “questa legge non fa scelte pro o contro la caccia, non intende penalizzare nessuno, bensì governare con buon senso tentando di dare risposte ai problemi che le nuove sensibilità e la proliferazione incontrollata di alcune specie sta ponendo ai cittadini e ai territori piemontesi. E’ anche una legge innovativa, perché coniuga la tutela della fauna con l’attività venatoria aggiornandola ai nuovi scenari che si sono determinati con il proliferare della fauna selvatica dannosa non solo alle coltivazioni, ma anche all’ incolumità dei cittadini, penso ai cinghiali e ai caprioli. Se da una parte crescono le specie protette e si fa una particolare attenzione alla tipica fauna alpina, dall’altra, su autorizzazione delle Province o della Città metropolitana, i proprietari dei fondi in possesso di licenza di caccia potranno intervenire sui loro terreni per tutelare le colture”.

Il presidente Sergio Chiamparino ha voluto rivolgere “congratulazioni e ringraziamento all’assessore Ferrero e a tutti coloro che hanno collaborato, a cominciare dalla maggioranza, che ha avuto un forte ruolo propositivo per dare finalmente al Piemonte una regolamentazione dell’attività venatoria senza alcun intento punitivo verso i cacciatori e nel pieno rispetto della tutela dell’ambiente e di tutti i cittadini”.

Una delle principali novità è senza dubbio il divieto di cacciare durante tutte le domeniche di settembre, che, commenta Ferrero, “permetterà ai cittadini di frequentare con meno paure boschi e prati e garantisce comunque ai cacciatori la possibilità di esercitare l’attività venatoria”. Inoltre, introduce la possibilità per i proprietari dei fondi di vietare la caccia sui propri terreni, obbliga i cacciatori a indossare un giubbotto retroriflettente o bretelle ad alta visibilità ed a superare obbligatoriamente una prova di tiro in poligono almeno ogni 30 mesi per l’uso della carabina nella caccia di selezione, inserisce misure straordinarie di controllo della fauna selvatica su richiesta delle organizzazioni sindacali agricole e dei sindaci, con la possibilità di coinvolgimento anche dei proprietari e conduttori dei fondi danneggiati, purchè in possesso di abilitazione venatoria.

Sono 15 le specie escluse dalla caccia: 11 anatidi (fischione, canapiglia, mestolone, codone, marzaiola, folaga, porciglione, frullino, pavoncella, combattente, moriglione), il merlo, l’allodola, la pernice bianca e la lepre variabile, oltre quelle oggetto di tutela per norma nazionale. Viene introdotta una sanzione specifica verso chi abbatte la femmina di fagiano di monte, la pernice bianca, la lepre variabile, l’allodola, il merlo e le 11 specie di anatidi non cacciabili in Piemonte, e vengono completamente riviste le sanzioni.

Vengono riorganizzati gli ambiti territoriali di caccia (Atc) e i comprensori alpini (Ca) riportando in legge la riorganizzazione realizzata di recente con atti amministrativi: si passa così da 38 a 22 enti gestori, con una diminuzione da 20 a 10 dei componenti i comitati di gestione (quindi gli amministratori diminuiscono complessivamente da 760 a 380). Previsto un equilibrio di rappresentanza nella nomina dei componenti di Atc e Ca per evitare, come avveniva in passato, che con una forzatura della legge nazionale che prevede l’equilibrio tra le categorie (cacciatori 30%, agricoltori 30%, rappresentanti dei Comuni 20%, associazioni ambientaliste 20%), le rappresentanze fossero vicine al 90% di cacciatori. L’affidamento del controllo amministrativo – contabile sull’attività di ogni Atc e Ca viene affidato ad un collegio di cinque revisori dei conti nominati dal Consiglio regionale, anziché i 38 attualmente scelti dai Comitati di gestione.

La legge comprende anche: l’adesione a un solo comprensorio per la tipica fauna alpina; l’introduzione del limite del 5% per l’adesione di cacciatori foranei negli Atc e Ca, elevabile negli Atc di pianura al 10% previo parere della Commissione regionale competente (tali limiti non si applicano per la caccia al cinghiale ed il completamento dei piani di abbattimento dei caprioli; limite massimo di immissione della fauna selvatica al 15 marzo per quella riprodotta in natura ed al 31 luglio per quella riprodotta in cattività (dopo l’abrogazione della precedente legge regionale era uso immettere animali cosiddetti “pronta caccia”, allevati di varia provenienze, alcuni giorni prima dell’apertura ed anche a caccia aperta; la regolamentazione della possiblità di addestramento, allenamento e prove relative alla falconeria e di appostamenti temporanei per il prelievo di ungulati; il riconoscimento dell’attività dei centri di recupero animali selvatici; il divieto di allevamento, immissione e importazione di cinghiali e relativi ibridi, di usare di richiami vivi, di effettuare ripopolamenti con fauna selvatica allevata all’estero, di usare sui cani collari a scarica elettrica durante l’addestramento e la caccia.

(fonte: Regione Piemonte)