Nella giornata del 20 dicembre 2024, si è tenuta una riunione convocata dal Conai a cui abbiamo partecipato con tutte le altre organizzazioni agricole, nella quale si è tornati a confrontarsi riguardo la possibile applicazione del Contributo ambientale Conai (CAC) ai vasi in plastica contenenti fiori e piante.
Ricordiamo che il nuovo Regolamento imballaggi inserisce i vasi per piante e fiori nell’allegato alla proposta di nuovo regolamento europeo sugli imballaggi (che dovrebbe essere approvato in via definitiva dalle istituzioni europee a breve), sia nella parte relativa a ciò che deve essere considerato imballaggio e sia in quella di ciò che non dovrebbe essere definito come tale. Questa doppia formulazione, interpretata dalle diverse parti interessate in modo diverso, rischia di generare criticità gestionali, danni economici e l’apertura di spiacevoli percorsi giudiziali tra le diverse parti coinvolte (imprese, consorzi, comuni). A parte poche eccezioni, nel corso della riunione è emersa una generalizzata consapevolezza rispetto all’incerto quadro normativo europeo e all’esigenza che lo stesso vada chiarito.
Come Confagricoltura abbiamo sempre sostenuto e ribadito che i “vasi in plastica per fiori/piante” non rientrano nella definizione di imballaggio non essendo esclusivamente orientati al “trasporto” e alla “commercializzazione” dei prodotti, ma piuttosto rappresentano elementi imprescindibili per lo sviluppo e la crescita delle piante, sia in fase di produzione che nelle fasi successive, e come tali debbono essere considerati “mezzi di produzione” esentati da ogni contribuzione applicata dai consorzi per finanziare le loro attività di raccolta e smaltimento. Crediamo che anche l’articolazione delle disposizioni nel Regolamento si muova in tale direzione ma abbiamo, comunque, ritenuto opportuno portare all’attenzione del Viceministro Gava, nel corso di un recente incontro e con lettera inviata il 18 dicembre u.s., il tema, per verificare eventuali margini di intervento in sede negoziale europea in modo che nel testo del Regolamento i vasi compaiano solo nell’elenco dei “non imballaggi”.
Se tale percorso non sarà praticabile, abbiamo chiesto comunque di fornire univoche interpretazioni in attesa che il regolamento entri in vigore (2026) chiedendo un interpello da presentare in sede europea o comunque un atto di chiarimento da parte del Dicastero. Essendo il regolamento comunitario direttamente applicabile in tutti gli Stati membri darne esecuzione secondo un’interpretazione non uniforme in tutti i Paesi rischierebbe di falsare la concorrenza e il libero mercato esponendo peraltro l’Italia a procedure di infrazione.
Solo un provvedimento di chiarimento interpretativo di questo tipo potrà definire in modo inequivocabile competenze, responsabilità e coperture dei costi di gestione, raccolta e smaltimento di tali materiali. Un passaggio ritenuto fondamentale anche dallo stesso Consorzio Conai, con il quale abbiamo avuto modo di confrontarci. Lo stesso Consorzio, nel suo ultimo Consiglio di amministrazione, ha approvato, infatti, una delibera con la quale viene prorogata, fino al 28 febbraio 2025, la sospensione degli effetti della circolare 14 dicembre 2023 con la quale era stata decisa l’applicazione del Contributo Ambientale Conai – CAC anche sui vasi in plastica per fiori e piante.
Il Consorzio ha ricordato, nel corso dell’incontro di oggi, di essersi fatto promotore in ogni sede per segnalare ai competenti organi legislativi nazionali e comunitari la necessità di addivenire a una soluzione chiarificatrice. In una informativa del 3 luglio 2024 al MASE (Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica) era stata tra l’altro evidenziata la circostanza che, in mancanza di interventi chiarificatori da parte del legislatore, a partire dal 1° marzo 2025, CONAI non avrebbe potuto che richiedere l’applicazione del contributo ambientale sui vasi classificati imballaggio (in base a quanto previsto dalla citata Circolare). Posizione che il Consorzio ha riaffermato. Ricordiamo che l’orientamento del Conai è di applicare il CAC sui vasi in plastica per fiori/piante con spessore parete fino a 0,8 mm, se adibiti al contenimento di fiori/piante per il consumatore o per l’utente finale, ferme restando le eccezioni e gli altri dettagli applicativi esplicitati nella stessa circolare (esclusione circuito B2B, export etc…).
In relazione a ciò sarebbe utile avviare una riflessione considerando che il Dipartimento Sviluppo Sostenibile del Mase ha inviato a tutte le organizzazioni interessate, una nota con cui richiede la trasmissione entro il 15 gennaio p.v. di elementi tecnici e valutazioni utili al confronto che il Ministero stesso intende avviare già nel mese di gennaio 2025. Per tali motivi, vi invitiamo ad inviarci vostre osservazioni, specialmente riguardo alla possibilità di trasferire al Mase, per spirito collaborativo, una nota di interpretazione volta a fugare ogni dubbio.

Dal 21 gennaio al 1 febbraio il tour del CIB farà tappa in Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna, Campania, Toscana e Veneto per spiegare i benefici ambientali ed economici legati all’introduzione del Biogasfattobene® nelle aziende agricole.


Dal 21 gennaio al 1 febbraio il CIB – Consorzio Italiano Biogas organizza un ciclo di appuntamenti in sei regioni, per incontrare gli agricoltori sul territorio e illustrare le buone pratiche dell’integrazione del biogas in agricoltura, approfondendo i vantaggi ambientali ed economici nell’applicazione del modello agroeconomico, il Biogasfattobene®. Durante gli incontri verranno toccati i temi chiave per un’agricoltura orientata all’innovazione, all’adattamento ai cambiamenti climatici in atto e al sequestro di carbonio nel terreno: dalla conoscenza del suolo come risorsa per produzioni di qualità, alle buone pratiche agricole che consentono di produrre di più utilizzando meno acqua ed energia, al corretto utilizzo del digestato in sostituzione dei fertilizzanti chimici. Verranno esposte tutte le opportunità legate all’introduzione di un impianto di biogas in azienda, includendo i reinvestimenti, che hanno permesso a tanti imprenditori agricoli di generare nuove filiere di attività o considerevoli risparmi. Uno dei focus sarà inoltre l’aggiornamento normativo, comprendendo anche gli incentivi per nuovi impianti inferiori ai 300 kW.
La tappa piemontese sarà il prossimo 22 gennaio, presso l’Hotel Al Mulino di San Michele di Alessandria (Via Casale, 44), a partire dalle ore 09,30.
Il nostro intento è avviare un confronto con quegli imprenditori che si sentono pronti ad accettare una nuova sfida, come la produzione di biometano, o che intendono costruire un impianto di biogas come presidio ambientale per la corretta gestione dei reflui zootecnici, ma che siano anche interessati ad aumentare la fertilità del suolo, e al sequestro di maggiori quantità di anidride carbonica nel terreno”, dichiara Piero Gattoni, Presidente del CIB. Tutti gli incontri prevedono una prima sessione rivolta ad agronomi e imprenditori agricoli e nella seconda parte della giornata, la visita ad una azienda agricola socia CIB.

Ingresso libero, registrazione obbligatoria

Per maggiori informazioni consultare il sito: www.consorziobiogas.it

In allegato le locandine che illustrano sia il programma nazionale che quello in Piemonte

Sempre più spesso negli ultimi tempi si sente parlare di energie rinnovabili e impianti di biogas. Si tratta di veri e propri sistemi innovativi in grado di convertire gli scarti organici in energia, producendo inoltre fertilizzanti riutilizzabili in maniera affidabile ed efficiente. Essi rappresentano un’interessante opportunità in quanto preservano l’ambiente evitando la dispersione in atmosfera del metano originato dalla decomposizione delle deiezioni solide e liquide.
Confagricoltura, da sempre molto sensibile a questi principi di ecosostenibilità, ha costituito la Federazione nazionale “Bioeconomia: prodotti e processi innovativi”, presieduta da Ezio Veggia, già vicepresidente nazionale di Confagricoltura e attuale commissario straordinario di Confagricoltura Asti. Un modello che mette al centro il suolo, elemento imprescindibile dal quale derivano le coltivazioni (biomasse) per una corretta alimentazione degli animali.
Confagricoltura Asti ha sempre appoggiato le idee innovative di coloro che intraprendono progetti ecosostenibili che da alcuni anni sul territorio vanno sempre più diffondendosi: modelli incentrati principalmente sull’attività zootecnica, che producono energia rinnovabile utilizzando il letame, insieme con altre biomasse. Questi impianti vanno preservati e incentivati in quanto la loro attività va anche a beneficio dell’intera collettività. Essi infatti sono attenti all’ambiente circostante e operano secondo le norme previste dalla legge in materia di sicurezza, rispettando i parametri legati alla qualità dell’acqua, dell’aria e del suolo. La loro attività è certificata da organismi specifici di controllo e sono soggetti periodicamente a sopralluoghi e controlli accurati da parte di ASL e Arpa che garantiscono il corretto funzionamento dell’impianto. E’ quindi ormai assodato come la zootecnia vada legata sempre più all’energia e all’ambiente, tutto ciò anche per confutare le accuse di essere aziende ad elevato impatto ambientale. Queste attività sono riconosciute ufficialmente dal Consorzio Italiano Biogas che è impegnato nella ricerca per fornire al settore dati veritieri sul tema delle bioenergie, cercando di dare un contributo tangibile al raggiungimento degli obiettivi fissati dal protocollo di Kyoto.

Come precisa l’assessore all’Agricoltura, Giorgio Ferrero, “questa legge non fa scelte pro o contro la caccia, non intende penalizzare nessuno, bensì governare con buon senso tentando di dare risposte ai problemi che le nuove sensibilità e la proliferazione incontrollata di alcune specie sta ponendo ai cittadini e ai territori piemontesi. E’ anche una legge innovativa, perché coniuga la tutela della fauna con l’attività venatoria aggiornandola ai nuovi scenari che si sono determinati con il proliferare della fauna selvatica dannosa non solo alle coltivazioni, ma anche all’ incolumità dei cittadini, penso ai cinghiali e ai caprioli. Se da una parte crescono le specie protette e si fa una particolare attenzione alla tipica fauna alpina, dall’altra, su autorizzazione delle Province o della Città metropolitana, i proprietari dei fondi in possesso di licenza di caccia potranno intervenire sui loro terreni per tutelare le colture”.

Il presidente Sergio Chiamparino ha voluto rivolgere “congratulazioni e ringraziamento all’assessore Ferrero e a tutti coloro che hanno collaborato, a cominciare dalla maggioranza, che ha avuto un forte ruolo propositivo per dare finalmente al Piemonte una regolamentazione dell’attività venatoria senza alcun intento punitivo verso i cacciatori e nel pieno rispetto della tutela dell’ambiente e di tutti i cittadini”.

Una delle principali novità è senza dubbio il divieto di cacciare durante tutte le domeniche di settembre, che, commenta Ferrero, “permetterà ai cittadini di frequentare con meno paure boschi e prati e garantisce comunque ai cacciatori la possibilità di esercitare l’attività venatoria”. Inoltre, introduce la possibilità per i proprietari dei fondi di vietare la caccia sui propri terreni, obbliga i cacciatori a indossare un giubbotto retroriflettente o bretelle ad alta visibilità ed a superare obbligatoriamente una prova di tiro in poligono almeno ogni 30 mesi per l’uso della carabina nella caccia di selezione, inserisce misure straordinarie di controllo della fauna selvatica su richiesta delle organizzazioni sindacali agricole e dei sindaci, con la possibilità di coinvolgimento anche dei proprietari e conduttori dei fondi danneggiati, purchè in possesso di abilitazione venatoria.

Sono 15 le specie escluse dalla caccia: 11 anatidi (fischione, canapiglia, mestolone, codone, marzaiola, folaga, porciglione, frullino, pavoncella, combattente, moriglione), il merlo, l’allodola, la pernice bianca e la lepre variabile, oltre quelle oggetto di tutela per norma nazionale. Viene introdotta una sanzione specifica verso chi abbatte la femmina di fagiano di monte, la pernice bianca, la lepre variabile, l’allodola, il merlo e le 11 specie di anatidi non cacciabili in Piemonte, e vengono completamente riviste le sanzioni.

Vengono riorganizzati gli ambiti territoriali di caccia (Atc) e i comprensori alpini (Ca) riportando in legge la riorganizzazione realizzata di recente con atti amministrativi: si passa così da 38 a 22 enti gestori, con una diminuzione da 20 a 10 dei componenti i comitati di gestione (quindi gli amministratori diminuiscono complessivamente da 760 a 380). Previsto un equilibrio di rappresentanza nella nomina dei componenti di Atc e Ca per evitare, come avveniva in passato, che con una forzatura della legge nazionale che prevede l’equilibrio tra le categorie (cacciatori 30%, agricoltori 30%, rappresentanti dei Comuni 20%, associazioni ambientaliste 20%), le rappresentanze fossero vicine al 90% di cacciatori. L’affidamento del controllo amministrativo – contabile sull’attività di ogni Atc e Ca viene affidato ad un collegio di cinque revisori dei conti nominati dal Consiglio regionale, anziché i 38 attualmente scelti dai Comitati di gestione.

La legge comprende anche: l’adesione a un solo comprensorio per la tipica fauna alpina; l’introduzione del limite del 5% per l’adesione di cacciatori foranei negli Atc e Ca, elevabile negli Atc di pianura al 10% previo parere della Commissione regionale competente (tali limiti non si applicano per la caccia al cinghiale ed il completamento dei piani di abbattimento dei caprioli; limite massimo di immissione della fauna selvatica al 15 marzo per quella riprodotta in natura ed al 31 luglio per quella riprodotta in cattività (dopo l’abrogazione della precedente legge regionale era uso immettere animali cosiddetti “pronta caccia”, allevati di varia provenienze, alcuni giorni prima dell’apertura ed anche a caccia aperta; la regolamentazione della possiblità di addestramento, allenamento e prove relative alla falconeria e di appostamenti temporanei per il prelievo di ungulati; il riconoscimento dell’attività dei centri di recupero animali selvatici; il divieto di allevamento, immissione e importazione di cinghiali e relativi ibridi, di usare di richiami vivi, di effettuare ripopolamenti con fauna selvatica allevata all’estero, di usare sui cani collari a scarica elettrica durante l’addestramento e la caccia.

(fonte: Regione Piemonte)