L’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 5/E del 14/05/2021 ha fornito chiarimenti in ordine all’applicazione dell’art. 1, commi 1-9, del D.L. n. 41/2021 che prevede la concessione di un contributo a fondo perduto, sulla falsariga della precedente erogazione del contributo a fondo perduto di cui all’art. 25 del D.L. “Rilancio”, a favore degli operatori economici colpiti dall’epidemia COVID 19, titolari di partita IVA, residenti o stabiliti nel territorio dello Stato, che svolgono attività d’impresa, arte o professione o producono reddito agrario.
Richiamando quanto già chiarito con le circolari n. 15/E e 22/E del 2020, in relazione al contributo a fondo perduto ex art. 25 del D.L. n. 34/2020 (Decreto “Rilancio”), nel caso in cui l’attività esercitata da una società di persone prosegua in capo all’unico socio superstite come impresa individuale, l’Agenzia conferma che il soggetto che è venuto ad esistenza a seguito della trasformazione (ditta individuale) può fruire del beneficio in commento assumendo l’ammontare dei ricavi riferibili all’azienda preesistente per quanto riguarda la soglia di accesso al contributo, e considerando il fatturato relativo all’azienda trasformata per il calcolo della riduzione dello stesso fatturato.
Nel ribadire che i contributi a fondo perduto corrisposti nell’ambito dell’emergenza COVID 19 sono diretti a sostenere gli operatori economici in conseguenza dei gravi effetti economici e finanziari che hanno subito a seguito della diffusione della pandemia, l’AdE conferma che gli stessi, da un punto di vista contabile e fiscale, assumono la natura di contributi in conto esercizio in quanto erogati ad integrazione di mancati ricavi registrati dal contribuente a causa della predetta emergenza. Tuttavia, in considerazione del loro carattere di eccezionalità non concorrono alla determinazione della soglia dei ricavi di accesso alla misura di sostegno e non si considerino ai fini del calcolo della riduzione del fatturato medio mensile.
In considerazione della natura economica dell’operazione di assegnazione/estromissione dei beni immobili ai soci da parte della società, che si sostanzia in una distribuzione in natura del patrimonio della società stessa, è precisato che tali operazioni non devono ritenersi riconducibili tra quelle relative alla nozione di fatturato, di cui al predetto art. 1, c. 4, del Decreto “Sostegni”, ancorché le stesse operazioni siano assimilabili, ai fini delle imposte dirette e dell’IVA, alle cessioni dei beni ai soci.
Tale conclusione deriva dal fatto che la finalità dei contributi a fondo perduto, ancorati alla riduzione del fatturato, è principalmente quella di ristorare i soggetti che risultano maggiormente incisi dalla crisi economica conseguente alla pandemia, cercando di ripristinare, almeno in parte, il livello ordinario dei flussi di liquidità generati dalla propria attività, altrimenti mancanti.
Secondo il parere del’’AdE, atteso che “ai fini della riduzione del fatturato è necessario considerare tutte le somme del periodo di riferimento […], purché le stesse rappresentino ricavi dell’impresa di cui all’articolo 85 del TUIR (o compensi derivanti dall’esercizio di arti o professioni, di cui all’articolo 54, del medesimo TUIR)” e che, come riportato nel paragrafo 3.4 della circolare n. 22/2020, tale principio riguarda anche le somme che costituiscono altri componenti di reddito per cui non deve farsi riferimento esclusivamente ai predetti ricavi di cui all’articolo 85 del TUIR (ovvero ai compensi dell’articolo 54), le somme derivanti dalla cessione di terreni e annessi fabbricati rurali per le quali non è stata emessa fattura, in quanto si tratta di operazioni fuori campo IVA, ai sensi dell’articolo 2, c.3, lett. c), del D.P.R. n. 633 del 1972, concorrono anch’esse nell’ambito della nozione di fatturato, in quanto genererebbero altri componenti di reddito.