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L’Agenzia delle Entrate con risposta ad interpello n. 581 del 14 dicembre scorso, ha stabilito che l’attività di vendita cibi con asporto non può essere assimilata alla somministrazione con conseguente impossibilità di applicazione dell’aliquota del 10%.
In particolare, nella predetta Risoluzione, viene stabilito che “nei casi di asporto dei prodotti, qualora il consumo non avvenga presso i locali dell’istante, le cessioni degli alimenti e delle bevande devono essere valutate separatamente dal punto di vista dell’applicazione dell’IVA e assoggettate ciascuna all’aliquota propria, dovendosi altresì escludere che una delle cessioni di beni inserite nella confezione configuri un’operazione principale, agli effetti dell’IVA, rispetto alle altre cessioni”.
Come ben noto l’attività di somministrazione cibi e bevande con consumo sul posto e servizio (come accade normalmente per ristoranti ed agriturismi) sconta aliquota IVA unica del 10% a prescindere dalla tipologia dei prodotti somministrativi.
Sulla base della risoluzione in commento per l’attività di vendita cibi e bevande da asporto gli agriturismi dovrebbero emettere fattura con l’utilizzo dell’aliquota IVA propria del prodotto (esempio vino 22%, carne 10%, frutta, verdura e formaggi 4% ecc.).
Nella migliore delle ipotesi un ulteriore complicazione burocratica in un momento certo non facile per la categoria. Peraltro di parere diametralmente opposto si è dimostrato il Ministero delle Finanze.
Il sottosegretario al MEF, rispondendo a un’interrogazione presentata in Commissione Finanze della Camera lo scorso 18/11/2020, ha affermato che, in considerazione della riduzione dei coperti, imposta nell’attuale scenario per il rispetto dei vincoli igienico sanitari per la somministrazione in loco degli alimenti, la vendita da asporto e la consegna a domicilio rappresentano modalità integrative mediante le quali i titolari dei pubblici esercizi possono svolgere la loro attività, anche se dotati di locali, strutture, personale e competenze astrattamente caratterizzanti lo svolgimento dell’attività di somministrazione abitualmente esercitata. Di conseguenza, sia la vendita da asporto che la consegna a domicilio, possono fruire dell’aliquote IVA ridotta del 10%, prevista per la somministrazione di alimenti e bevande.
Al centro delle due interpretazioni il contribuente che, come al solito, si trova a fare i conti con norme ed interpretazioni spesso poco chiare o contraddittorie.

Di seguito il link al provvedimento.

AdE_aliquota_asporto_201214

 

La Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 20 del 10 luglio scorso fornisce chiarimenti in merito ai crediti di imposta per le spese di sanificazione, acquisto di dispositivi e adeguamento degli ambienti di lavoro per Covid-19. A norma dell’art. 125 del D.L. n. 34/2020, è concesso un credito d’imposta in misura pari al 60 per cento delle spese sostenute nel 2020 per la sanificazione degli ambienti e degli strumenti utilizzati, nonché per l’acquisto di dispositivi di protezione individuale e di altri dispositivi atti a garantire la salute dei lavoratori e degli utenti fino a un massimo di 60 mila euro per ciascun beneficiario, nel limite di 200 milioni di euro di finanziamento complessivo della misura. Tra i soggetti beneficiari del credito d’imposta rientrano anche gli imprenditori e le imprese agricole, sia quelle che determinano per regime naturale il reddito su base catastale, sia quelle che producono reddito d’impresa.
Circa la natura delle spese che danno diritto al credito d’imposta, deve trattarsi di spese sostenute nel 2020 per la sanificazione degli ambienti nei quali è esercitata l’attività lavorativa e istituzionale e degli strumenti utilizzati nonché per l’acquisto di dispositivi di protezione individuale e di altri dispositivi atti a garantire la salute dei lavoratori e degli utenti.
Il credito d’imposta è pari al 60% delle spese ammissibili, fino ad un limite massimo, per ciascun beneficiario, pari a 60.000 euro. Le domande di contributo si possono presentare entro e non oltre il 7 settembre 2020. Per informazioni rivolgersi agli uffici fiscali delle Unioni Agricoltori.