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È scaduto il 5 luglio, il termine ultimo per la presentazione delle osservazioni tecniche alla Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee (CNAPI) a ospitare il Deposito Nazionale dei rifiuti radioattivi che verrà realizzato su una superficie 150 ettari di terreno accorpati, vale a dire 1 milione e 500mila metri quadrati di terreno, corrispondenti a 210 campi da calcio messi uno accanto all’altro, un quadrato di 1,2 chilometri di lato.
In Piemonte sono 8 le zone individuate di cui 6 in provincia di Alessandria (Oviglio, Castelletto Monferrato-Alessandria-Quargnento, Fubine-Quargnento, Bosco Marengo-Frugarolo, Castelletto Bormida-Sezzadio e Bosco Marengo-Novi) e 2 in provincia di Torino (Caluso-Mazzè-Rondissone e Carmagnola).
Confagricoltura Piemonte ha presentato nei giorni scorsi un documento tecnico di osservazioni alla Sogin, società pubblica che ha il compito di localizzare, progettare, realizzare e gestire il Deposito Nazionale e Parco Tecnologico, in base a quanto previsto dal decreto legislativo n. 31 del 2010 e successive modifiche e integrazioni.
Riteniamo – afferma Enrico Allasia, presidente di Confagricoltura Piemonteche le valutazioni effettuate dalla Sogin non siano state sufficientemente approfondite e non abbiano preso in debita considerazione alcuni aspetti piuttosto rilevanti dal punto di vista geologico, ambientale ed economico. L’agricoltura – prosegue Allasia – è il settore che paga il danno più rilevante alla costruzione del Deposito di scorie nucleari e del Parco tecnologico. Le aree individuate sono, infatti, estremamente interessanti per le produzioni orticole, foraggere e cerealicole che costituiscono la materia prima essenziale per lo sviluppo della filiera zootecnica da latte e da carne. Alcune di esse poi si avviciniamo pericolosamente a siti tutelati dall’Unesco oppure, nel caso di Mazzè – Caluso, ad aree vitate di pregio a poche centinaia di metri da un parco naturale con all’interno il lago di Candia”.
Le ricadute socio-economiche, evidenzia Confagricoltura Piemonte, sarebbero pesantissime, sia per i terreni che verrebbero sottratti alla coltivazione, sia per la compromissione di filiere orticole, zootecniche e vitivinicole di altissimo valore: per contro tutti i documenti e gli studi effettuati per l’individuazione dei siti trascurano le ricadute economiche sul territorio, addirittura ipotizzando una valorizzazione delle zone interessate senza elementi oggettivi a supporto.
Confagricoltura Piemonte non oppone una chiusura pregiudiziale, ma oggettiva, alla localizzazione del Deposito Nazionale dei rifiuti radioattivi: non è possibile, infatti, pensare di tutelare l’agricoltura di qualità e la memoria del paesaggio trasformando un territorio di pregio in area vocata allo smaltimento di scorie nucleari, tanto più in un contesto nel quale il problema della perdita di terreni è acuito dalla combinazione del degrado del suolo, dell’erosione e dei cambiamenti climatici che rischiano di ridurre sensibilmente i raccolti.
Occorre acquisire consapevolezza del ruolo chiave che l’impresa agricola sana, vitale e produttiva svolge in un territorio e di come il suolo rappresenti un bene prezioso e non riproducibile: se si riduce la superficie destinata all’agricoltura – conclude Allasia – diminuisce la possibilità di produrre cibo, mentre la popolazione mondiale aumenta e richiede sempre maggiori derrate alimentari”.