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Prosegue la riduzione dei prezzi dei prodotti agricoli a livello internazionale. A marzo, secondo l’ultimo bollettino della FAO, hanno fatto registrare una diminuzione di oltre 2 punti percentuali sul livello del mese precedente. Il calo è stato del 20,5% rispetto a marzo 2022. Alla base di questa tendenza al ribasso, hanno indicato gli esperti della Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura, c’è – tra l’altro – una crescente debolezza della domanda su scala globale.
Per i cereali, in particolare, la riduzione è sensibilmente superiore a quella media. Solo in un mese, da febbraio a marzo di quest’anno, l’indice della FAO sconta un taglio del 7% per il grano e del 4,6% per il mais. Dati preoccupanti in ordine all’andamento e alle prospettive dell’economia mondiale sono arrivati negli ultimi giorni da altre organizzazioni internazionali. Stando alle ultime previsioni dell’Organizzazione mondiale del Commercio, gli scambi internazionali saliranno solo dell’1,7%, un punto percentuale in meno rispetto al 2022. Il rallentamento dell’interscambio commerciale si spiega con una crescita del PIL globale prevista poco sopra i 2 punti percentuali. Da sottolineare che le proiezioni relative all’andamento del commercio internazionale e del PIL globale sono inferiori alle medie registrate negli ultimi dodici anni. Anche il Fondo monetario internazionale ha previsto una crescita debole per l’economia mondiale nei prossimi cinque anni: non oltre il 3% all’anno. Si tratta della previsione a medio termine più bassa dal 1990.
La forte riduzione in atto dei prezzi del gas, accompagnata da quella dei prezzi delle principali commodities agricole, spingono al ribasso l’inflazione. Per questo, è necessaria una grande dose di prudenza e pragmatismo nelle prossime decisioni relative all’aumento dei tassi di interesse. Una stretta monetaria eccessiva potrebbe innescare una fase recessiva che va evitata a tutti i costi.
In Italia, è già in atto un aumento delle sofferenze bancarie. Crescono anche le difficoltà di accesso al credito per le imprese, mentre gli investimenti sono fondamentali per sostenere il ciclo economico ed avanzare nel processo di transizione ambientale ed energetica. A tutto ciò si aggiunge anche la probabile decisione russa ventilata dal ministro degli Esteri Lavrov, che la Russia potrebbe entro metà maggio non rispettare l’accordo sul grano del Mar Nero. Infine, si segnala in vista del tavolo del 12 aprile, la preoccupazione per le forti oscillazioni sui mercati nazionali dei frumenti che creano problematiche serie per il prossimo raccolto. Facile prevedere l’instabilità dei mercati con conseguenze tutte da scoprire.

Gli effetti del conflitto avranno ripercussioni nel lungo periodo, anche per quanto riguarda la filiera foresta-legno. A dirlo è Confagricoltura, che sottolinea come, a causa delle restrizioni alle esportazioni di tronchi dalla Russia e Ucraina, si stia aggravando ulteriormente la crisi dei prezzi e lo squilibrio dei mercati internazionali.
Questo contesto, con i rapidi mutamenti del quadro geopolitico internazionale e gli ingenti aumenti energetici, è l’occasione per far tornare centrale la risorsa legno italiana nelle politiche di approvvigionamento di materie prime”, afferma Enrico Allasia, presidente della Federazione Nazionale di Prodotto Boschive di Confagricoltura. “Occorre accelerare le dinamiche economiche orientate allo sviluppo del settore, rafforzando le filiere nazionali del legno”.
L’attuale situazione d’incertezza richiede, anche da parte del nostro Paese, strategie capaci di ridurre la forte dipendenza di legname dall’estero. “Il nostro patrimonio forestale – sottolinea Allasia – è una risorsa importante che copre più di 1/3 della superficie nazionale, pari a oltre undici milioni di ettari, e merita di essere valorizzato e utilizzato”.
In quest’ottica Confagricoltura ritiene che l’avvio da parte del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali della procedura per l’iscrizione al registro nazionale per gli operatori che commercializzano legno e prodotti derivati rappresenti un importante passo per aumentare la trasparenza del comparto, qualificare la provenienza e la tracciabilità delle produzioni.

Bloccate le esportazioni di vini e liquori dall’Unione Europea verso la Federazione Russa. “Il blocco è inserito nel nuovo pacchetto di sanzioni varato dal Consiglio della UE”, fa sapere il presidente della Confagricoltura di Asti Gabriele Baldi. “L’Italia è il primo fornitore di vini della Federazione Russa, davanti alla Francia”.
Secondo i dati di Nomisma Wine Monitor, che tengono conto delle “triangolazioni”, vale a dire prodotti inviati ad altri Stati membri prima di essere destinati al mercato russo, le esportazioni italiane sono ammontate lo scorso anno a 345 milioni di euro. Gli spumanti, Asti e Prosecco in testa, inciderebbero per quasi la metà sul valore totale.
Gli operatori interessati devono essere indennizzati per le perdite economiche provocate dalle decisioni del Consiglio UE”, sottolinea il direttore della Confagricoltura di Asti Mariagrazia Baravalle.
Siamo comunque ottimisti sulla possibilità di trovare, in sostituzione di quelli russi, nuovi consumatori ed estimatori dei nostri vini a livello internazionale. Le potenzialità sono di assoluto rilievo. Lo scorso anno le esportazioni hanno raggiunto il livello record di oltre 7 miliardi di euro, con una crescita del 13% in valore rispetto al 2020”.
Confagricoltura ricorda che il blocco delle esportazioni di vini e liquori dalla UE sul mercato russo si aggiunge al divieto di importazioni di prodotti agroalimentari dagli Stati membri dell’Unione deciso nell’agosto 2014 dalle autorità di Mosca a seguito delle sanzioni UE allora imposte per l’invasione della Crimea.
Il divieto è tuttora in vigore e riguarda ortofrutticoli, prodotti lattiero-caseari, carni e salumi.

PRECISAZIONE

Il testo definitivo in via di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della UE potrebbe salvare, sul filo di lana, una parte significativa delle esportazioni di vini italiani sul mercato della Federazione Russa, precisa Confagricoltura.
Per colpire i “prodotti di lusso”, inclusi i vini, è stata fissata una soglia pari a 300 euro a unità, che può essere riferita, nel caso specifico, alla singola bottiglia o alla cassa.
Sotto il profilo procedurale, la bozza di provvedimento redatta dalla Commissione è stata discussa in sede tecnica e successivamente approvata dal COREPER, il Comitato dei Rappresentanti Permanenti degli Stati membri presso la UE.
Il via libera finale è intervenuto nella mattinata di oggi con procedura scritta. La pubblicazione del provvedimento del Consiglio è attesa per la giornata di domani 16 marzo.