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Confagricoltura esprime un giudizio più che positivo sulle misure varate dal Governo, sostenute in particolare dal Ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida e dal viceministro dell’Economia Maurizio Leo, con il primo modulo delle modifiche all’IRPEF contenente le norme che riguardano la tassazione agricola.
Si apprezza particolarmente l’intervento relativo alla riconduzione ai redditi agricoli dei proventi che possono ricavarsi dalla cessione di beni materiali e immateriali derivanti dalla lotta ai cambiamenti climatici e dalla tutela dell’ambiente, come i certificati di crediti di carbonio per la cattura della CO2 attraverso l’utilizzo delle nuove tecniche dell’agricoltura rigenerativa.
Per Confagricoltura è importante il riconoscimento del principio della riconduzione al sistema della tassazione agricola di attività collegate comunque allo svolgimento di cicli biologici di carattere animale o vegetale, che possono concorrere al raggiungimento degli obiettivi della transizione green nell’ottica della sostenibilità ambientale.
Bene anche il principio dell’adeguamento delle norme fiscali del TUIR a quelle dell’art. 2135 c.c. per tutte le forme di esercizio delle attività agricole, attraverso lo svolgimento di un ciclo biologico, anche con sistemi evoluti di coltivazione di vegetali in ambienti chiusi (vertical farming), di colture idroponiche, aeroponiche, etc., entro determinati limiti.
Un modo sicuramente importante, ad avviso di Confagricoltura, per cogliere gli sviluppi delle moderne tecnologie di coltivazione in ambienti controllati in grado di ridurre, tra l’altro, il consumo di acqua e di sottrarre determinate produzioni di carattere vegetale agli effetti negativi dei cambiamenti climatici.

Riportiamo integralmente l’articolo del collega marchigiano Alberto Maria Alessandrini perché lo riteniamo un valido spunto di riflessione

È stata approvato nella serata di martedì scorso il tanto discusso emendamento del governo sul taglio dell’Irpef agricola. Tale esenzione avrà, però, una durata di soli due anni durante i quali saranno esonerati dal versamento i redditi agrari e dominicali fino a 10.000 euro. Contemporaneamente viene anche ridotto del 50% l’importo da pagare per quelli tra i 10.000 e i 15.000 euro.
Tale modifica al decreto Milleproroghe, presentata dal governo anche a seguito delle proteste di questi giorni, è stata approvata dalle commissioni Bilancio e Affari costituzionali è si avvia dunque alla definitiva adozione con il voto finale delle camere. È opportuno ricordare che l’esenzione era già in vigore dal 2017, anno in cui fu introdotta dal governo Renzi e poi riconfermata dagli esecutivi che si sono succeduti negli anni fino al 2023.
Ma, in sostanza, quali sono i reali benefici di tale esenzione? Ovviamente la risposta varia in base alla tipologia di azienda, alla sua estensione ad alla contemporanea presenza di eventuali altri redditi dell’imprenditore. Gli agricoltori, infatti, pagano le imposte dirette sui redditi catastali dei terreni e non sui redditi effettivi. I redditi dei terreni si dividono poi tra:

– il reddito dominicale: basato sulle tariffe d’estimo, stabilite dalla legge catastale in base alla qualità e alla classe del terreno (art. 28 del Tuir);

– il reddito agrario: costituito dalla parte del reddito medio ordinario dei terreni imputabile al capitale d’esercizio e al lavoro di organizzazione impiegati (art. 32 del Tuir).

A tale reddito, generato in estrema sintesi dalla somma dei valori rivalutati (agrario + domenicale) di ogni singolo ettaro di terra coltivato, andranno poi detratti una serie di elementi, quali i contributi previdenziali che l’imprenditore agricolo od il coltivatore diretto versa (mediamente 5.000 euro all’anno), eventuali coniugi a carico, detrazioni sanitarie, per ristrutturazioni, etc…Tutto ciò si traduce in un’ampia platea di soggetti che, esenzione o meno, sarebbero già di fatto esonerati dal versare alcunché proprio perché molto spesso il valore delle varie detrazioni supera l’imponibile sul quale calcolare eventuali tasse.
La situazione cambia, invece, per le aziende più grandi con superfici importanti o per chi all’attività agricola affianca altre forme di reddito (entrate derivanti da attività connesse, immobili in locazione, redditi extra agricoli, etc…). Qui, la soglia di 10.000 euro può rappresentare un piccolo aiuto all’imprenditore. Quando si è in presenza di centinaia di ettari di terra, ad esempio, ovviamente la base imponibile cresce proporzionalmente e di pari passo anche il tributo da versare.
Discorso simile per quei casi in cui l’imprenditore agricolo percepisce anche redditi generati da immobili in affitto, frutto di un’attività agrituristica o provenienti da altre voci. In tutti questi casi le detrazioni si andranno applicare su una base imponibile generale più ampia formatasi dalla contemporanea presenza di più fonti di reddito ed andando così a causare un esborso fiscale superiore (in presenza di esenzione le detrazioni potranno, invece, interamente applicarsi ai redditi extra agricoli).
Ovviamente ogni situazione è a sé stante, ma partendo dalla considerazione generale che l’azienda agricola media italiana ha una S.A.U. di circa 11 ettari, è intuibile come la maggioranza dei nostri Iap e coltivatori diretti comunque non avrebbe pagato alcuna Irpef o avrebbe versato cifre modeste (da ricordare che in ogni caso l’aliquota da applicare sarebbe quella de 23% per i redditi fino a 28.000 euro). Ovviamente anche piccole somme, in tempi di seria difficoltà come quelli attuali, diventano importanti per un agricoltore, ma le reali e macroscopiche difficoltà del settore restano in buona parte ancora irrisolte

Per effetto di quanto previsto dall’art. 1, c. 44 della L. n. 232/2016 (Legge di Bilancio 2017), per gli anni 2017, 2018 e 2019, e dalle leggi nr. 160/2019 e 178/2020, per il 2020 e 2021, i redditi dominicali e agrari non concorrono alla formazione della base imponibile ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, dei coltivatori diretti e degli imprenditori agricoli professionali, di cui all’articolo 1 del D.Lgs. n. 99/2004, iscritti nella previdenza agricola. La norma, dunque, prevede l’esclusione, ai fini IRPEF e delle relative addizionali, per i periodi d’imposta suindicati, dei redditi dominicali e agrari dei CD e IAP persone fisiche, iscritti nella previdenza agricola, con l’ulteriore effetto, secondo quanto precisato con circolare dell’AdE. n. 8/E/2017, che non possono beneficiare dell’agevolazione in parola i soci delle società in nome collettivo (Snc) e delle società in accomandita semplice (Sas), che abbiano optato per la determinazione del reddito su base catastale (ex art. 1, c. 1093, L. n. 296/2006), in quanto il reddito che viene loro attribuito mantiene la natura di reddito d’impresa, così espressamente qualificato in capo alle società dal decreto ministeriale n. 213 del 27 settembre 2007. Resta fermo, comunque, che possono beneficiare dell’agevolazione in esame anche le società semplici che attribuiscono per trasparenza ai soci persone fisiche, in possesso della qualifica di CD o IAP, gli stessi redditi redditi fondiari (dominicali ed agrari).
Il reddito dei terreni va indicato nel quadro RA del modello Redditi 2021, riportando i redditi dominicali ed agrari. I redditi dominicali, devono essere dichiarati dal proprietario del terreno o dal titolare di altro diritto reale (ad esempio l’usufruttuario), mentre il reddito agrario deve essere dichiarato dal titolare dell’impresa agricola, sia esso una ditta individuale o una società.
Non sono comprese nel reddito agrario, ai sensi del 2°co. dell’art. 32 del TUIR, le attività agrituristiche, gli allevamenti eccedenti, le attività enoturistiche, etc. nonché quelle cosiddette connesse, secondo il disposto dell’art. 56-bis del TUIR, di produzione di beni e prestazioni di servizi, i cui redditi andranno pertanto dichiarati negli appositi righi del quadro RD. Nel caso di società semplici, in nome collettivo o società di fatto, ovvero, nel caso di imprese familiari, il reddito dei terreni andrà dichiarato dalla società, mentre il socio o il partecipante all’impresa familiare, dovrà dichiarare tali redditi nel quadro RH del proprio modello Redditi. Se i terreni sono di proprietà dei soci o dei singoli familiari dell’impresa, essi dovranno dichiarare nella propria dichiarazione il reddito dominicale (quadro RA), mentre il reddito agrario corrispondente alla loro quota, sarà desumibile dalla compilazione del quadro RH.
Per le società semplici, l’esclusione dall’IRPEF dei redditi attribuiti per trasparenza dalla società ai soci spetta soltanto per i soci in possesso delle qualifiche di CD e IAP, indipendentemente dalla qualifica IAP in capo alla società (segnalata nel quadro RA, colonna 10, Mod. Redditi SP). Della mancanza del requisito professionale di IAP o CD in capo a uno o più soci, per cui oltre all’attribuzione dei redditi dominicali e/o agrari in base alle quote di partecipazione agli utili, va operata l’ulteriore rivalutazione del 30 per cento, di cui all’art. 1, c. 512, della L. n. 228/2012, come modificato dall’art. 7 del D.L. n. 91/2014 conv. in L. n. 116/2014, deve esserne data evidenza attraverso la compilazione del quadro RO, Sez. II.

Il comma 38 dell’articolo 1 della Legge di Bilancio per il 2021 (Legge 178 del 30 dicembre 2020) proroga all’anno 2021 l’esclusione dall’IRPEF dei redditi dominicali e agrari per Coltivatori Diretti e IAP (Imprenditori Agricoli Professionali), iscritti alla previdenza agricola, in luogo della tassazione al 50% prevista in base alla legislazione vigente. L’esenzione in parola era già stata prevista dall’art. 1, c.44, della L.n.232/2016 con riferimento agli anni di imposta 2017, 2018 e 2019, ed è stata prorogata al 2020 dalla L. n. 160/2019. L’agevolazione è applicabile nei confronti dei soci di società semplici in quanto titolari (per il principio di trasparenza) dei predetti redditi fondiari (dominicali e/o agrari), mentre non ne possono usufruire i soci di Snc ed Sas in quanto il reddito prodotto dalle società, ancorché attribuibile agli stessi, è comunque considerato reddito d’impresa, indipendentemente dall’eventuale opzione per la tassazione catastale esercitata dalla società.

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze – MEF ha comunicato la proroga dei termini dei versamenti in scadenza il 30 giugno al 20 luglio 2020, (IRPEF ed IVA), per i contribuenti soggetti agli ISA (Indicatori affidabilità fiscale). Pertanto, i contribuenti a cui non sono applicabili le disposizioni sugli ISA (es. soggetti che svolgono esclusivamente le attività agricole di cui agli art. 32 del TUIR) devono provvedere al versamento del saldo IRPEF 2019 e del primo acconto 2020 (Mod. Dichiarazione Redditi 2020) entro il 30 giugno 2020, oppure entro il 30 luglio con la maggiorazione dello 0,40 per cento.