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Confagricoltura Piemonte ha esternato il proprio disaccordo verso il risultato della votazione svoltasi, in sessione plenaria, al Palazzo d’Europa che riguarda emissioni industriali (IED – industrial emission directive) e riduzione delle soglie per l’applicazione della AIA (autorizzazione integrata ambientale) per le imprese suinicole e avicole. Molti volti della politica italiana non hanno mantenuto le promesse fatte agli agricoltori durante gli ultimi proclami nelle piazze

 La direttiva approvata non previene né riduce le emissioni. Aggiunge solo un carico burocratico alle nostre imprese agricole a discapito della produttività e della sopravvivenza del comparto avicolo e suinicolo”. È questa la dura critica mossa da Enrico Allasia, presidente di Confagricoltura Piemonte nei confronti del Parlamento Europeo, a margine del voto in sessione plenaria che ha confermato la decisione del trilogo di ridurre le soglie per l’applicazione della AIA (autorizzazione integrata ambientale) per le imprese suinicole e avicole.
Tutti i settori sono oggi chiamati a concorrere maggiormente alla riduzione delle emissioni ma al primario si attribuisce un compito gravoso: quello di limitare la produzione di particolato primario nei processi di combustione dei residui colturali, ora limitata a specifici periodi dell’anno, e del secondario connesso alla presenza di ammoniaca nell’aria, insieme ad altri precursori e in funzione delle condizioni meteo. La quota di ammoniaca emessa nel 2023 in Piemonte è stata quantificata in 32.000 tonnellate e grazie alle buone strategie attuate nelle campagne, la quota rispetto ai precedenti due anni è scesa notevolmente.
Gli imprenditori agricoli piemontesi adottano soluzioni gestionali e strutturali che permettono un efficace e immediato contenimento delle perdite ammoniacali: dobbiamo ricordare che è una forma di azoto disponibile per le piante e perderla dal punto di vista agronomico si traduce in uno spreco di elementi fertilizzanti naturali in favore di altri di sintesi, che aggravano i conti delle aziende agricole, considerati gli aumenti in tutta la filiera di produzione”, precisa Allasia.
Confagricoltura Piemonte, sull’entrata in vigore della direttiva che implica l’ottenimento dell’AIA (autorizzazione integrata ambientale) da parte degli allevamenti, evidenzia che finora ne erano soggetti solo due tipi di allevamento: quelli di pollame con potenzialità produttiva massima superiore a 40mila posti e quelli di suini con potenzialità produttiva massima superiore a 2mila posti da produzione (di oltre 30 kg) o 750 posti scrofe. Quando entrerà in vigore la direttiva appena approvata, le soglie per essere obbligati a richiedere l’autorizzazione integrata ambientale (AIA) verranno dimezzate.
L’esito è fortemente negativo per le nostre aziende. La misura nasceva con l’intento di prevenire e ridurre le emissioni del settore industriale, e di quello agricolo a cui è stata estesa. Obiettivo che questa direttiva, per come è stata pensata, non potrà raggiungere. Il risultato è un ulteriore carico burocratico per le nostre imprese agricole le quali, invece, chiedono da tempo uno snellimento degli impegni amministrativi che frenano la produttività”, ha sottolineato Oreste Massimino, presidente della Sezione regionale di prodotto Allevamenti avicunicoli e aggiunge “Gli agricoltori sono i primi custodi della natura ma con queste modalità si ostacola la loro competitività e capacità di impresa, senza benefici per la tutela ambientale”.
Gli imprenditori esprimono da sempre valori inalienabili di etica e integrità. Si impegnano a mantenere standard elevati non solo nei confronti dell’ambiente ma anche delle persone. Questo approccio olistico dimostra come sia possibile coniugare successo economico e responsabilità sociale, offrendo un modello virtuoso per l’intero settore. Non riteniamo quindi plausibile l’inserimento dell’agricoltura tra i settori industriali”, conclude Allasia.

“La direttiva approvata non previene né riduce le emissioni. aggiunge solo un carico burocratico alle nostre imprese agricole a discapito della produttività” afferma Cristina Tinelli, Direttrice Relazioni UE e internazionali di Confagricoltura

Forte dissenso dalla delegazione di Confagricoltura riunita a Strasburgo fuori dal Parlamento Europeo, a margine del voto in sessione plenaria che ha confermato la decisione del trilogo riducendo le soglie per l’applicazione della AIA (autorizzazione integrata ambientale) per le imprese suinicole e avicole.
Finora erano soggetti all’AIA solo due tipi di allevamento: quelli di pollame con potenzialità produttiva massima superiore a 40mila posti e quelli di suini con potenzialità produttiva massima superiore a 2mila posti da produzione (di oltre 30 kg) o 750 posti scrofe.
Quando entrerà in vigore la direttiva appena approvata, le soglie per essere obbligati a richiedere l’autorizzazione integrata ambientale (AIA) verranno dimezzate.
L’esito è fortemente negativo per le nostre aziende. La misura nasceva con l’intento di prevenire e ridurre le emissioni del settore industriale, e di quello agricolo a cui è stata estesa. Obiettivo che questa direttiva, per come è stata pensata, non potrà raggiungere. Il risultato è un ulteriore carico burocratico per le nostre imprese agricole le quali, invece, chiedono da tempo uno snellimento degli impegni amministrativi che frenano la produttività. Gli agricoltori sono i primi custodi della natura ma con queste modalità si ostacola la loro competitività e capacità di impresa, senza benefici per la tutela ambientale”, commenta Cristina Tinelli, Direttrice Relazioni UE e internazionali di Confagricoltura.
A rappresentare la Confederazione alla manifestazione, sono presenti anche Rudy Milani, Presidente FNP suini Confagricoltura, Davide Berta, Vicepresidente FNP suini Confagricoltura, Simone Menesello, Presidente FNP avicunicola Confagricoltura, e Mauro Zanotti, Vicepresidente FNP avicunicola Confagricoltura.

La Commissione Agricoltura del Parlamento Europeo (Comagri) ha rivisto i contenuti della proposta di regolamento sulla riduzione dei fitofarmaci in agricoltura abbassando i limiti massimi al loro uso e prorogando di cinque anni il termine per il raggiungimento dell’obiettivo.
Pur riconoscendo l’impegno della Commissione nel riportare il dibattito sugli input chimici su basi pragmatiche e non ideologiche, Confagricoltura ritiene che la discussione sulla proposta di regolamento per la riduzione dell’impiego di input chimici nel settore primario vada sospesa in attesa che si superi l’attuale fase di incertezza economica e di instabilità dei mercati internazionali dei prodotti agricoli.
L’impegno della politica nazionale ed europea – commenta il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti deve essere concentrato sulla tutela del potenziale produttivo del nostro settore. Solo in questo modo è possibile continuare a garantire la sicurezza alimentare nel nostro Paese come anche negli altri Stati membri”.

Il 24 novembre il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione per contrastare l’abnorme diffusione dei grandi carnivori, in particolare dei lupi (di seguito il link del provvedimento)

https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/TA-9-2022-0423_IT.pdf

La risoluzione, tra l’altro, “invita la Commissione e gli Stati membri a individuare e sostenere scientificamente le migliori misure preventive possibili per ridurre gli attacchi e i danni causati dalla predazione del bestiame da parte dei grandi carnivori, tenendo conto delle caratteristiche regionali e locali degli Stati membri, e a sostenere gli agricoltori nella richiesta di tali misure preventive per moltiplicare e ampliare gli approcci di successo”.
Come ha sottolineato nel suo intervento l’europarlamentare Herbert Dorfmann (Ppe), primo firmatario della proposta di risoluzione “c’è bisogno di un maggiore impegno per la protezione dei greggi. Ciò costa denaro e non può essere pagato solo con la politica agricola comune. Se i nostri cittadini vogliono lupi, orsi e linci nelle nostre foreste, devono pagarli e non gravare sugli agricoltori con questi costi”.

https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/CRE-9-2022-11-23-INT-3-434-0000_DE.html

Confagricoltura aveva posto la questione all’attenzione dei parlamentari europei, evidenziando come l’eccessiva presenza dei grandi carnivori, in particolari lupi, abbia causato attacchi sempre più frequenti alle greggi e agli allevamenti, procurando ingenti danni economici alle aziende agricole e pericolo per le comunità dei territori montani.
Questa settimana è prevista una riunione della Convenzione di Berna in cui sarà trattato, anche sulla base del voto di giovedì scorso, il tema del declassamento del lupo da specie “strettamente” protetta a “semplicemente” protetta.
Non esistono dati certi sul numero di lupi presenti nel nostro Paese, ma la Relazione tecnica dell’Attività di monitoraggio nazionale nell’ambito del Piano di Azione del lupo ai sensi della Convenzione ISPRA- MITE e nell’ambito del Progetto LIFE 18 NAT/IT/000972 WOLFALPS EU stima la popolazione di questi carnivori in 946 unità, concentrati prevalentemente nell’area alpina.

https://www.lifewolfalps.eu/wp-content/uploads/2022/05/REPORT_REGIONI_ALPINE_16_05_2022_FINALE.pdf

La relazione indica che nel 2020/2021 in Piemonte sono stati ritrovati 47 lupi morti, di cui 6 recuperati nella provincia di Alessandria, 1 nella provincia di Asti, 1 nella provincia di Biella, 28 nella provincia di Cuneo, 10 nella provincia di Torino e 1 nella provincia di Vercelli.
I lupi – sostiene il presidente di Confagricoltura Piemonte Enrico Allasiarappresentano un pericolo sempre più grave per gli allevamenti e per il lavoro degli allevatori, non più soltanto nelle aree montane. È necessario che anche le autorità nazionali prendano atto della situazione e agiscano con misure di contenimento”.

Crediamo che sia antiscientifico e dannoso continuare a demonizzare le bevande alcoliche, in particolare i vini, considerandole come fattori di rischio per il cancro in sé e per sé, dato che la discriminante è legata all’abuso, non al consumo moderato, come dimostrano gli studi scientifici. Pertanto, chiediamo di sostenere gli emendamenti volti ad affermare che sia il consumo dannoso e/o abuso di alcol ad essere un fattore di rischio e non il consumo in generale, nonché quelle proposte volte all’introduzione in etichetta non di indicazioni allarmanti (health warnings) bensì specifiche sul consumo moderato e responsabile. Infine, sarebbe opportuno accogliere l’emendamento che indirizza gli obblighi sulla sponsorizzazione sportiva specificatamente ai minori, evitando un divieto tout court”.
È quanto si legge nella lettera relativa al voto sul Piano anticancro inviata oggi agli eurodeputati del Parlamento Europeo dalle principali organizzazioni della filiera vitivinicola italiana – Alleanza delle Cooperative Italiane – agroalimentari, Assoenologi, Confagricoltura, CIA – Confederazione Italiana Agricoltori, Copagri, Federvini, Federdoc, Unione Italiana Vini. L’Italia del vino concentra quindi tutto il suo appoggio agli emendamenti presentati ieri in vista del voto, il 15 febbraio in sessione plenaria, sul “Cancer plan” che l’Unione adotterà per arginare la malattia. Nel report, redatto da una Commissione di europarlamentari (Beca), il vino, come altri prodotti agricoli, è protagonista in negativo: “non esiste una quantità sicura di consumo di alcol”, cita il rapporto per una tesi basata su un controverso studio Lancet di 4 anni fa. In caso di approvazione del rapporto senza gli emendamenti, per il vino si prospetta un futuro di forte ridimensionamento. Tra le proposte contenute nel testo, vi sono infatti l’istituzione di etichette con alert sanitari, le limitazioni sulla pubblicità, il divieto di sponsorizzazione di eventi sportivi, l’aumento della tassazione, la revisione della politica di promozione.