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Con una produzione di pasta pari a 4 miliardi di euro nel 2022 e 2,4 miliardi di euro nei primi sette mesi del 2023 (in aumento del 6% sull’anno precedente), l’Italia detiene il primato globale, posizionandosi anche come primo esportatore. Lo sottolinea Confagricoltura in occasione del World Pasta Day che si celebra il 25 ottobre. Per la fabbricazione di questo alimento, rappresentativo del Made in Italy nel mondo, è fondamentale partire dal frumento duro, noto per l’alto contenuto di glutine che conferisce alle farine una consistenza ideale per la produzione anche di pane e di una vasta gamma di prodotti da forno.
L’Italia è prima in Europa per la coltivazione di questo cereale con 1,3 milioni di ettari dedicati e una produzione pari a 3,8 milioni di tonnellate nell’anno in corso. Il nostro Paese detiene il primato da oltre dieci anni e per mantenerlo è necessario rafforzare i rapporti tra i singoli attori della filiera fino al consumatore finale. Recentemente, infatti, sono intervenute diverse minacce esterne alla sostenibilità della produzione.
Per garantire rifornimenti all’industria, l’Italia importa frumento principalmente da Canada, Unione Europea, Kazakistan, Russia e Stati Uniti. Le importazioni italiane, per la quasi totalità originarie da questi Paesi fornitori, sono aumentate di quasi il 70 per cento nei primi sette mesi di quest’anno.
Negli ultimi dodici mesi, le imprese agricole sono state colpite da una drastica diminuzione del prezzo medio all’origine del grano duro (-30%), passando da circa 480 euro per tonnellata a 336 euro per tonnellata. Dal momento che i costi di produzione non hanno seguito la stessa tendenza al ribasso iniziale, la competitività delle imprese italiane ne ha fortemente risentito. Secondo le più recenti rilevazioni di ISMEA sui prezzi dei mezzi di produzione, infatti, dallo scorso agosto 2022 fino a giugno 2023, i costi del frumento si sono ridotti solamente del 3% circa.
Nel corso degli anni, il tasso di autoapprovvigionamento del frumento duro è stato costantemente superiore al 70%. Questo dato riflette la nostra resilienza nell’assicurare una produzione sostenibile e una solida capacità di far fronte alle sfide occasionali, legate al cambiamento climatico e ad equilibri geopolitici precari – ha dichiarato Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricolturadobbiamo tuttavia evitare di perdere potenziale produttivo rafforzando la competitività delle imprese e i legami all’interno della filiera. Quest’anno in particolare, con il conflitto russo-ucraino ancora in corso e una situazione di forte instabilità in Medio Oriente, la Giornata Mondiale della Pasta ci invita a riflettere sull’importanza dei cereali, e del grano duro in particolare, per la sicurezza alimentare globale, fonte essenziale di nutrimento per milioni di persone nel mondo e risorsa imprescindibile per un’alimentazione sana e sostenibile, elemento caratteristico della Dieta Mediterranea. Non solo, mai come ora l’interdipendenza dei mercati è tangibile e bisogna restare al passo”.
Inoltre, le restrizioni legate all’entrata in vigore della riforma della Politica Agricola Comune (PAC) nel 2023 rappresentano un ulteriore ostacolo per le produzioni. Anche se nel breve termine molte imprese italiane potrebbero essere in grado di confermare i propri investimenti per un anno, obblighi come il regime di avvicendamento biennale potrebbero limitare la capacità di spesa. A questo proposito Giansanti ha commentato: “Confagricoltura ha contestato sin dall’inizio la rotazione obbligatoria prevista nell’ambito della nuova PAC. Ora siamo al lavoro per ottenere una nuova deroga, dopo quella concessa lo scorso anno in vista di una definitiva modifica dei regolamenti di base, a beneficio dei nostri produttori che non possono perdere competitività su un prodotto cruciale per la sicurezza alimentare, locale e globale, oltre che orgoglio italiano nel mondo”.

Promuovere una riflessione comune finalizzata a combattere il clima di sfiducia che rischia di diffondersi all’interno e tra i singoli attori della filiera, imprese agricole comprese, e a riconoscere un giusto prezzo della materia prima per dare valore a tutte le parti della filiera. La riunione di oggi è sicuramente un primo grande passo verso questa direzione”. Lo ha affermato il vicepresidente di Confagricoltura Matteo Lasagna, intervenuto alla Commissione di allerta rapida convocata al MIMIT questo pomeriggio dal Garante per la sorveglianza dei prezzi, Benedetto Mineo, per un’analisi sui rincari della pasta, aumentata di circa il 17% rispetto all’anno scorso, in un contesto caratterizzato dalla riduzione del prezzo del grano duro e dalle dinamiche variabili dei costi dell’energia e degli altri fattori della produzione.
La recente evoluzione delle quotazioni di mercato a livello nazionale sta preoccupando non poco gli agricoltori, che – ha precisato Lasagna – nonostante le recenti inversioni di tendenza, stanno ancora patendo il forte aumento dei costi di produzione affrontato nell’ultimo anno. Per il grano duro, nelle ultime settimane i prezzi all’origine si sono contratti notevolmente, con riduzioni che hanno raggiunto il 10% su base settimanale”.
La questione della tenuta del prezzo pone un serio problema di approvvigionamento. Confagricoltura rimarca che, mentre negli ultimi anni si era assistito a un miglioramento del tasso di autoapprovvigionamento per il grano duro, la minore remunerazione della materia prima potrebbe indurre a una contrazione delle semine e della produzione nazionale che, a sua volta, potrebbe concludersi in un maggiore ricorso alle importazioni. L’Italia – ricorda la Confederazione – è il primo produttore mondiale di pasta, ma è ancora fortemente dipendente dall’import di materie prime.

L’Italia è il primo paese produttore di pasta a livello mondiale. Più del 60% della produzione è destinato all’esportazione, ma solo il 60-70% del grano duro utilizzato arriva dalle imprese agricole italiane. Possiamo e dobbiamo fare di più per rafforzare ulteriormente la filiera”. È la dichiarazione del presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti, in occasione della “Giornata mondiale della pasta” che si celebra 25 ottobre.
Da tempo la Confagricoltura è impegnata nei contratti di filiera, per aumentare la produzione interna di grano duro e per rispondere alle esigenze delle industrie di trasformazione anche sotto il profilo della qualità”, sottolinea Giansanti. Nei primi sette mesi di quest’anno – secondo i dati provvisori di Istat – le importazioni sono ammontate a poco meno di 1,5 milioni di tonnellate, per un valore di 690 milioni di euro.
Con le risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) – prosegue il presidente di Confagricolturaabbiamo l’occasione irripetibile per far fare alla cerealicoltura italiana un passo in avanti decisivo. Con l’auspicio che l’applicazione nazionale della nuova Pac non penalizzi le imprese agricole professionali, da cui dipende la gran parte dell’offerta nazionale di grano duro”.
A livello congiunturale, i mercati stanno attraversando una fase straordinaria con un livello delle quotazioni per il grano duro (circa 540 euro a tonnellata) che supera del 130% la media dei prezzi registrati negli ultimi cinque anni.
Sull’evoluzione dei mercati – segnala Confagricoltura – pesa la situazione degli stock a livello mondiale che sono sul livello più basso da cinque anni, soprattutto a seguito della contrazione dei raccolti in Canada.
Allo stesso tempo, le nostre imprese – rileva Giansanti – stanno facendo i conti con un forte incremento dei costi di produzione, a partire da quelli direttamente legati all’energia. Per il balzo avanti del prezzo del gas, ad esempio, il prezzo dei fertilizzanti azotati si è triplicato nel giro di un anno”.
Conclude Massimiliano Giansanti: “Nella Giornata mondiale della pasta, proponiamo a tutti i rappresentanti della filiera – dalla produzione della materia prima, all’industria fino alla distribuzione – di sederci attorno ad un tavolo, per concordare il modo migliore per fronteggiare questa situazione eccezionale”.

La presa di posizione di Italmopa sulla necessità di importare grano duro per la pasta, vista la carenza di materia prima in Italia, mette nuovamente in luce due priorità: da un lato la creazione di una filiera tricolore del grano duro, dall’altro l’esigenza di una corretta informazione ai consumatori in relazione al flusso delle importazioni di quantitativi di grano dall’estero”.
Lo afferma Confagricoltura, che sul tema è intervenuta da tempo sollecitando la creazione di una filiera del grano duro – pasta, con gli obiettivi di arrivare a produrre più materia prima in Italia, tenendo ben presenti le esigenze dei consumatori, sempre più attenti alla provenienza e alla qualità delle materie prime.
In questo contesto, l’Organizzazione degli imprenditori agricoli plaude e partecipa alla recente iniziativa del Mipaaft sull’istituzione di gruppi di lavoro al Tavolo di filiera grano duro – pasta, dedicati a qualità e sistema cerealicolo nazionale; investimenti e aiuti per il rinnovo siti di stoccaggio; promozione e comunicazione; Commissione sperimentale prezzo indicativo grano duro.
Confagricoltura rileva come l’import di grano dal Canada nel corso degli ultimi quattro anni sia diminuito a favore di quantitativi dalla Francia e dal Kazakhistan: i paragoni tra i primi due mesi del 2019 rispetto agli stessi del 2018, infatti, evidenziano sì un aumento di entrate di grano duro dal Canada, ma perché nel 2018 erano crollate quasi a zero (cfr. tabella sottostante a cura del Centro Studi Confagricoltura).
Con l’accordo Ceta non c’è stata nessuna invasione di grano duro dal Canada – evidenzia Palazzo della Valle – e comunque il controllo sulla presenza di residui di sostanze chimiche resta affidato alle autorità italiane”.
Il volume delle importazioni di frumento duro in Italia si aggira sempre intorno ai 2 milioni di tonnellate all’anno: sono soltanto cambiati i Paesi di provenienza della materia prima, tra cui la Francia, dove il glifosato continua ad essere utilizzato in linea con la normativa europea.
E’ indispensabile che il nostro Paese aumenti la capacità produttiva di frumento duro per rispondere alle richieste dell’industria – insiste Confagricolturae in questa direzione la ricerca dovrebbe mettere a disposizione degli agricoltori sementi sempre più adatte alle caratteristiche pedoclimatiche delle nostre zone. Inoltre dovrebbero essere incentivate la diffusione di innovazioni tecnologiche e la capacità di stoccaggio con il ritiro separato dei diversi prodotti, per valorizzarne la qualità. Soltanto così – conclude Palazzo della Valle – possiamo arrivare a nuovi modelli di contrattazione con le industrie del comparto”.