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La Provincia di Asti promuove corsi di formazione per guardie ecologiche volontarie. Nell’ambito della legge regionale del 2 novembre 1982 n.32 sono istituite le Guardie Ecologiche Volontarie (G.E.V.) (artt. 36 e 37), organizzate e gestite dalle Province e dalla Città metropolitana. Le Guardie Ecologiche Volontarie ricoprono un ruolo di fondamentale importanza nel quadro delle politiche per la difesa e valorizzazione del patrimonio naturale, oltre che per la promozione dell’informazione ed educazione ambientale. Un altro compito delle G.E.V. è far osservare le norme regionali e nazionali che richiamano le stesse come soggetto di vigilanza.

CORSO DI FORMAZIONE

1) Il programma del corso prevede una durata di 90 ore complessive, di cui 50 di lezioni teoriche fruibili in video conferenze in modalità sincrona, n. 30 ore in uscita sul territorio e n. 10 ore di tirocinio con uscite sul territorio nell’ambito della Città Metropolitana di Torino e della sessione d’esame a conclusione del percorso formativo presso la Città Metropolitana di Torino.

2) Le aspiranti Guardie Ecologiche dovranno avere un’età compresa tra i 18 anni e i 67 anni ed essere in possesso della licenza della scuola dell’obbligo

3) Nel caso in cui il numero dei candidati con i requisiti richiesti superi il numero massimo di 20 iscritti farà fede la data di protocollo della domanda di ammissione

4) Alle lezioni saranno ammessi i primi 20 cittadini residenti in provincia di Asti che abbiano fatto pervenire, mezzo posta elettronica certificata (provincia.asti@cert.provincia.asti.it), domanda di ammissione, approvata con il presente provvedimento ed allegata quale parte integrante, entro e non oltre le ore 12,00 del 5 aprile 2024

In allegato, oltre alla domanda di ammissione, anche la determina della Provincia di Asti e il vademecum della Guardia Ecologica Volontaria

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La Provincia di Asti comunica che prossimamente avrà luogo la presentazione del Progetto C.E.R. Provinciale (Comunità Energetica Rinnovabile). Si tratta di un’iniziativa che vede l’impegno della Provincia di Asti per una transizione energetica solidale, volta all’autonomia energetica, al contrasto del caro bollette e alla tutela ambientale, anche attraverso l’utilizzo delle risorse del PNRR. La presentazione si svolgerà in due incontri:

– mercoledì 4 maggio, alle ore 17, 30, presso il Salone Consiliare della Provincia di Asti (Piazza Alfieri, 33)
– lunedì 8 maggio, alle ore 17,30, presso il Foro Boario a Nizza Monferrato (Piazza Giuseppe Garibaldi, 77)

Sarà possibile partecipare all’evento anche on-line, richiedendo le credenziali di accesso all’indirizzo e-mail: ambiente@provincia.asti.it, indicando nella richiesta: nome, cognome ed ente di appartenenza.

In allegato le locandine con i due appuntamenti

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Le condizioni atmosferiche hanno condizionato pesantemente l’andamento delle colture ma il sistema agrario provinciale ha tenuto. Asti Agricoltura: “Chiediamo interventi rapidi per la valorizzazione delle nostre produzioni”

Siccità estrema e temperature elevate: sono i due elementi che hanno dominato lo scenario meteorologico di quest’anno con gravi conseguenze sulle colture. È quanto è emerso lunedì mattina a Torino, presso il Circolo del Design, durante la conferenza stampa del bilancio dell’annata agraria 2021-2022, organizzata da Confagricoltura Piemonte. Ospite d’eccezione, il presidente nazionale di Confagricoltura Massimiliano Giansanti, collegato in videoconferenza.

L’annata agraria 2021/2022, che si è conclusa nella giornata di ieri, sarà ricordata principalmente per lo straordinario andamento climatico, caratterizzato da una perdurante assenza di piogge che ha sottoposto a un pesante stress tutte le coltivazioni, causando una sensibile riduzione della produzione di mais, prative e foraggere. Hanno tenuto meglio le produzioni cerealicole invernali, quali grano e orzo; leggermente in calo, ma non in modo significativo, i raccolti di frutta, nocciole e uva, che hanno fatto registrare livelli qualitativi buoni, con punte di eccellenza.

Il comparto agricolo sta vivendo un periodo di forte difficoltà – ha affermato il presidente Giansanti – dopo aver superato la pandemia da Covid, ha dovuto subire le conseguenze del conflitto russo ucraino che ha portato ad un incremento vertiginoso dei prezzi. E’ nostro compito sensibilizzare le istituzioni ad una politica sempre più orientata verso le imprese, trasmettendo al Governo il valore territoriale dell’agricoltura, per fare in modo di aumentare produttività e competitività“.

Gli effetti del cambiamento climatico – ha affermato Federico Spanna del Settore Fitosanitario Regione Piemonte –   mai come quest’anno si sono manifestati sul territorio padano, ed in particolare su quello piemontese, con grande intensità e persistenza. Siccità estrema e temperature elevate sono i due elementi che hanno dominato uno scenario meteorologico che ha ben pochi riscontri nel passato e che non accenna a rientrare in parametri più ordinari neanche nella stagione autunnale”.

Il bilancio complessivo – ha dichiarato Enrico Allasia, presidente di Confagricoltura Piemonteè positivo, ma il futuro è incerto per quanto riguarda la tenuta dei prezzi agricoli all’origine. L’aumento dei costi energetici preoccupa le imprese, soprattutto quelle zootecniche, che a fronte dei rincari dei mangimi e dei foraggi e di un modesto aumento del valore delle produzioni di carne e latte non riescono più a far quadrare i conti”.

Stesso andamento ma con risultati meno pesanti anche per la provincia di Asti, territorio in cui i seminativi e tutte le colture foraggere hanno sofferto parecchio gli effetti della siccità, ma dove, stante la maggiore diffusione di vite (14.165 ettari) e nocciolo (6.105 ettari), che hanno parzialmente resistito alle condizioni meteo sfavorevoli, gli effetti sono stati complessivamente meno devastanti. Per quanto riguarda la vite si è registrato un calo della produzione rispetto all’anno scorso a causa della siccità che ha influito in modo sensibile sulla maturazione delle uve, anche se la qualità è rimasta soddisfacente. Anche per quanto concerne il comparto corilicolo c’è stata una produzione di qualità, con poco “cimiciato” e con una pezzatura solo leggermente inferiore alla norma.

Crisi totale invece per quanto riguarda il settore zootecnico che ha sofferto maggiormente il vertiginoso incremento dei prezzi derivanti dallo scoppio del conflitto russo ucraino. Dall’aumento del prezzo dei cereali – alla base di tutti i mangimi animali – deriva un innalzamento dei costi di alimentazione che si attestavano già su valori elevati. Ne consegue quindi una perdita netta per ogni capo allevato e una forte difficoltà da parte delle aziende a sostenere i costi di allevamento. Su questo punto l’Assessore  all’Agricoltura della Regione Piemonte, Marco Protopapa, intervenuto a chiusura della conferenza stampa ha tenuto a precisare: “Abbiamo avviato un percorso di valorizzazione della carne piemontese che passerà attraverso precisi e rigorosi impegni da parte della GDO e la ristorazione”.

Il dato a livello regionale che preoccupa maggiormente è la vertiginosa riduzione delle imprese agricole: negli ultimi cinque anni infatti si è registrata una contrazione delle attività di circa il 13%, passando da 46.667 unità del 2018 a 40.866 di quest’anno; anche in provincia di Asti, solo nell’ultimo anno, si sono perse 197 aziende! Crescono invece in Piemonte gli addetti agricoli, che a giugno di quest’anno erano 81mila, con un netto incremento rispetto ai 63mila medi del 2021, in controtendenza rispetto al dato nazionale che vede gli occupati del settore primario in diminuzione.

Con il miglioramento delle produzioni, l’innovazione tecnologica e la ricerca di nuovi mercati – hanno affermato il presidente e il direttore della Confagricoltura di Asti, Gabriele Baldi e Mariagrazia Baravallele imprese agricole piemontesi si stanno impegnando ogni giorno per contrastare questa congiuntura sfavorevole. Alla politica chiediamo interventi rapidi, procedure snelle e un contributo coordinato per la valorizzazione delle nostre produzioni, per consentirci di superare la crisi interessasse dell’agricoltura e del territorio”.

In allegato riportiamo i dati riferiti alla provincia di Asti desunti dall’Anagrafe Agricola Regionale

Annata agraria 2022_dati provincia di Asti

 

 

Ha avuto luogo nella giornata di mercoledì, presso il palazzo della Provincia di Asti, l’incontro tra i vertici dell’ente provinciale – il presidente Paolo Lanfranco e il consigliere con delega ad Agricoltura e Caccia e Pesca, Davide Massaglia – e le associazioni di categoria che hanno ancora una volta affrontato lo spinoso problema legato ai cinghiali. Nel corso della riunione, che ha visto la partecipazione di Asti Agricoltura (presente il direttore Mariagrazia Baravalle), Cia e Atima sono state avanzate ulteriori proposte e strategie finalizzate alla repressione di questo flagello.
Le 3 organizzazioni hanno dichiarato che l’unico modo per affrontare concretamente il problema relativo alla fauna selvatica è quello di operare in modo unitario sotto la supervisione della Provincia di Asti.
In merito a questo problema sono state concordate alcune proposte e strategie che sono state sottoposte all’attenzione dei vertici provinciali. Tra le priorità c’è sicuramente la necessità di aggiornare il vademecum per gli agricoltori al fine di una corretta informazione su autodifesa ed autocontrollo con conseguente formazione, e la rotazione delle squadre di caccia al cinghiale sul territorio, con eventuale utilizzo di sistemi di incentivazione economica.
Le associazioni presenti, all’unisono, hanno insistito sull’importanza della mappatura delle presenze di ungulati sul nostro territorio. Il passo successivo è quello dell’abbattimento selettivo vero e proprio mediante un’azione organizzata con l’ausilio, ciascuno in base alle proprie competenze, dei cacciatori, delle Guardie Venatorie (provinciali e volontarie), degli agricoltori e degli OFS (Operatori Faunistici Specializzati). Per quanto riguarda la figura dell’OFS le organizzazioni agricole presenti ritengono che sia necessario far conoscere e rafforzare questo ruolo con corsi di formazione appositi, l’istituzione di un albo “mobile”, il mantenimento del ruolo in base ai risultati raggiunti, criteri di scelta autonoma e un’adeguata dotazione finanziaria.
Tutte e tre le organizzazioni agricole concordano inoltre in modo inequivocabile sull’erogazione immediata dei ristori alle aziende: “è necessario garantire alle aziende danneggiate tempestivi ed adeguati ristori, che tengano anche conto, ad esempio, del costo lavoro necessario per le risemine e non solo del costo del seme
In ultima analisi, i rappresentanti delle organizzazioni presenti hanno espresso la volontà ad ospitare presso le loro sedi la formazione degli OFS nonché eventuali corsi per il conseguimento del porto d’armi per uso caccia, ma non solo: “la nostra intenzione è di istituire nei nostri uffici un vero e proprio sportello per raccogliere le istanze e le problematiche dei nostri associati in merito alle questioni legate al problema della fauna selvatica, fornendo adeguata informazione e supporto in termini di difesa delle produzioni, riduzione e rimborso dei danni”.
La Provincia ha ascoltato le istanze e si è già attivata per dar corso pratico alle proposte.

 

 

Nella foto i partecipanti al tavolo operativo sull’emergenza cinghiali. Da sinistra: Marco Pippione (direttore Cia), Paolo Pregno (presidente Atima), Mariagrazia Baravalle (direttore Asti Agricoltura), Alessandro Durando (presidente Cia), Gianluca Ravizza (direttore Atima)

 

 

Continua l’infausto compito degli agricoltori di quantificare i danni provocati dalla fauna selvatica, in modo particolare da cinghiali e caprioli. I danni nell’ultimo anno sono aumentati a livello esponenziale, complici i vari lock-down (soprattutto quello primaverile dello scorso anno) che hanno favorito una maggiore proliferazione di questi animali, dovuta ad una quasi assente circolazione di mezzi e di persone. Un grande problema non solamente per le colture agricole, ma anche per la viabilità su strada, la quale negli ultimi anni è stata teatro di parecchi incidenti, talvolta anche mortali.
I provvedimenti di chiusura stabiliti dal Governo per contrastare la pandemia hanno inoltre rallentato il controllo su questi ungulati e causato sospensioni all’attività venatoria, compreso il contenimento. Proprio da questa ultima attività è arrivata la risposta più concreta come si evince dai dati comunicati dalla Provincia di Asti, dai quali emerge che sono state organizzate più di 1000 battute di caccia specifiche che hanno portato all’abbattimento di 1431 cinghiali sul territorio astigiano nel 2020 e di altri 297 nei primi mesi del 2021.
Il presidente di Asti Agricoltura Gabriele Baldi ha elogiato questa lodevole iniziativa, ringraziando la Provincia di Asti per l’impegno profuso: “Ringraziamo e ci complimentiamo con la Provincia per i risultati raggiunti e per altre iniziative atte a fronteggiare questo flagello, come ad esempio le gabbie per la cattura dei cinghiali di recente sperimentazione anche sul nostro territorio”, ha affermato Baldi. “Adesso non bisogna abbassare la guardia, ma anzi proseguire con quest’opera di abbattimento in modo ancora più massiccio e incisivo per riuscire a contenere questo problema e salvaguardare il nostro territorio”.
Siamo di fronte a una vera e propria emergenza che richiede la collaborazione di tutti gli attori locali in modo tale da dare una risposta immediata sia al comparto agricolo che a tutta la collettività”, ha dichiarato il direttore di Asti Agricoltura Mariagrazia Baravalle. “Chiediamo adeguati indennizzi per i danni diretti e indiretti che subiscono le aziende agricole e auspichiamo una semplificazione delle procedure per la valutazione dei danni e del conseguente tempestivo ristoro”.

Filiera della carne di cinghiale

Nell’ottica di un eventuale coinvolgimento diretto dell’agricoltore, nei giorni scorsi si è parlato anche di filiera della carne di cinghiale. Durante un incontro (in videoconferenza) ci si è soffermati sulla necessità di coinvolgere anche macellai, agriturismi e ristoranti, tramite una promozione mirata prendendo spunto da altri progetti già preesistenti in Italia. Allo stato attuale permangono però ancora diversi ostacoli legati in parte alla difficoltà di fare rientrare l’attività di macellazione e vendita di carne di fauna selvatica nell’ambito di una attività agricola o connessa e, dall’altra, all’assenza ad oggi di una filiera che sia in grado soprattutto di acquistare e/o utilizzare il prodotto.
E’ evidente come siamo favorevoli ad ogni iniziativa che possa ridurre la pressione dei capi sul territorio portando nel contempo benefici agli agricoltori che, loro malgrado, sono coloro che ‘sfamano’ i cinghiali dal momento che questi ultimi si cibano del prodotto seminato dagli agricoltori medesimi”, ha affermato il presidente Baldi.

Referendum sulla caccia

Posizione molto critica da parte di Confagricoltura in merito all’apertura da parte della Corte di Cassazione verso un eventuale iter che porterebbe alla promulgazione di un referendum abrogativo della legge sulla caccia (157/1992).
Secondo il direttore Baravalle: “Se malauguratamente venisse abrogata la legge, si creerebbe un preoccupante vuoto normativo. Le imprese agricole sarebbero invase da una fauna selvatica completamente fuori controllo, con una crescita di rischi anche per i cittadini. E’ necessario mettere da parte una mentalità ambientalistica troppo radicale e poco ragionata e rimettere al centro l’interazione tra natura ed economia, valorizzando contemporaneamente la biodiversità e le attività produttive locali che coesistono da sempre”.