Articoli

Enrico Allasia, presidente di Confagricoltura Piemonte, a margine dell’assemblea invernale della Confederazione tenutasi la scorsa settimana a Roma, ha sottolineato con la stampa come il quadro attuale del comparto agricolo sia caratterizzato da luci e ombre: alcuni settori, come ortofrutta e latte, reggono bene, altri, come la corilicoltura, invece, stanno registrando numeri negativi. È necessario investire in innovazione, ma servono più risorse. Comunità energetiche e crediti di carbonio rappresentano una grande opportunità per favorire la decarbonizzazione.

“Gli agricoltori inoltre hanno necessità di ricevere in tempi brevi risposte su alcune tematiche che influenzano l’andamento delle aziende, alle prese con le criticità causate dal cambiamento climatico e dall’attuale scenario economico. Per esempio, appare indispensabile conoscere le regole applicative per il registro pubblico dei crediti di carbonio e le opportunità legate al modello di produzione e consumo delle comunità energetiche rinnovabili.

Qual è la situazione del settore agro-alimentare piemontese in questa fase complessa che ha visto, prima la pandemia e la crisi energetica, e ora l’aumento vertiginoso del costo del denaro?

Si è appena conclusa l’annata agraria e il quadro che emerge è fatto di luci e ombre. Da un lato sicuramente le imprese agricole piemontesi hanno fatto passi da gigante in tema di transizione ecologica, ma dall’altro ci sono diverse criticità legate al cambiamento climatico e alla fase economica particolarmente complesso che stiamo vivendo. Purtroppo, abbiamo due guerre in atto, l’inflazione in crescita e grandi difficoltà nell’accesso al credito. Oltre questo ci sono poi tutti gli obblighi introdotti dalle normative europee, come la nuova Pac o il nuovo complemento per lo sviluppo rurale 2023 -2027. Naturalmente non mancano i dati positivi. L’ortofrutta tutto sommato quest’anno ha tenuto bene, registrando numeri migliori rispetto agli anni precedenti. Stesso discorso per il comparto del latte, anche se ora – dopo un periodo di fermento nel 2021 e nel 2022 – sta registrando un lieve rallentamento. Viceversa, la corilicoltura, ovvero la coltivazione delle nocciole, è invece in crisi a causa di eventi meteorologici estremi che hanno ridotto in modo rilevante le produzioni. Sulla viticoltura la situazione è invece a macchia di leopardo. Nelle zone in cui la siccità si è fatta sentire le rese sono state esigue. A volte non abbiamo raggiunto i minimi richiesti per etto in base ai disciplinari di produzione. Anche il settore della zootecnia da carne sta attraversando una fase difficile. La carne di razza piemontese, nonostante la qualità e gli sforzi della filiera, fa fatica a veder riconosciuto il costo di produzione. E’ necessario rivedere il sistema produttivo, adottando un disciplinare di alimentazione e di allevamento in grado di uniformare ancora di piu’ la qualità. Allo stesso tempo bisogna puntare sempre di piu’ sulla promozione, anche attraverso l’aiuto della Regione”.

Come state supportando le imprese?

Le dinamiche che entrano in gioco nell’attuale scenario sono complesse: da quelle climatiche a normative, fino ad arrivare a quelle economiche legate all’aumento del costo del denaro. In generale come associazione cerchiamo di valorizzare le eccellenze delle nostre imprese, prodotti che – grazie alla loro elevata qualità – rappresentano un fattore chiave di competitività. Supportiamo le imprese negli investimenti in innovazione e sostenibilità, orientandole tra i vari strumenti di finanziamento. In quest’ottica una delle sfide è quella di sfruttare al meglio le risorse che vengono ad esempio dalla Pac o dal Psr per avere filiere produttive efficienti e all’avanguardia”.

In questo contesto quale opportunità può rappresentare per il settore il Pnrr?

Il piano sicuramente è uno strumento importantissimo, perché andrà a finanziare progetti di elevata complessità, fondamentali per l’innovazione del nostro Paese. Tuttavia il focus è soprattutto su progetti di grandi dimensioni, che a volte rischiano di tagliare fuori buona parte delle nostre aziende agricole più piccole”.

Come avete accolto invece il divieto sul cibo sintetico?

Su questo tema bisogna evitare di adottare un approccio ideologico e valutare i risvolti concerti per le imprese agricole. Noi ovviamente siamo per la valorizzazione del prodotto agricolo naturale in tutte le sue accezioni e riteniamo fondamentale rimarcarne la differenza rispetto a un cibo realizzato in laboratorio. Il prodotto agricolo è infatti un cibo salubre, che si porta dietro tutta la storia del territorio, la tradizione e l’eccellenza del Made in Italy. Detto questo, non si può certo fermare la ricerca scientifica e l’innovazione, ma è fondamentale che il consumatore sia adeguatamente informato”.

La Regione Piemonte ha pubblicato il bando 2023 del Progetto integrato che sostiene gli investimenti produttivi agricoli per la competitività delle aziende agricole (Srd 01) e l’insediamento dei giovani agricoltori (Sre 01), a valere sul nuovo Sviluppo rurale 2023/2027. Qual è l’importanza di questo strumento per il settore?

“Il Piano di sviluppo rurale è un po’ la cartina di tornasole di quello che la Regione vuole fare in ambito agricolo. Questo piano, nei numeri e nella forma, conferma la stessa linea adottata da quello precedente, perché la cifra a disposizione è la stessa.

Tuttavia, le risorse risultano molto inferiori, perché oggi abbiamo uno scenario molto diverso, con un’inflazione galoppante. Ci saremmo aspettati qualcosa di più, anche perché la necessità di far fronte agli eventi meteorologici estremi ha richiesto molti investimenti alle imprese agricole.

Va ricordato che, secondo nella visione dell’Ue, il comparto agricolo ha un ruolo centrale nella tutela ambientale e della dimensione sociale.

Gli agricoltori sono “custodi dell’ambiente” e devono rispettare degli impegni precisi per quanto riguarda i servizi ecosiostemici legati alla tutela del territorio. Tuttavia, questi aspetti, che richiedono investimenti, spesso non vengono presi in considerazione quando vengono stanziate risorse per il settore”.

Un altro tema centrale quando si parla del binomio agricoltura sostenibilità è quello dei crediti di carbonio. Quale opportunità rappresentano per il settore agricolo?

“Si tratta di uno strumento importante. L’Italia ha istituito il Registro pubblico dei crediti di carbonio generati su base volontaria dal settore agroforestale nazionale, ora però è necessario che arrivino anche le regole applicative, che attualmente ancora mancano. Si tratta di un’opportunità che stiamo perdendo e che invece ci aiuterebbe molto a portare avanti il percorso di transizione ecologica”.

Dopo il via libera dell’Ue il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Pichetto Fratin ha firmato e trasmesso alla Corte dei conti il decreto per le Comunità energetiche rinnovabili (Cer). Che impatto ha il provvedimento per il mondo agricolo?

Le comunità energetiche rappresentano una grandissima opportunità per il mondo agricolo, soprattutto in quei territori interni dove un modello di produzione e consumo di energia basato sul concetto generale di comunità e di condivisione potrebbe fare realmente la differenza. Oggi gli agricoltori sono abituati a lavorare in maniera autonoma, come singola azienda. Le comunità energetiche invece pongono l’accento sulla capacità di mettere a fattor comune risorse e competenze in un contesto collaborativo. In generale, lo ribadisco, si tratta di una grande opportunità da cogliere che, in determinate aree, diventa addirittura una necessità”.

Fonte: Cuore Economico

La gestione attiva e razionale delle risorse boschive ha un forte impatto sul raggiungimento dell’obiettivo della riduzione del 55% delle emissioni di gas serra entro il 2030. Gli agricoltori da sempre hanno una visione ecosostenibile delle foreste: lasciamo a loro il compito di mantenere l’equilibrio di questi territori”. Lo ha detto Enrico Allasia, presidente di Confagricoltura Piemonte e della Federazione Nazionale di Prodotto Risorse boschive e coltivazioni legnose di Confagricoltura, ospite lo scorso martedì 31 ottobre al Forum organizzato a Roma da Legambiente.
Se verremo maggiormente coinvolti nella gestione dell’ambiente anche dal punto di vista decisionale, come accadeva nel passato, agiremo con strumenti adeguati sul lungo periodo e soprattutto, mediante una comunicazione efficace, con messaggi su misura per un pubblico diverso dagli addetti ai lavori, sensibilizzeremo anche i più scettici, che hanno percezioni errate o distorte del ruolo dell’agricoltura, riguardo alla necessità e ai benefici di effettuare interventi di taglio e manutenzione dei boschi”, ha evidenziato il presidente.
Il futuro del settore è rappresentato da un’impresa multifunzionale e multisettoriale che, grazie anche alla valorizzazione dei prodotti forestali non legnosi (ad esempio sughero, resina, pinoli e noci), potrebbe garantire un’economia circolare sostenibile con benefici per tutta la collettività. Occorre inoltre considerare che attualmente in tutto il mondo vengono prodotti e commercializzati volumi record di prodotti a base di legno: secondo gli ultimi dati diffusi dalla FAO, in Europa si registra un aumento del 13% dell’asportazione di legname tondo industriale in un quinquennio, con una crescita costante della produzione di segato come principale assortimento esportato, ma anche un incremento delle importazioni per oltre 5 miliardi di metri cubi. nonostante questo, la superfice forestale europea continua a crescere.
È necessario intercettare finanziamenti dedicati e risorse tecniche affinché la quantità e la qualità delle foreste nell’UE si mantengano e, anzi, si rafforzi la loro protezione, il ripristino e la resilienza”, sottolinea Allasia.
Alla luce della radicalizzazione dei cambiamenti climatici e dei fenomeni ad essi correlati (incendi, fitopatie, tempeste di vento, etc.). Confagricoltura Piemonte è impegnata in una campagna di informazione per dimostrare l’inesistenza di contraddizioni tra il garantire una maggiore produzione di legname e raggiungere gli obiettivi di conservazione dell’ambiente e del paesaggio.
Una gestione forestale sostenibile aiuta a prevenire l’abbandono della terra, gli incendi, a mitigare gli effetti delle tempeste di vento e di altre minacce, quali gli attacchi di parassiti su larga scala, che mettono a repentaglio le formazioni forestali in tutta Europa. Siamo sensibili alla tema e ne parleremo il 10 novembre prossimo all’Ecomondo di Rimini, in un convegno dal titolo ‘Energia dal bosco per la decarbonizzazione e la transizione energetica’ per il quale auspico la partecipazione di moltissimi addetti e non ai lavori”, conclude il presidente della Federazione piemontese.

L’analisi dell’Organizzazione agricola sull’anno appena trascorso

Dal dopoguerra, non si ricorda un anno così difficile per l’agricoltura come il 2022 e il 2023 si è aperto con molte incertezze, complice il delicato momento geopolitico ed economico che stiamo vivendo”. Lo ha affermato il presidente di Confagricoltura Piemonte Enrico Allasia esaminando le criticità che riguardano il settore in questo particolare momento storico: dai mutamenti climatici alla food security, dall’Europa alla Politica agricola comunitaria, dalla legge di bilancio al cuneo fiscale, dal caro energia e fertilizzanti alla proroga della moratoria dei prestiti per dare liquidità alle imprese.
Il settore primario può crescere ancora, ma se non mettiamo in campo alcune misure urgenti sull’esempio di quanto hanno fatto altri governi in Europa, noi Italiani rischiamo più degli altri”, ha proseguito Allasia, auspicando una frenata della spirale inflazionistica che sta mettendo a dura prova l’agricoltura piemontese.
In Piemonte, infatti, prosegue il calo delle imprese agricole, che negli ultimi cinque anni ha fatto registrare una contrazione di circa il 13%, passando dalle 46.667 unità del 2018 alle 40.866 di quest’anno. Rimane purtroppo stabile il numero dei giovani agricoltori, titolari del 14% delle aziende (n 6.041) censite in Regione, sintomo che non è applicata una politica sufficientemente favorevole all’insediamento degli Under 40. Si palesa quindi il serio rischio di interrompere un ricambio generazionale in grado di far eccellere nei prossimi anni, con innovazioni e nuove mentalità, il settore.
Occorre tornare a pianificare e ripensare il modello agricolo alla luce di quanto sta accadendo, attuare un piano strategico per rafforzare le filiere italiane, considerando il fatto che l’Italia riveste e dovrà rivestire ruoli sempre più importanti nei rapporti con il Bacino del Mediterraneo”, ha concluso il presidente di Confagricoltura Piemonte, imprenditore del cuneese impegnato nella promozione del territorio attraverso una campagna di informazione trasparente e coerente con la storia e le tradizioni della terra.
L’export complessivo della Regione è cresciuto del 18,1% (+14,5% l’agroalimentare) nei primi 9 mesi del 2022, per un valore di circa 49.9 miliardi di euro in più: dati che posizionano il Piemonte sul quarto gradino della classifica delle Regioni italiane esportatrici.
Continuare a sostenere l’eccellenza delle nostre produzioni è una priorità: internazionalizzazione, digitalizzazione e precision farming sono i segreti per un’economia competitiva e per far prosperare l’intero territorio”, ha affermato il direttore di Confagricoltura Piemonte Lella Bassignana, ricordando che è necessaria una tutela delle produzioni del “#madeinpiemonte” e di tutti i settori.
In ultima battuta, l’Organizzazione degli imprenditori agricoli torna a ribadire l’importanza di riportare sotto controllo la popolazione dei cinghiali selvatici, primo vettore di trasmissione della PSA (Peste Suina Africana), per evitare di affossare ulteriormente la suinicoltura regionale, comparto caratterizzato da 1.400 aziende che allevano 1,4 milioni di capi. La diffusione del virus ha spinto vari Paesi a limitare, e in alcuni casi a vietare, spesso ai fini speculativi, l’import di prodotti italiani derivati da carni suine. Stante questa situazione, l’emendamento sulle misure di contenimento della comunità di cinghiali in Italia approvato dalla commissione Bilancio della Camera è stato accolto favorevolmente dalla Confederazione. Altresì, la decisione del governo di procedere con un programma di abbattimenti la cui realizzazione sarà competenza del Comando unità per la tutela forestale, ambientale e agroalimentare dei Carabinieri, risponde alle richieste avanzate da tempo.

Ogni anno scompaiono dal Pianeta 12 milioni di ettari di foreste, con la conseguente emissione di 4,5 miliardi di tonnellate di anidride carbonica. Un dato che Confagricoltura ricorda in occasione della Giornata internazionale delle foreste, istituita dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite per portare all’attenzione dell’opinione pubblica l’importanza delle aree boschive. Aree che in Italia coprono circa 12 milioni di ettari, con un ritmo di crescita che nell’ultimo decennio è rimasto costante.
L’importanza delle foreste non è soltanto in funzione della tutela ambientale e delle biodiversità e della prevenzione dei rischi idrogeologici. Il patrimonio boschivo è fondamentale anche ai fini del conseguimento dei nuovi obiettivi che l’Europa si è data nel suo Green Deal. Insieme agli altri comparti, la selvicoltura è infatti coinvolta nel piano UE di assorbimento di 310 milioni di tonnellate di Co2 entro il 2030. Un obiettivo ambizioso, raggiungibile non solo con la tutela delle aree vincolate ma anche con una gestione efficiente delle risorse boschive attraverso i servizi ecosistemici svolti dalle aziende del comparto.
Confagricoltura ricorda che, già oggi, il settore forestale contribuisce a mitigare il bilancio nazionale delle emissioni attraverso i crediti di carbonio. Inoltre, la Confederazione evidenzia la funzione economica che i boschi italiani devono ricoprire con uno sviluppo orientato sempre di più verso modelli di circolarità. A partire dalle filiere della trasformazione del legno, fino ad arrivare a quelle dell’utilizzo dei sottoprodotti destinati alle agroenergie.
Attualmente – commenta Enrico Allasia, presidente della Federazione nazionale di prodotto delle risorse boschive di Confagricoltura l’Italia utilizza soltanto il 30% del proprio patrimonio boschivo. Il 70% del nostro fabbisogno interno è coperto dall’importazione di legname. È questo il primo gap a cui dobbiamo porre rimedio per affrontare in modo serio il tema della sostenibilità ambientale. Tra gli strumenti a nostra disposizione c’è la nuova Strategia Forestale Nazionale, di cui l’Italia si è dotata di recente”.

La Confederazione Europea dei Proprietari Forestali (Cepf) ospite della FNP Risorse Boschive e Coltivazioni legnose a Palazzo della Valle

Un’Europa all’altezza del patrimonio boschivo che la natura le ha affidato. Questa è l’aspirazione a cui la Confederazione Europea dei Proprietari Forestali (Cepf) condivide con Confagricoltura. Hubert de Schorlemer, responsabile dei rapporti tra gli aderenti al network della confederazione europea e il segretario generale del Cepf, Fanny Pomme Langue, sono stati gli ospiti di ieri a Palazzo della Valle della FNP Risorse boschive e coltivazioni legnose e del suo presidente Enrico Allasia.
L’associazione ombrello, di cui Confagricoltura è socia del 2019, comprende piccoli e medi proprietari di aree boschive, venti confederazioni nazionali e vari enti nazionali e internazionali. Complessivamente rappresenta 14 milioni di persone, titolari del 60% delle aree forestali europee. Il Cepf ha un approccio critico ma costruttivo alle politiche comunitarie, giudicate green ma poco vicine alla quotidianità degli operatori del settore. Lo dimostra la disomogeneità tra le diverse politiche che si ritrovano nel New Green Deal europeo. Un esempio è il contenuto del nuovo Regolamento sulla Deforestazione basato su una definizione di “degrado forestale”, strettamente collegata a una classificazione che stabilisce quali siano le pratiche sostenibili in bosco e quali non. Poco o nulla viene detto, però, sulle modalità con cui svolgere le attività di gestione forestale. “Per noi, invece, la gestione attiva dei boschi è un elemento fondamentale – ha commentato de Schorlemer – l’impressione che abbiamo è che la Commissione Europea sia orientata verso una crescita naturale dei boschi con un intervento umano molto limitato”.
Nonostante l’estensione dei boschi abbia raggiunto gli 11 milioni di ettari con un incremento in dieci anni di 587 mila ettari – ha ricordato il presidente Allasia – sfruttiamo solo il 30% dell’intero patrimonio boschivo, con la conseguenza che l’Italia importa il 70% del suo fabbisogno interno. Siamo i primi per import di legna da ardere e per semilavorati, quarti per la produzione di scarti destinati a produzione di energia da biomasse”.
Per il presidente della Fnp è fondamentale sburocratizzare il sistema e potenziare la programmazione. “Ottenere le autorizzazioni al taglio è difficile e i piani di assestamento e di gestione sono pochi. L’incontro con de Schorlemer e Pomme Langue è stata l’occasione per approfondire il loro lavoro. Insieme al Cepf potremo portare le problematiche del nostro settore sul tavolo della politica con maggiore efficacia”, ha concluso Allasia.