Articoli

Nuovi casi e al confine con le zone rosse già delineate, spingono gli allevatori a chiedere nuove e ingenti misure per il controllo della Peste Suina Africana

Da alcuni giorni, gli allevatori piemontesi sono tornati a manifestare la loro preoccupazione in merito alla diffusione crescente della Psa – Peste Suina Africana, ormai epidemica dal dicembre 2021. La malattia, di origine virale ed endemica nell’Africa sub – sahariana e confinata in Sardegna sino al 2007, si è diffusa in alcuni territori italiani e sta colpendo suini e cinghiali selvatici, causando un’elevata mortalità negli animali infettati. Non trasmissibile all’uomo, rappresenta tuttavia una problematica seria per il tessuto economico piemontese che vanta allevamenti di suini di elevato prestigio in termini di capi allevati e di qualità di prodotto.
Le misure messe in campo dalla Regione Piemonte, in termini di biosicurezza, rappresentano un elemento fondamentale per il contenimento dell’epidemia, soprattutto al fine di prevenire l’ingresso delle infezioni negli allevamenti ma alla luce degli ultimi casi e al ridistribuirsi dei focolai, è necessario implementare gli interventi sul territorio e rivedere i sostegni”, afferma Enrico Allasia, presidente di Confagricoltura Piemonte commentando il ritrovamento di un cadavere infetto da PSA in provincia di Asti, al limite dei confini della zona rossa.
Molti degli allevamenti nelle aree coinvolte sono ancora in attesa di ricevere il completamento dei ristori promessi e questo complica ulteriormente la situazione”, precisa Allasia. Lo scorso luglio, Confagricoltura Piemonte e Liguria avevano chiesto un Tavolo di confronto permanente con le Istituzioni regionali che, però, stenta a decollare.
Apprendiamo dell’audizione in Commissione Agricoltura della Camera, del Commissario Straordinario Vincenzo Caputo e del piano aggiornato che prevede l’abbattimento di oltre 600 mila capi di cinghiali selvatici, un numero elevato rispetto a quanto registrato finora, e a nostro avviso, difficile da raggiungere”, evidenzia il presidente regionale della Federazione degli imprenditori agricoli. “Ribadiamo la disponibilità del mondo agricolo ad agire su più fronti, in modo sinergico con le realtà locali per arginare, contenere ed eradicare la PSA. La riteniamo l’unica strada percorribile per riportare in equilibrio una situazione che è sfuggita di mano e che minaccia un comparto fondamentale dell’economia nazionale e regionale”, conclude Allasia

L’Ambito Territoriale Caccia Nord e Sud Astigiano in collaborazione con la Federazione Italiana della Caccia di Asti organizza il “Corso di formazione per soggetti attuatori dei piani di controllo della specie cinghiale”. Gli incontri avranno luogo a San Damiano, presso il Foro Boario, in Piazza 1275, 7/A, lunedì 26 e martedì 27 febbraio 2024.
Si ricorda che tale corso è obbligatorio non solo per i cacciatori, ma anche per tutte le aziende agricole che svolgono attività di autodifesa diretta e non e che in mora sono stati autorizzati dalla Provincia di Asti e che non hanno ancora partecipato.

In allegato è possibile visualizzare tutti gli argomenti trattati e le informazioni per aderire ai corsi

08_corso piani di controllo cinghiale san damiano

L’Ambito Territoriale Caccia Nord e Sud Astigiano in collaborazione con la Federazione Italiana della Caccia di Asti organizza il “Corso di formazione per soggetti attuatori dei piani di controllo della specie cinghiale”. Gli incontri avranno luogo a Nizza Monferrato, presso il Foro Boario, in Piazza Garibaldi nei giorni lunedì 6 e martedì 7 novembre 2023

In allegato è possibile visualizzare tutti gli argomenti trattati e le informazioni per aderire ai corsi

CORSO PIANI DI CONTROLLO CINGHIALE (1)

L’Ambito Territoriale Caccia Nord e Sud Astigiano (ATC), in collaborazione con la Federazione Italiana della Caccia di Asti organizza un corso di formazione per attuatori dei piani di controllo della specie cinghiale, che avrà luogo a a PIOVA’ MASSAIA (AT) Piazza San Martino presso il “PALAMENTA”, nei giorni 27 e 28 LUGLIO 2023

Per le iscrizioni è possibile contattare i seguenti numeri telefonici: 0141/593356 (Federcaccia), 0141/352135 (ATC AT1) 0141/793679 (ATC AT2) oppure inviare una mail all’indirizzo: fidc.asti@fidc.it entro e non oltre il giorno 20 luglio 2023, comunicando cognome, nome, luogo e data di nascita.

Per maggiori informazioni sul corso è possibile visualizzare e scaricare il seguente link:

163_corso piani di controllo

 

In Italia è necessario un cambio di passo nella gestione di alcune specie di fauna selvatica. Un nuovo modello che tenga insieme gli interessi delle imprese agricole e la tutela ambientale oggi è possibile”. È questo il messaggio che il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti, lancia dal convegno “Fauna selvatica e territori: conoscere per gestire”, organizzato a Viterbo dalla Confederazione e l’Ente Produttori di Selvaggina (EPS).
L’evento è servito per ribadire la vicinanza delle due organizzazioni al settore faunistico-venatorio che EPS rappresenta con ben 2.700 istituti faunistici e 5.000 soci, gestori di una superficie di 1 milione di ettari su tutto il territorio nazionale.
Sono stati presentati i dati elaborati da Ispra sulla diffusione del cinghiale, con un focus specifico sulle conseguenze che la proliferazione della specie ha sul lavoro delle imprese agricole.
La non adeguata gestione di alcune specie selvatiche ha molteplici conseguenze. A partire dalla diffusione di epizoozie che possono avere gravi effetti sulle attività economiche del settore primario, come recentemente accaduto proprio con la Peste suina africana (PSA) in varie aree dello Stivale.
Alcuni passi in avanti sono stati comunque fatti. Come gli importanti interventi presenti nella legge di Bilancio 2023 ottenuti grazie all’attenzione del Ministro dell’Agricoltura e della Sovranità Alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida.
Confagricoltura ritiene, però, che siano necessari interventi più specifici su alcuni aspetti che interessano direttamente le aziende agricole: una migliore gestione del periodo di apertura della caccia, la previsione di un maggiore selezione di alcune specie, e un più efficace sistema di risarcimento dei danni.
Confagricoltura e EPS auspicano un piano organico di interventi mirati che ponga fine alla diffusione fuori misura di alcuni esemplari di fauna selvatica anche in ambienti non caratteristici. Le conseguenze sono molte: danni alla flora locale, marginalizzazione delle imprese agricole e abbandono di interi territori in particolare montani e collinari.
Il problema della diffusione non gestita dei cinghiali coinvolge direttamente gli agricoltori, ma ormai si tratta di un fenomeno che non riguarda più soltanto il settore primario. Basti pensare ai pericoli per l’incolumità pubblica nelle zone rurali ma anche nei pressi dei centri abitati. La corretta gestione della fauna selvatica chiama tutta la società civile ad un lavoro condiviso.

I dati Ispra sulla presenza del cinghiale in Italia nel periodo 2015-2021

In Italia si conta un milione e mezzo di esemplari di cinghiale. Una proliferazione altissima la quale si sono messe in campo campagne di selezione cresciute in sette anni del 45%. L’Ispra segnala che gli abbattimenti sono stati circa 300.000 all’anno (di cui 257.000 in caccia ordinaria e 42.000 in interventi di controllo faunistico). Il 30% dei contenimenti totali è stato effettuato in Toscana.
Ingenti i danni all’agricoltura con una media annuale di oltre 17 milioni di euro. La stima complessiva è risultata di poco inferiore a 120 milioni di euro di danni per un totale di oltre 105.000 casi.
Le regioni più colpite sono Abruzzo e Piemonte con, rispettivamente, circa 18 e 17 milioni di euro nel periodo considerato. Altre tre regioni hanno fatto registrare oltre 10 milioni di danni all’anno: Toscana, Campania e Lazio.

 

L’intervento del presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti (foto: Confagricoltura)