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Non ci saranno nuovi dazi sui prodotti agroalimentari italiani destinati al mercato Usa. E’ un’ottima notizia per i nostri agricoltori e ringraziamo il governo per l’efficace azione svolta a tutela del settore”.
Il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, ha così commentato la decisione assunta dall’amministrazione americana di lasciare invariati i dazi già in vigore – pari al 25% del valore – sulle importazioni di prodotti agroalimentari dalla UE nel quadro del contenzioso sugli aiuti pubblici al consorzio Airbus. Dal 18 marzo, invece, saliranno dal 10 al 15% i dazi aggiuntivi sul settore aeronautico.
Abbiamo evitato ulteriori e gravi problemi per le nostre produzioni. Va ricordato che è stata in discussione nelle scorse settimane la possibilità di applicare i dazi su circa 2 miliardi di euro di prodotti agroalimentari in arrivo dall’Italia, vini compresi. Scampato pericolo, dunque, ma solo per il momento – ha aggiunto Giansanti – l’amministrazione USA ha infatti precisato che la decisione presa ieri potrà essere rivista, in funzione degli sviluppi del contenzioso con la UE sui sussidi pubblici ai gruppi Airbus e Boeing”.
Al riguardo, l’Organizzazione mondiale del commercio (WTO) ha autorizzato gli Stati Uniti a imporre tariffe aggiuntive sulle importazioni dalla UE per un controvalore di 7,5 miliardi di dollari.
Inoltre – ha sottolineato il presidente di Confagricolturarestano tutte le difficoltà determinate dai dazi Usa, pari al 25% del valore, applicati sulle nostre esportazioni di formaggi, salumi, agrumi e liquori. Come sosteniamo da tempo, occorre avviare un negoziato diretto con gli USA per raggiungere un nuovo accordo commerciale, che metta fine alle tensioni in atto”.
Le esportazioni del “Made in Italy” agroalimentare sul mercato statunitense ammontano a 4,5 miliardi di euro l’anno. Si tratta del primo mercato di sbocco fuori dalla UE e il terzo in assoluto. Circa la metà dell’export di settore è assicurata da vini, pasta e olio d’oliva. Per i vini, in particolare, le esportazioni verso gli USA si sono attestate a 1,3 miliardi di euro nel periodo gennaio-ottobre 2019, con una crescita di oltre il 4% sullo stesso periodo del 2018.

Gli ultimi dati relativi all’accordo Unione europea-Canada (CETA) dimostrano che l’unica strada perseguibile per rilanciare l’export, in base a principi di reciprocità ed equilibrio tra le parti, è quella dei negoziati bilaterali. L’alternativa, a seguito pure della difficoltà di intese WTO, finisce per essere quella dei rapporti di forza basati sull’imposizione di dazi e sulle inevitabili misure di ritorsione, come sta accadendo, negli ultimi tempi, tra Ue-Usa”. Lo ha dichiarato il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti.
In base alle elaborazioni del Centro Studi di Confagricoltura su dati Istat, a seguito dell’accordo CETA, le esportazioni di prodotti agroalimentari italiani sul mercato canadese sono aumentate nel complesso del 9,7% (gen-set 2019 su gen-set 2018).
Circa un quinto dell’export totale, in valore, dell’Italia verso il Canada è composto da prodotti agricoli ed agroalimentari e, di questi, quasi il 40% è costituto da prodotti vitivinicoli.
C’è sempre più interesse per vini e spumanti made in Italy di qualità, tanto è vero che le esportazioni di imbottigliato in recipienti superiori a 2 litri (come ad esempio il vino sfuso o in damigiana) sono fortemente diminuite, sia in valore, sia in quantità (-33,8%). C’è indubbiamente una fascia di consumatori che apprezzano i vini e gli spumanti italiani (+12%) di qualità, trainati dal Prosecco, e che sono disposti a spendere di più.
Il Ceta – pone in evidenza l’Organizzazione degli imprenditori agricoli – fa bene anche alle esportazioni dei nostri formaggi che, nel primo trimestre 2019, sembravano avere avuto una battuta d’arresto e che invece, tra giugno e settembre, risultano al di sopra della media mensile.
Importante nell’accordo Unione europea-Canada, ad avviso di Confagricoltura, pure la tutela delle indicazioni geografiche agroalimentari, in particolare delle dieci che rappresentano il 90% del valore dell’export di tutte le denominazioni agroalimentari del nostro Paese. E’ il caso delle denominazioni ‘Prosciutto di Parma’ e ‘Prosciutto San Daniele’ che non potevano essere utilizzate in Canada da oltre venti anni.

Si profilano nuovi rischi per il “Made in Italy” agroalimentare sul mercato degli Stati Uniti. I dazi Usa potrebbero essere applicati a breve scadenza anche su vini e olio d’oliva. Inoltre, i dazi già in vigore sulle nostre esportazioni di formaggi, salumi ed agrumi nel contesto del contenzioso sugli aiuti pubblici al consorzio Airbus potrebbero raddoppiare: dal 25 al 50%, con la conseguenza di spingere in nostri prodotti fuori mercato. “La prospettiva è particolarmente preoccupante per tutto il sistema agroalimentare italiano – sottolinea il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansantie non c’è molto tempo per reagire. Le consultazioni con gli operatori economici, promosse dall’amministrazione USA, si concluderanno il 13 gennaio prossimo. A seguire, i nuovi dazi potrebbero scattare al massimo nel giro di un mese. Siamo grati al governo per le iniziative già in corso a tutela delle nostre esportazioni. Analoghe iniziative sono state avviate anche da altri Stati membri. Continua, invece, a mancare una risposta dell’Unione europea”.

In allegato due articoli su Il Sole 24 Ore e su La Stampa di ieri, 8 gennaio 2020, dove è riportata un’intervista a Michele Chiarlo, socio di Confagricoltura Asti, e a Filippo Mobrici presidente del Consorzio della Barbera

Il Sole 24 Ore_08-01-2020

La Stampa_Asti_08-01-2020