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Si profila un nuovo record per il ‘Made in Italy’ agroalimentare. Nel 2023 le esportazioni hanno raggiunto i 64 miliardi di euro, circa il 10% sul totale delle vendite all’estero dell’Italia. Alla fine di quest’anno potrebbero far registrare un ulteriore aumento in valore nell’ordine di sei punti percentuali”. Lo ha dichiarato il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti, in occasione della giornata del Made in Italy che si è celebrata lunedì 15 aprile.
Sulle prospettive dell’economia pesano le crescenti tensioni internazionali, l’aumento del costo dei trasporti navali e dei prodotti energetici, ma se le previsioni saranno confermate, risulterebbe sostanzialmente colmato il divario nei confronti della Spagna. Un risultato che sembrava fuori portata fino a pochi anni fa”, ha sottolineato Giansanti.
In tutto il mondo, alle nostre produzioni vengono riconosciuti requisiti di gusto, qualità e sostenibilità difficilmente eguagliabili, anche perché legati all’eccellenza della Dieta Mediterranea. Dietro ai successi c’è anche l’impegno costante di tutte le imprese della filiera per interpretare i segnali che arrivano dal mercato, anticipare l’evoluzione della domanda e far crescere, grazie agli investimenti e alle innovazioni, la competitività. I punti di forza del nostro sistema sono costituiti dalla differenziazione produttiva, dalla flessibilità e dall’apertura alle innovazioni tecnologiche. Proprio per valorizzare al massimo questi requisiti competitivi sul mercato interno e a livello internazionale, Confagricoltura e Unione Italiana Food hanno costituito “Mediterranea”.
L’agricoltura italiana è stabilmente ai primi posti in Europa per valore aggiunto. Aggiungendo, quindi, ai punti di forza del settore industriale, la qualità e l’eccellenza delle produzioni agricole italiane, risulta evidente che il settore agroalimentare del Paese ha le potenzialità per diventare il ‘numero uno’ al mondo. Le nostre esportazioni possono salire nel medio termine fino a 100 miliardi di euro”, puntualizza il presidente della Confagricoltura.
Certo occorre migliorare la logistica per abbattere i costi di trasporto più alti rispetto alla concorrenza. Va rafforzata l’assistenza alle imprese che intendono cimentarsi sui mercati internazionali. Occorre puntare sull’apertura di nuovi sbocchi e sul miglioramento della presenza dove, come nel continente asiatico, risulta attualmente inferiore alle potenzialità che sono significative. In Cina, ad esempio, le esportazioni agroalimentari italiane sono attestate a soli 580 milioni di euro. In Giappone, il consumo pro-capite del Made in Italy di settore è di soli otto euro, contro i 20 che si registrano negli Stati Uniti.
Resta il fatto – conclude Giansanti – che per esportare di più occorre, prima di tutto, produrre di più. Obiettivo che può essere centrato solo se le imprese della filiera, dal campo, dagli allevamenti al prodotto finito, sono efficienti, competitive e in grado di assicurare una adeguata marginalità economica

Con l’art. 6 del DL 39/2024, entrato in vigore lo scorso 30 marzo, sono introdotti appositi obblighi comunicativi per le imprese al fine dell’utilizzo dei crediti d’imposta per gli investimenti in beni strumentali nuovi e di quelli per gli investimenti in attività di ricerca e sviluppo ed innovazione tecnologica.

Più in particolare, si richiede che le imprese inviino al Ministero delle imprese e del made in Italy, per gli investimenti che si intendono effettuare a decorrere dall’entrata in vigore del decreto legge (30.03.2024), una comunicazione preventiva, in via telematica, con l’indicazione della presunta ripartizione negli anni del credito e della relativa fruizione. Successivamente la comunicazione va aggiornata al completamento degli stessi investimenti.

L’obbligo comunicativo di completamento degli investimenti deve essere assolto anche per gli investimenti realizzati a decorrere dal 1° gennaio 2024 e fino al giorno antecedente alla data di entrata in vigore del decreto-legge.

Le comunicazioni andranno effettuate sulla base del modello adottato con decreto direttoriale 6 ottobre 2021 del Ministero dello sviluppo economico, a cui saranno apportate le necessarie modifiche da un nuovo decreto direttoriale di prossima emanazione, concernente il contenuto, le modalità e i termini di invio.

Il citato decreto subordina, inoltre, la fruizione dei crediti d’imposta maturati e non ancora utilizzati, relativi all’anno 2023, per gli investimenti in beni strumentali nuovi materiali ed immateriali, all’invio della comunicazione secondo le modalità di cui al predetto decreto direttoriale di prossima emanazione.

Ciò premesso, a titolo prudenziale, si ritiene opportuno sospendere l’utilizzo delle quote dei crediti d’imposta relative agli investimenti effettuati nel 2023 e fino al 29 marzo 2024 non ancora utilizzate in compensazione, fino all’emanazione dello stesso provvedimento del Ministero delle imprese e del made in Italy.

Resta fermo, il libero utilizzo delle quote dei crediti d’imposta 4.0 relativi agli anni 2020-2022.

In pratica, l’utilizzo da parte delle aziende di un credito legittimamente conseguito è subordinato alla presentazione telematica di un modello che, alla data odierna, non è ancora stato predisposto…….

Per citare il comico Ferrini… “Non capisco ma mi adeguo!”

A parte la battuta va da sé che Confagricoltura si è prontamente attivata per segnalare la paradossale situazione al Ministero richiedendo che la norma sia almeno vigente solo dopo l’emanazione del modello, ma in modo ancor più forte per evidenziare l’ennesimo ed ingiustificato appesantimento burocratico.

Roberto Bocchino
Giansanti: “Continueremo ad impegnarci al massimo per contribuire al progresso dell’Italia e dell’Europa”

Si chiude un anno che deve farci riflettere: cambiamenti climatici e conflitti ci fanno capire che l’agricoltura è un settore strategico e che, come Italia, dobbiamo raggiungere il 100% della capacità produttiva”. Così il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti all’assemblea invernale, che ha visto la partecipazione del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, dei Ministri Antonio Tajani, Matteo Salvini, Francesco Lollobrigida e, con contributi video, della Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni e del Ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso.
Il nuovo modello agricolo di cui il Paese ha bisogno passa attraverso investimenti e riforme. Un appello che il ministro Lollobrigida ha accolto annunciando, tra l’altro, interventi immediati a sostegno delle polizze assicurative e una riforma generale del sistema per consentire alle imprese di affrontare le emergenze climatiche e le epizoozie. Una riforma che punterà su un nuovo approccio alla gestione del rischio da parte di tutto il settore.
Dall’Auditorium Parco della Musica di Roma, palcoscenico dell’affollata assemblea confederale, arriva l’unanime convinzione dell’agricoltura quale leva fondamentale dello sviluppo economico e sociale del Paese.
Un concetto evidenziato anche dal Presidente Mattarella nel suo discorso alla platea degli imprenditori. “L’Italia – ha affermato – può giocare d’iniziativa a tutto campo in una stagione che vede insieme alimentazione, tutela dell’eco-sistema, governo del territorio e valorizzazione dei beni ambientali. È necessario rendere tutti consapevoli di quanto centrale sia oggi l’agricoltura”.
Lo dimostrano i dati: oltre 60 miliardi di euro di export per il Made in Italy agroalimentare con un trend in crescita; quasi 1,4 milioni di addetti; una filiera che rappresenta il 16% del Prodotto Interno Lordo nazionale. Non solo cibo. L’agricoltura concorre anche per quasi il 10% alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili.
La sicurezza alimentare deve essere uno dei temi prioritari della presidenza italiana del G7 – ha commentato Giansanti – così come occorre ripensare la Politica Agricola Comune a fronte dell’ingresso di nuovi Paesi nella UE dopo un adeguato periodo transitorio”.
Tra meno di un anno si svolgeranno le elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo. A seguire si insedierà una nuova Commissione. Tra i primi impegni che dovrà affrontare l’Esecutivo UE – ha spiegato – spiccano proprio le proposte sul bilancio pluriennale dopo il 2027 e una nuova riforma della Pac”.
Come imprenditori siamo consapevoli che operiamo al centro di un sistema di valori più ampio di quello economico. Per questo, continueremo ad impegnarci al massimo all’interno delle nostre imprese per contribuire al progresso dell’Italia e dell’Europa”, ha concluso Giansanti.

All’Assemblea è presente anche Asti Agricoltura con il presidente Gabriele Baldi e il direttore Mariagrazia Baravalle

 

Alcune immagini dell’Assemblea di Confagricoltura

 

 

Il Made in Italy agroalimentare ha ottenuto negli ultimi anni brillanti risultati sui mercati internazionali. Stando ai dati riportati nel Rapporto sull’agroalimentare italiano diffuso nei giorni scorsi da ISMEA, tra il 2019 e il 2022 le esportazioni di settore sono aumentate del 34%, toccando alla fine dello scorso anno il massimo storico nell’ordine di 60 miliardi di euro.
E’ salita anche la presenza sui mercati esterni all’Unione europea. Su “Il Sole 24ore” il professor Marco Fortis ha messo in evidenza che, nel periodo compreso tra il 2013 e il 2022, l’incidenza dell’Italia sulle esportazioni totali della UE destinate fuori dall’Unione è passata dal 9,5 all’11,3%. Allo stesso tempo, la quota francese è scesa dal 19,2% al 17,2%.
L’Italia ha dunque migliorato in misura importante il proprio posizionamento competitivo. Le cifre sono di assoluto rilievo. Tuttavia, restiamo ancora al di sotto di quelle che sono le potenzialità del sistema.
Nel rapporto curato da ISMEA è stato messo in evidenza che il nostro Paese “è leader mondiale per le esportazioni di trasformati di pomodoro, pasta, vino e formaggi”, ma nel complesso le esportazioni annuali agroalimentari della Spagna superano di circa 8 miliardi di euro quelle dell’Italia.
La Francia, sempre secondo ISMEA, supera l’Italia in termini di prezzo medio dei prodotti venduti all’estero. La differenza risulta particolarmente marcata per i vini. A questo riguardo può essere interessante segnalare che uno studio promosso dal Senato francese ha messo in evidenza che, al netto del valore dell’export di vini, il saldo dell’interscambio commerciale agroalimentare con gli altri Stati membri della UE sarebbe negativo.
La situazione economica internazionale è meno favorevole rispetto a quella che ha caratterizzato gli anni passati. Prevale l’incertezza dovuta al conflitto in corso in Ucraina e alle tensioni in Medio Oriente. I costi energetici saranno più elevati rispetto al passato. L’inflazione e i tassi d’interesse non torneranno vicini allo zero. Anche il ritmo di crescita del commercio internazionale di beni e servizi è destinato a rallentare. Questo scenario rafforza la necessità di agire per non interrompere la crescita delle nostre esportazioni.
Tre, in primo luogo, gli obiettivi da perseguire nell’ambito di efficaci politiche di filiera: aumentare la produzione interna di cereali in linea con le esigenze delle industrie di trasformazione; rafforzare l’organizzazione economica del settore ortofrutticolo, migliorando anche la logistica per ridurre i costi di trasporto sui mercati esteri che sono sensibilmente più alti rispetto ai nostri principali concorrenti; puntare su una migliore valorizzazione dei nostri vini in termini di qualità. Le prospettive del settore saranno sempre meno legate alle quantità prodotte.
Con un aumento del 10%, il valore aggiunto della filiera agroalimentare salirebbe di oltre 6 miliardi di euro (da 64 a 70 miliardi). E’ un traguardo realistico.

Con una produzione di pasta pari a 4 miliardi di euro nel 2022 e 2,4 miliardi di euro nei primi sette mesi del 2023 (in aumento del 6% sull’anno precedente), l’Italia detiene il primato globale, posizionandosi anche come primo esportatore. Lo sottolinea Confagricoltura in occasione del World Pasta Day che si celebra il 25 ottobre. Per la fabbricazione di questo alimento, rappresentativo del Made in Italy nel mondo, è fondamentale partire dal frumento duro, noto per l’alto contenuto di glutine che conferisce alle farine una consistenza ideale per la produzione anche di pane e di una vasta gamma di prodotti da forno.
L’Italia è prima in Europa per la coltivazione di questo cereale con 1,3 milioni di ettari dedicati e una produzione pari a 3,8 milioni di tonnellate nell’anno in corso. Il nostro Paese detiene il primato da oltre dieci anni e per mantenerlo è necessario rafforzare i rapporti tra i singoli attori della filiera fino al consumatore finale. Recentemente, infatti, sono intervenute diverse minacce esterne alla sostenibilità della produzione.
Per garantire rifornimenti all’industria, l’Italia importa frumento principalmente da Canada, Unione Europea, Kazakistan, Russia e Stati Uniti. Le importazioni italiane, per la quasi totalità originarie da questi Paesi fornitori, sono aumentate di quasi il 70 per cento nei primi sette mesi di quest’anno.
Negli ultimi dodici mesi, le imprese agricole sono state colpite da una drastica diminuzione del prezzo medio all’origine del grano duro (-30%), passando da circa 480 euro per tonnellata a 336 euro per tonnellata. Dal momento che i costi di produzione non hanno seguito la stessa tendenza al ribasso iniziale, la competitività delle imprese italiane ne ha fortemente risentito. Secondo le più recenti rilevazioni di ISMEA sui prezzi dei mezzi di produzione, infatti, dallo scorso agosto 2022 fino a giugno 2023, i costi del frumento si sono ridotti solamente del 3% circa.
Nel corso degli anni, il tasso di autoapprovvigionamento del frumento duro è stato costantemente superiore al 70%. Questo dato riflette la nostra resilienza nell’assicurare una produzione sostenibile e una solida capacità di far fronte alle sfide occasionali, legate al cambiamento climatico e ad equilibri geopolitici precari – ha dichiarato Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricolturadobbiamo tuttavia evitare di perdere potenziale produttivo rafforzando la competitività delle imprese e i legami all’interno della filiera. Quest’anno in particolare, con il conflitto russo-ucraino ancora in corso e una situazione di forte instabilità in Medio Oriente, la Giornata Mondiale della Pasta ci invita a riflettere sull’importanza dei cereali, e del grano duro in particolare, per la sicurezza alimentare globale, fonte essenziale di nutrimento per milioni di persone nel mondo e risorsa imprescindibile per un’alimentazione sana e sostenibile, elemento caratteristico della Dieta Mediterranea. Non solo, mai come ora l’interdipendenza dei mercati è tangibile e bisogna restare al passo”.
Inoltre, le restrizioni legate all’entrata in vigore della riforma della Politica Agricola Comune (PAC) nel 2023 rappresentano un ulteriore ostacolo per le produzioni. Anche se nel breve termine molte imprese italiane potrebbero essere in grado di confermare i propri investimenti per un anno, obblighi come il regime di avvicendamento biennale potrebbero limitare la capacità di spesa. A questo proposito Giansanti ha commentato: “Confagricoltura ha contestato sin dall’inizio la rotazione obbligatoria prevista nell’ambito della nuova PAC. Ora siamo al lavoro per ottenere una nuova deroga, dopo quella concessa lo scorso anno in vista di una definitiva modifica dei regolamenti di base, a beneficio dei nostri produttori che non possono perdere competitività su un prodotto cruciale per la sicurezza alimentare, locale e globale, oltre che orgoglio italiano nel mondo”.