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Siamo soddisfatti dell’esito del voto al Parlamento Europeo in merito all’attivazione di un freno di emergenza nel caso di ulteriori aumenti delle importazioni dall’Ucraina”.
Così il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti, commenta la votazione della Plenaria a Strasburgo che ha accolto favorevolmente le indicazioni di Confagricoltura per la tutela del mercato Ue, approvando gli emendamenti del PPE volti a includere frumento tenero, orzo, avena, mais e miele nell’attivazione automatica del sistema di misure di salvaguardia.
Con il voto di mercoledì si è anche inserita nella proposta originaria della Commissione la modifica che sposta il periodo di riferimento per il ripristino dei dazi sui prodotti sensibili importati dall’Ucraina dalla media 2022-2023 al 2021-2023. I tre anni tengono così conto non solo dell’eccezionale aumento dell’import post-bellico, ma anche di un’annualità ‘regolare’.
La nostra richiesta agli europarlamentari mirava proprio a fare in modo che il sostegno incondizionato all’Ucraina evitasse la destabilizzazione dei mercati agricoli nella UE. Le forti tensioni che si sono registrate negli ultimi tempi nei Paesi membri limitrofi all’Ucraina, dal blocco delle frontiere alla distruzione dei prodotti ucraini, non hanno giovato a nessuno”.
Ora – conclude Giansanti – auspichiamo che i legislatori europei confermino anche in sede di Trilogo la linea indicata dal Parlamento Europeo”.

In seguito al parere positivo, annunciato dalla Commissione Europea all’apertura del negoziato per l’adesione dell’Ucraina nella UE, Confagricoltura ha dichiarato di ritenere particolarmente complessa la trattativa sul capitolo agricolo che dovrà seguire, per l’impatto finanziario e per ragioni di stabilità dei mercati.
In un documento redatto dal Segretariato Generale del Consiglio in vista della recente riunione informale dei capi di Stato e di governo a Granada, in Spagna, è stato indicato che, a legislazione invariata, il costo dell’adesione dell’Ucraina ammonterebbe a poco meno di 190 miliardi di euro nell’arco di sette anni, che è la durata del bilancio pluriennale della UE.
Per l’agricoltura, in particolare, l’estensione all’Ucraina della PAC in vigore determinerebbe maggiori spese nell’ordine di 96 miliardi di euro in sette anni. A bilancio invariato, per compensare i maggiori oneri, i trasferimenti agli agricoltori dei 27 Stati membri dovrebbero essere tagliati di almeno il 20% rispetto ai livelli attuali.
L’attuale dotazione finanziaria della PAC, pari allo 0,4% del PIL dei 27 Stati membri, è chiaramente inadeguata a reggere l’impatto del nuovo allargamento della UE“, sottolinea il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti. Gli elementi critici del nuovo allargamento della UE vanno al di là degli aspetti strettamente finanziari, l’adesione dell’Ucraina è potenzialmente in grado di compromettere il regolare funzionamento dei mercati agricoli. Come dimostrano le tensioni sorte con gli Stati membri confinanti per le importazioni e il transito di grano ucraino.
A seguito dell’aggressione russa, sono stati sospesi i dazi doganali e i contingenti sui prodotti agroalimentari dell’Ucraina destinati al mercato europeo. Nel giro di un anno, stando ai dati della Commissione Europea, le importazioni dall’Ucraina sono praticamente raddoppiate. Alla fine del 2021, ammontavano a circa 7 miliardi di euro, saliti a più di 13 a dicembre dello scorso anno. Nei primi sei mesi del 2023 si è registrato un ulteriore aumento del 45% in valore sullo stesso periodo del 2022. Alla luce di queste cifre, l’Ucraina è diventata il terzo fornitore di prodotti agroalimentari della UE, dopo Regno Unito e Brasile, andando ad occupare la posizione finora detenuta dagli Stati Uniti. Cereali, semi oleosi, colture proteiche e pollame, i prodotti più esportati dall’Ucraina negli Stati membri dell’Unione.
Dovrà quindi essere fissato un congruo periodo transitorio prima della piena applicazione della PAC in Ucraina. Il periodo di transizione dovrà servire anche per l’adeguamento alle regole dell’Unione in materia di sicurezza alimentare, protezione dell’ambiente e delle risorse naturali, in modo da non squilibrare la concorrenza con gli altri stati membri.

L’accordo sul grano dal Mar Nero che ha consentito l’esportazione via mare di oltre 30 milioni di tonnellate di cereali e semi oleosi prodotti in Ucraina non è stato rinnovato. La decisione presa dalla Federazione Russa, che continua a utilizzare il cibo come un’arma e strumento di pressione per allentare le sanzioni nei suoi confronti, fa salire l’instabilità sui mercati internazionali e favorisce la speculazione.
E’ dunque da mettere in preventivo un rialzo dei prezzi delle commodities che, secondo l’indice della FAO, sono in costante diminuzione da un anno rispetto al picco raggiunto nel marzo 2022. A questo proposito, va comunque considerato che, sul piano delle scorte globali, la situazione è diversa da quella in essere nel luglio dello scorso anno, quando l’accordo fu sottoscritto. Allora, ad esempio, le giacenze di mais erano al minimo da sei anni. Ora, stando alle previsioni del dipartimento di Stato USA all’agricoltura, si attesteranno a fine campagna 2023-2024 sul livello più elevato da cinque anni. Anche le scorte di grano sono previste in crescita.
In questo contesto vi è tuttavia un altro elemento critico, in particolare per l’Europa. Il mancato rinnovo dell’accordo, secondo Confagricoltura, potrebbe avere come conseguenza un ulteriore sensibile aumento dei flussi di prodotti ucraini sul mercato europeo, anche per effetto della sospensione dei dazi doganali decisa dalla UE lo scorso giugno, con il risultato di innescare ulteriori pressioni al ribasso delle quotazioni. Per il grano tenero già si sconta in Italia un taglio di circa il 30% rispetto ai prezzi del 2022.

Confagricoltura ha preso parte lo scorso 26 aprile alla Conferenza bilaterale per la ricostruzione dell’Ucraina. A intervenire per la Confederazione il componente di giunta Nicola Cilento, che ha fornito un quadro dell’Organizzazione agricola più antica d’Italia e analizzato la situazione del settore primario in relazione al conflitto in atto da ormai più di un anno.
L’aggressione russa all’Ucraina – ha affermato Cilento – ha spinto le istituzioni europee a dare maggiore priorità al processo di integrazione. In questo iter, l’Ucraina rappresenta un Paese dal grande impatto agricolo e demografico, capace, solo con il proprio ingresso nell’UE, di ridisegnare la geografia dell’Unione, dispiegando un peso politico di elevata caratura e obbligando, a suo tempo, a rivedere interamente la PAC, ridimensionando il quadro finanziario pluriennale europeo”.
La guerra ha generato una grave destabilizzazione a livello di sicurezza alimentare globale, viste le ingenti quantità di grano e semi oleosi che l’Ucraina esportava in tutto il mondo, ponendola al terzo posto a livello internazionale per export agricolo.
Dopo lo scoppio del conflitto, la ratifica dell’Accordo del Mar Nero siglato sotto l’egida dell’ONU ha rappresentato un passaggio significativo per la sicurezza alimentare, evitando una crisi che avrebbe spinto alla fame gran parte del continente africano.
Un investimento mirato sull’agroindustria ucraina – ha spiegato Cilento – permetterebbe l’esportazione di materie trasformate, evitando disequilibri di offerta produttiva di alcune materie prime come il mais, il grano o i semi oleosi. Inoltre, investire sull’agroindustria del Paese significherebbe generare valore aggiunto in loco e favorire l’occupazione”.
La realizzazione di un sistema agroindustriale solido renderebbe l’Ucraina un partner strategico per gli Stati membri, che importerebbero prodotti già trasformati senza dazi interni, evitando così di creare un pericoloso disequilibrio nel mercato interno.
La sospensione da parte dell’UE dei dazi sui prodotti agricoli importati dall’Ucraina – ha ricordato Cilento – ha comportato un precedente con cui il Paese si è insediato, nel giro di un anno, al terzo posto tra i fornitori di prodotti agricoli per l’Europa. Per questo, alcuni Stati membri dell’Est europeo hanno posto in essere degli accordi per non collocare i prodotti agricoli sul proprio territorio, evitando così gravi squilibri di mercato nazionale”.
E’ rilevante – aggiunge Confagricoltura – il ruolo dell’Ucraina per supplire alla carenza di materie prime, tra cui i fertilizzanti, originariamente importati in massa dalla Russia. Nel processo di ricostruzione, il Paese potrebbe pertanto sviluppare un sistema di produzione dei fertilizzanti utile a ridurre la dipendenza europea dai Paesi terzi, fra cui la Russia.
Il percorso di adesione all’UE portato avanti dalle istituzioni europee mostra un elevato livello di fiducia e una propensione ad assicurare un futuro più certo ai cittadini ucraini, conclude Confagricoltura. L’Ucraina rappresenta in questo momento storico un baluardo della democrazia e, come tale, deve essere preservato nelle sue fondamenta, garantendo al contempo una transizione rapida e irreversibile verso il sistema UE, sviluppando un progresso agroindustriale capace di salvaguardare e valorizzare la vocazione esportatrice del Paese.

Nella foto a destra, al podio, Nicola Cilento

Si comunica che l’AGEA ha provveduto a determinare gli importi unitari dei contributi destinati ai settori zootecnici in crisi di cui al DM 8 luglio 2022 n. 304905. Tali aiuti, che ricordiamo si collocano nell’ambito del Quadro temporaneo TF Ucraina, sono stati fissati ai sensi dell’art.4 comma 12 del decreto stesso che dispone che “Fermo restando il limite massimo individuato nei commi precedenti, l’importo unitario dell’aiuto è determinato in base al rapporto tra l’ammontare dei fondi stanziati e il numero dei capi per i quali è stata presentata la domanda di aiuto.”
In allegato le Istruzioni Operative n. 20 emanate da AGEA nelle quali è possibile trovare la tabella riepilogativa dell’importo unitario per ciascuna filiera oggetto di intervento. Al riguardo si specifica che l’importo riferito a BOVINI RAZZE AUTOCTONE deve intendersi riferito sia alle Vacche che ai Bovini (interventi che hanno fatto registrare richieste riferite complessivamente a 196.425 capi).

Agea_contributi TF Ucraina