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Per ridurre al minimo il rischio di deforestazione e degrado forestale legato ai prodotti importati nell’Unione Europea o esportati dalla stessa, il Consiglio e il Parlamento Europeo hanno raggiunto un’intesa provvisoria (in corso di approvazione formale).
Secondo Bruxelles l’UE consuma e commercia grandi quantità di materie prime che contribuiscono in modo considerevole alla deforestazione. Le nuove norme mirano a garantire che, acquistando tali prodotti, i consumatori non favoriscano loro malgrado un ulteriore degrado degli ecosistemi forestali.
L’accordo provvisorio impone norme obbligatorie di dovuta diligenza a tutti gli operatori e commercianti che immettono o mettono a disposizione sul mercato dell’Unione o esportano bovini, cacao, caffè, olio di palma, soia, legno, gomma, carbone, prodotti di carta stampata e una serie di derivati dell’olio di palma. Tra due anni sarà effettuato un riesame per vedere se altri prodotti debbano essere contemplati.
Il 31 dicembre 2020 è la data di partenza per l’applicazione dell’accordo, il che significa che solo quanto è stato prodotto su terreni che non sono stati oggetto di deforestazione o degrado forestale dopo tale data potrà entrare nel mercato dell’Unione o essere esportato.

Con l’avvicinarsi dell’entrata in vigore del nuovo regime della PAC per gli anni 2023-2027, è opportuno effettuare alcune riflessioni sull’impatto che le novità della prossima riforma possono avere sui contratti di affitto di fondi rustici, con particolare riguardo al rapporto tra concedente ed affittuario ed alla determinazione contrattuale del canone.
Molti aspetti della riforma sono contenuti nei Piani strategici della PAC che anche l’Italia, come gli altri Paesi dell’Unione Europea, ha redatto e trasmesso alla Commissione, e che non sono in questo momento ancora approvati.
In particolare, risultano ancora in sospeso le definizioni di “attività agricola”, “superficie agricola” e di “ettaro ammissibile”, ma anche quelle di “agricoltore in attività”, “giovane agricoltore” e di “nuovo agricoltore”.
Si sa già però che la disciplina dei pagamenti diretti subirà importanti modifiche. Le principali novità riguardano il sistema dei pagamenti disaccoppiati, l’istituzione degli “ecoschemi” e del pagamento ridistributivo e la ridefinizione dei pagamenti accoppiati, che saranno sempre erogati con il sistema di titoli storici, che verranno ricalcolati nel 2023 con un metodo che determinerà di fatto un dimezzamento del valore del titolo attuale, incluso il relativo premio di greening. Successivamente, dal 2023 al 2026, il valore potrà diminuire o aumentare rispettivamente se il valore ricalcolato si attesterà su un valore superiore o inferiore alla media del valore dei titoli.
Il quadro normativo sarà quindi definito solo a seguito dell’approvazione del piano strategico della PAC, delle conseguenti disposizioni attuative che dovrà dettare il Ministero dell’Agricoltura e delle procedure esecutive che dovrà adottare Agea.
Questa situazione di incertezza ha conseguenze anche sui diversi tipi contratti agrari, per i quali l’alterazione del valore dei titoli a seguito della riforma può costituire una variabile rilevante soprattutto nel caso in cui i titoli appartengano al proprietario e vengano trasferiti con la terra.
Quindi, una prima considerazione che ad oggi è possibile fare, laddove le situazioni contrattuali lo consentano e qualunque sia la situazione contrattuale in cui le parti si trovano, è quella di orientarsi verso la stipula di contratti di durata annuale, così da spostare la trattativa fra le parti a un periodo temporale in cui il quadro sarà più chiaro.
Si tratta, è evidente, di una soluzione transitoria, che nasce dall’impossibilità di valutare in pieno la quantificazione del valore del titolo. Gli esperti delle Unioni Agricoltori sono in grado e di fornire ragguagli sull’evoluzione della riforma Pac e di consigliare e assistere gli interessati sull’argomento, individuando la miglior soluzione per ogni caso specifico.

Le imprese agricole non sono assolutamente in grado di assorbire ulteriori aumenti dei costi energetici che, nei soli primi tre mesi di quest’anno, sono aumentati di oltre il 18% sullo stesso periodo del 2021. Senza il blocco del prezzo del gas a livello europeo e il varo di nuove misure a supporto della liquidità – dichiara la Giunta esecutiva di Confagricolturac’è il rischio imminente che un elevato numero di imprenditori del nostro settore sia costretto a sospendere o a ridurre l’attività produttiva. Di conseguenza, calerebbero le forniture ai mercati e alle industrie di trasformazione, a vantaggio delle importazioni da Paesi in cui i costi energetici sono inferiori”.
Prendendo poi in esame le decisioni, annunciate dal governo tedesco, di fissare un tetto sul prezzo del gas a livello nazionale e di stanziare 200 miliardi di euro a sostegno di famiglie e aziende, Confagricoltura ritiene che queste scelte unilaterali degli Stati membri determinano una vera e propria distorsione di concorrenza tra le imprese.
Il regolare funzionamento del mercato unico non può dipendere dalla capacità di spesa dei bilanci statali”, sottolinea il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti. “Il sostegno alle imprese deve essere attuato a livello europeo, riproponendo le misure comuni già attuate durante la pandemia a tutela dell’occupazione oppure autorizzando gli Stati membri a ridurre i costi energetici utilizzando una parte dei fondi già assegnati dall’UE per altre finalità, ma non ancora impegnati”.
Nonostante l’intensità della crisi in atto l’Unione Europea ha mantenuto invariati gli stanziamenti all’agricoltura. “Non solo ma dal prossimo anno – fa notare la Giunta confederale – i sostegni comunitari subiranno una progressiva riduzione del 15% in termini reali”.

L’indipendenza energetica renderà più forte l’Unione Europea. Pieno apprezzamento, quindi, al piano “RePower Eu” presentato oggi dalla Commissione; ma è anche fondamentale salvaguardare la sicurezza alimentare di cui beneficiano i cittadini dell’Unione”. Lo ha detto il presidente della Confagricoltura Massimiliano Giansanti, che ha aggiunto: “Non dimentichiamo che i capi di Stato e di governo hanno chiesto alla Commissione di ridurre la dipendenza dalle importazioni di prodotti agricoli di base”.
Il Piano della Commissione affida una parte di assoluto rilievo alle energie rinnovabili, anche nell’ottica della sostenibilità ambientale. Il contributo del nostro settore può senz’altro crescere”, rileva il presidente di Confagricoltura. Non convince, però la facoltà prevista per gli Stati membri di ridurre fino al 12,5% la dotazione finanziaria dei programmi per lo sviluppo rurale, per finanziare le nuove iniziative del “RePower Eu”.
Da ricordare, inoltre, che il bilancio pluriennale della UE per il nostro settore è già stato ridotto in termini reali rispetto alla precedente programmazione. Le imprese agricole possono produrre cibo in modo sempre più sostenibile e contribuire, allo stesso tempo, al processo verso la neutralità climatica – conclude Giansanti – solo se sono efficienti e competitive”.

La carenza di fertilizzanti avrebbe un impatto devastante sulla quantità e sulla qualità delle produzioni agricole a livello mondiale. Serve un’iniziativa in ambito europeo – dichiara il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansantiper far fronte a una situazione che non sarà di breve durata, a causa dello straordinario aumento del prezzo del gas”.
Negli ultimi giorni – segnala Confagricoltura – si sono registrati ripetuti annunci di tagli dell’attività da parte delle principali imprese produttrici di fertilizzanti. Alla chiusura di alcuni stabilimenti nel Regno Unito, si è aggiunto l’annuncio del taglio del 40% della produzione in Europa da parte di uno dei principali produttori a livello mondiale di ammoniaca – da cui si ricavano i fertilizzanti – e primo operatore italiano del settore. In Italia, il mercato dei fertilizzanti vale circa un miliardo di euro.
Il settore agricolo è già sottoposto a una crescita record dei costi di produzione che non vengono generalmente trasferiti sui prezzi di cessione dei prodotti”, sottolinea Giansanti.
L’ulteriore aumento dei prezzi dei fertilizzanti, o addirittura una prolungata carenza, porterebbe fuori controllo la situazione sotto il profilo economico e produttivo, con possibili ripercussioni sociali nei Paesi meno avanzati, dove la spesa per l’alimentazione ha un’incidenza elevata sul costo della vita”.
A livello mondiale, ci sono segnali di vero e proprio accaparramento. In questa situazione di emergenza – puntualizza il presidente di Confagricolturaandrebbe anche valutata l’ipotesi di procedere con acquisti centralizzati di fertilizzanti da parte dell’Unione Europea”.
In Italia l’uso di prodotti chimici è in costante calo da anni – conclude Giansanti – ed è in atto un processo condiviso tra agricoltura e industrie di settore per una accresciuta tutela delle risorse naturali, grazie alla ricerca, alle innovazioni e agli investimenti”.
Occorre, però, essere consapevoli che i fertilizzanti continuano ad essere fondamentali per ottenere quantità e rese adeguate. E livelli qualitativi in linea con le esigenze del mercato”.