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Dopo la prolungata sospensione dovuta alla pandemia e all’invasione dell’Ucraina, era scontato il ripristino della “governance” europea sull’andamento e sull’evoluzione dei conti pubblici negli Stati membri. Va inoltre sottolineato che, grazie anche al lavoro svolto dal governo, il nuovo Patto è migliore di quello precedente. I margini di flessibilità sono più ampi e più aderenti alla realtà”. Lo dichiara il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti, a proposito del via libera definitivo al nuovo Patto di stabilità e crescita.
È chiaro che il rispetto delle nuove regole comporterà delle necessarie correzioni ai fini della stesura della legge di bilancio per l’anno prossimo – prosegue Giansanti – anche perché va messa in preventivo, a metà giugno, una procedura d’infrazione per deficit”.
Assicuriamo fin d’ora la massima collaborazione al Governo – spiega il presidente della Confederazione – per le decisioni che dovranno essere assunte nell’ottica del sostegno ai redditi più bassi, della salvaguardia del ciclo economico e per la competitività delle imprese. Al riguardo, presenteremo un apposito pacchetto di proposte”.
Abbiamo un nuovo Patto di stabilità dei conti pubblici – aggiunge – ma intanto resta grave la carenza di strumenti comuni in grado di arrestare la progressiva marginalizzazione del sistema economico della UE, per via di investimenti inadeguati e conseguente taglio della produttività a causa del nuovo quadro europeo. Senza risorse finanziarie adeguate e incentivi pubblici agli investimenti per le innovazioni, anche l’autonomia alimentare della Ue è a rischio”, rimarca il presidente di Confagricoltura.
Il futuro dell’Unione Europea dipende dalle decisioni che saranno assunte, in particolare, sul debito comune per gli investimenti e sul mercato unico dei capitali. Il nuovo Patto di stabilità assolutamente non basta, con un bilancio dell’Unione fermo all’1% del PIL degli Stati membri”, conclude Giansanti.

In seguito al parere positivo, annunciato dalla Commissione Europea all’apertura del negoziato per l’adesione dell’Ucraina nella UE, Confagricoltura ha dichiarato di ritenere particolarmente complessa la trattativa sul capitolo agricolo che dovrà seguire, per l’impatto finanziario e per ragioni di stabilità dei mercati.
In un documento redatto dal Segretariato Generale del Consiglio in vista della recente riunione informale dei capi di Stato e di governo a Granada, in Spagna, è stato indicato che, a legislazione invariata, il costo dell’adesione dell’Ucraina ammonterebbe a poco meno di 190 miliardi di euro nell’arco di sette anni, che è la durata del bilancio pluriennale della UE.
Per l’agricoltura, in particolare, l’estensione all’Ucraina della PAC in vigore determinerebbe maggiori spese nell’ordine di 96 miliardi di euro in sette anni. A bilancio invariato, per compensare i maggiori oneri, i trasferimenti agli agricoltori dei 27 Stati membri dovrebbero essere tagliati di almeno il 20% rispetto ai livelli attuali.
L’attuale dotazione finanziaria della PAC, pari allo 0,4% del PIL dei 27 Stati membri, è chiaramente inadeguata a reggere l’impatto del nuovo allargamento della UE“, sottolinea il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti. Gli elementi critici del nuovo allargamento della UE vanno al di là degli aspetti strettamente finanziari, l’adesione dell’Ucraina è potenzialmente in grado di compromettere il regolare funzionamento dei mercati agricoli. Come dimostrano le tensioni sorte con gli Stati membri confinanti per le importazioni e il transito di grano ucraino.
A seguito dell’aggressione russa, sono stati sospesi i dazi doganali e i contingenti sui prodotti agroalimentari dell’Ucraina destinati al mercato europeo. Nel giro di un anno, stando ai dati della Commissione Europea, le importazioni dall’Ucraina sono praticamente raddoppiate. Alla fine del 2021, ammontavano a circa 7 miliardi di euro, saliti a più di 13 a dicembre dello scorso anno. Nei primi sei mesi del 2023 si è registrato un ulteriore aumento del 45% in valore sullo stesso periodo del 2022. Alla luce di queste cifre, l’Ucraina è diventata il terzo fornitore di prodotti agroalimentari della UE, dopo Regno Unito e Brasile, andando ad occupare la posizione finora detenuta dagli Stati Uniti. Cereali, semi oleosi, colture proteiche e pollame, i prodotti più esportati dall’Ucraina negli Stati membri dell’Unione.
Dovrà quindi essere fissato un congruo periodo transitorio prima della piena applicazione della PAC in Ucraina. Il periodo di transizione dovrà servire anche per l’adeguamento alle regole dell’Unione in materia di sicurezza alimentare, protezione dell’ambiente e delle risorse naturali, in modo da non squilibrare la concorrenza con gli altri stati membri.

L’UE, riunita in Plenaria, ha discusso la questione della diffusione del lupo, dopo che la Commissione ha chiesto nuovi dati, in vista di una possibile revisione dello stato di protezione. Numerosi parlamentari hanno chiesto la revisione dello stato di protezione dal momento che sono sempre più frequenti attacchi di lupi ad animali, e anche a persone, mentre altri hanno chiesto il potenziamento di misure alternative agli abbattimenti, quali cani da guardiania e recinti. Tra i punti sollevati a favore di maggiori abbattimenti, è stato più volte ribadito che il lupo non è più una specie in via d’estinzione e che, con i suoi attacchi, rischia di incidere negativamente sulla biodiversità.
Inoltre, sempre più allevatori si vedono costretti ad abbandonare la loro attività per i danni causati dai lupi, mentre per mantenere l’equilibrio naturale occorre preservare anche gli interessi degli uomini, in quanto vivono e lavorano in queste zone. Gli eurodeputati contrari a maggiori abbattimenti dei lupi hanno invece sottolineato come sia possibile la coesistenza, e come si debbano al contrario rafforzare i fondi e i sostegni per le misure alternative citate in precedenza, e i risarcimenti economici per gli allevatori i cui capi vengono attaccati. Nel corso della discussione si è potuto anche notare la differenza tra regioni dell’UE, alcune delle quali non colpite da fenomeni di questa portata.
Per quanto riguarda l’Italia si stima la presenza di oltre 3.000 lupi, con oltre la metà in Piemonte. Negli ultimi anni si sono spesi oltre 9 milioni di euro per risarcire gli allevatori, colpiti da oltre 50.000 predazioni. I numeri però sono potenzialmente maggiori, in quanto molti allevatori non denunciano più gli attacchi.
La Commissione Europea ha avviato il processo interno per una possibile revisione e dati in corso di raccolta serviranno per capire se questa revisione sia necessaria o meno, nonché per garantire eventualmente maggiore flessibilità agli Stati membri per intervenire.

La corsa al rialzo dei prezzi al consumo rallenta, ma l’inflazione è ancora troppo alta. Pertanto, potrebbero essere necessari nei prossimi mesi ulteriori aumenti dei tassi di interesse. In ogni caso, i tassi resteranno sostanzialmente invariati sui livelli in essere per un periodo non breve. E’ questo, in sintesi, il messaggio lanciato dai vertici delle banche centrali riuniti nei giorni scorsi negli USA. Per quanto riguarda la zona dell’euro, i tassi di interesse potrebbero aumentare nonostante i crescenti segnali di rallentamento dell’attività economica, a partire dalla Germania che è il primo mercato di sbocco per le esportazioni agroalimentari italiane. L’aumento dei tassi di interesse determinerebbe per le imprese un ulteriore rialzo dei costi di produzione. Si ridurrebbe, inoltre, la propensione agli investimenti, mentre sono già salite le spese per l’acquisto dei carburanti e desta preoccupazione il rialzo dei “futures” per le consegne autunnali del gas.
In questo scenario, saranno fondamentali i contenuti della prossima legge di bilancio che sarà complicata, come hanno già rilevato alcuni ministri, anche perché – a meno di cambiamenti di programma – tornerà in vigore, sia pure con modalità riviste, il Patto di stabilità e crescita della UE in materia di conti pubblici. Intanto, il governo tedesco ha annunciato un programma di incentivi agli investimenti e tagli degli oneri fiscali a favore delle imprese per un ammontare di 7 miliardi di euro l’anno dal prossimo anno fino al 2028.
I margini di manovra sono limitati e devono essere selezionate le priorità, ha sottolineato la presidente del Consiglio Meloni. Secondo Confagricoltura, tra le priorità rientrano la difesa del potere d’acquisto delle famiglie a sostegno dei consumi e gli incentivi alle imprese per la continuità degli investimenti ai fini della transizione ecologica e per le innovazioni. Con interventi mirati al contenimento dei costi, si riducono le spinte al rialzo dei prezzi lungo le catene di produzione fino ai consumatori.
Va confermato e reso strutturale il taglio del cuneo fiscale, da estendere anche alle imprese. Una parte delle risorse previste nel capitolo “Repower, inserito nella revisione del Piano nazionale di ripresa e resilienza all’esame della Commissione europea, va utilizzata per limitare il “caro bollette” per famiglie e imprese.
In contemporanea con il dibattito interno sulla legge di bilancio, ripartirà nelle prossime settimane, a Bruxelles, il negoziato per la revisione di medio periodo del bilancio pluriennale della Ue fino al 2027. Si punta a raggiungere l’intesa entro la fine dell’anno corrente.
Nella proposta presentata a giugno dalla Commissione sono stati chiesti finanziamenti aggiuntivi agli Stati membri per un ammontare di 66 miliardi di euro, ma il bilancio destinato all’agricoltura resterebbe invariato nonostante la perdita di valore reale degli aiuti diretti al reddito e degli incentivi agli investimenti causata dall’inflazione.
Non sono ancora disponibili dati ufficiali, ma dalle prime indicazioni risulta un calo delle domande presentate dagli agricoltori negli Stati membri. In Francia, secondo quanto dichiarato dal ministro dell’Agricoltura, circa il 10% dei produttori richiedenti gli aiuti di base al reddito ha rinunciato ai maggiori sostegni previsti dagli “ecoschemi” varati per rafforzare la valenza ambientale dell’attività agricola.
L’ultima riforma della politica agricola comune (PAC) è vistosamente inadeguata rispetto alle esigenze che si sono manifestate a seguito della pandemia e dell’aggressione russa all’Ucraina. Tuttavia, in una fase in cui la sicurezza e l’indipendenza alimentare, sono tornate in primo piano, il “disinteresse” degli agricoltori nei confronti della PAC è motivo di preoccupazione. Ecco perché risulta indispensabile incrementare i fondi assegnati al bilancio agricolo dell’Unione.
Occorre anche aumentare la dotazione della riserva di crisi della PAC, da utilizzare come strumento di intervento rapido e diretto per ristorare i danni, ormai ricorrenti e diffusi, provocati dal cambiamento climatico.

Stando alle previsioni illustrate oggi dalla Commissione Europea, si è ridotto sensibilmente il rischio di una recessione economica nel corso di quest’anno. Per Confagricoltura si tratta di una notizia senz’altro positiva che sta a dimostrare la solidità e la reattività del sistema produttivo nella UE e in Italia. Positivo anche l’andamento dell’indice FAO sui prezzi dei prodotti agroalimentari in calo da dieci mesi consecutivi. Nei confronti del picco di marzo 2022 la diminuzione sfiora il 2%, anche se l’inflazione resta elevata a livello globale (nonostante il calo dell’ultimo periodo per effetto della drastica contrazione in atto dei prezzi del gas).
Tuttavia, la Confederazione invita a non lasciarsi andare a facili entusiasmi dato che il quadro di riferimento resta incerto anche per quanto riguarda la sicurezza alimentare. Stando ad un documento congiunto diffuso in questi giorni dalle principali organizzazioni internazionali – tra le quali FAO, Banca mondiale e Organizzazione mondiale del commercio –, “l’approvvigionamento alimentare globale potrebbe scendere nel 2023 al di sotto del livello medio degli ultimi tre anni”.
A causa dell’invasione russa, i raccolti agricoli di cereali e mais in Ucraina sono previsti in calo di circa il 40%. La conseguenza sarà la riduzione delle esportazioni. Inoltre, a metà marzo scadrà l’accordo sull’export via mare di prodotti agroalimentari ucraini e il suo rinnovo non può esser dato per scontato. Grazie all’accordo in questione, reso possibile dalla mediazione delle Nazioni Unite, oltre 20 milioni di tonnellate di grano sono state finora destinate ai paesi meno avanzati.
Anche quest’anno spetterà all’Unione Europea di evitare con le proprie esportazioni agroalimentari l’instabilità dei mercati e scongiurare il rischio di una crisi alimentare su scala globale. Per l’Unione Europea, il potenziale produttivo dell’agricoltura costituisce un asset strategico da salvaguardare.