Articoli

La pesante ondata di gelo che ha investito gran parte del territorio nazionale, nelle notti dei primi dieci giorni di aprile, ha causato enormi danni al settore agricolo italiano. Tra i settori maggiormente colpiti troviamo purtroppo l’ortofrutta per la quale si registrano perdite ingenti su moltissime produzioni, tra le quali in particolare drupacee e kiwi.
Non si è trattato di un evento isolato in quanto, già dalla seconda metà del mese di marzo, in molti territori le temperature erano scese al di sotto dello zero causando danni ingenti alle varietà più precoci. Successivamente un’ondata di caldo anomalo, con temperature diurne quasi estive, aveva accelerato il risveglio vegetativo e così, l’intenso gelo delle notti tra il 7-8 aprile, ha causato danni molto gravi. In tale complessa situazione Confagricoltura si è subito attivata per effettuare una prima stima dei danni che si è attestata in un miliardo di euro e per “sensibilizzare” le istituzioni nazionali ed europee a mettere in atto azioni per aiutare le aziende colpite e favorire la ripresa economica di un comparto pesantemente danneggiato.
Confagricoltura ha evidenziato al Copa Cogeca gli ingenti danni riportati dal comparto ortofrutticolo e ha sottolineato il contesto sfavorevole in cui questa avversità si è manifestata. Purtroppo infatti, questa preoccupante situazione si è aggiunta alle gelate che hanno interessato, già lo scorso anno, alcuni importanti areali produttivi nazionali e, si è inserita in un contesto già colpito dalla pandemia e che sta facendo i conti anche con i danni derivanti dalla cimice asiatica. Confagricoltura ha pertanto chiesto alla Commissione di prevedere misure straordinarie aggiuntive a livello europeo per i produttori colpiti dalla calamità ed ha richiesto maggiore flessibilità in ambito OCM. Considerato che, l’avversità climatica che ha colpito il nostro Paese, ha interessato anche altri Paesi dell’UE – in particolare Francia, Spagna, Austria, Grecia – la proposta avanzata dall’Italia è stata ampiamente condivisa da numerose organizzazioni europee ed è stata accolta dal Copa-Cogeca che ha inviato una lettera alla DG Agri contenente diverse istanze. La lettera riassume la difficile situazione causata dall’eccezionale ondata di gelo registrata in diversi Paesi dell’Ue, segnala i prodotti maggiormente colpiti (pesche, nettarine, albicocche, Mandorle, prugne, etc..), fornisce una prima stima dei danni per Italia (stima di Confagricoltura) e Francia e propone alcune prime misure di intervento. Nello specifico, il Copa-Cogeca chiede di mettere in atto tutte le misure straordinarie aggiuntive per compensare i produttori colpiti, di estendere anche per il 2021 le deroghe introdotte nel 2020 per il Covid ai PO delle OP e di prevedere una maggiore flessibilità per le regole riguardanti il calcolo del VPC nelle regioni colpite dalla gelata.
Un primo positivo risultato dalle istituzioni è stato ottenuto lunedì in occasione della riunione dei ministri agricoli della UE in videoconferenza in occasione della quale il Ministro Patuanelli ha sollevato il problema dei danni delle gelate che hanno colpito in particolare il settore ortofrutticolo e quello vitivinicolo.

L’Unione Europea sta rivedendo e disposizioni sull’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari (Direttiva 128/09/CE). La revisione della direttiva – chiarisce Confagricoltura – si rende necessaria da un lato per rispondere agli obiettivi stabiliti nell’ambito della strategia “Dal produttore al consumatore” e della strategia per la biodiversità, dall’altro per tenere conto dei risultati emersi da una specifica relazione preparata dalla Commissione nel 2020, in cui sono state individuate carenze nell’attuazione, nell’applicazione e nell’esecuzione di vari elementi della direttiva sull’utilizzo sostenibile dei prodotti fitosanitari da parte degli Stati membri. Tra queste mancanze spicca in particolar modo l’assenza di chiari obiettivi quantitativi a livello di singoli Paesi e il ritardo accumulato dalla maggior parte degli Stati membri (tra i quali l’Italia) nel riesame dei rispettivi piani d’azione nazionali (PAN) entro il termine stabilito di cinque anni (entro il 2020).
Confagricoltura, che ha fornito il proprio contributo alla consultazione, ha rimarcato come la revisione della normativa sui fitofarmaci dovrà assicurare un equilibrio tra sostenibilità ambientale ed economica, anche attraverso un maggior coordinamento con altre normative (acque, rifiuti, sicurezza sul lavoro), al fine di evitare duplicazioni di impegni e soprattutto in un’ottica di semplificazione.
Per Confagricoltura occorre evitare che gli obiettivi introdotti dal Green New Deal si traducano in nuovi oneri per le imprese agricole e in una conseguente perdita di produttività e competitività rispetto ai Paesi extra UE. Difatti, nel momento in cui l’Europa decide di eliminare una sostanza attiva dal “cassetto degli attrezzi” degli agricoltori, deve avere anche la forza e il coraggio di vietare l’importazione dall’estero di prodotti alimentari trattati con quella molecola.
Un altro tema di grande importanza che dovrà essere affrontato in fase di revisione della direttiva è la drastica riduzione delle molecole disponibili e la scarsa propensione da parte delle industrie agro-farmaceutiche a investire nella ricerca di nuove sostanze per le colture minori. La problematica – ad avviso di Confagricoltura – potrebbe essere in gran parte superata attraverso la promozione e l’incentivazione della ricerca. In questo contesto, all’interno dell’UE dovrebbero essere poi migliorati e semplificati i meccanismi del mutuo riconoscimento: non è più ammissibile che non ci sia omogeneità tra gli Stati membri e che in alcuni Paesi si possano utilizzare prodotti fitosanitari vietati in altri Stati. Per rafforzare il percorso verso l’uso sostenibile, occorre poi puntare soprattutto su innovazione e tecnologie avanzate, iniziando a ragionare anche sulla possibilità di utilizzare dosi ridotte di agrofarmaci nell’ambito dell’agricoltura di precisione, così com’è assolutamente necessario prevedere la possibilità di utilizzo dei droni per effettuare trattamenti localizzati, superando il divieto legato ai trattamenti aerei.

F2F, ovvero (From) Farm to Fork. La strategia dell’UE “Farm to Fork” è molto ambiziosa, e il settore zootecnico europeo vuole mettere a disposizione le sue conoscenze e il suo know-how per non disperdere il patrimonio delle tradizioni agricole e gli enormi progressi compiuti. Gli allevatori dell’UE sono attori impegnati nel cambiamento verso una maggiore sostenibilità, e vogliono evitare che l’approccio Farm to Fork si basi su preconcetti errati.
European Livestock Voice e Carni Sostenibili hanno individuato 9 paradossi e li hanno analizzati in questo video: https://www.youtube.com/watch?v=f4HJQQbpD6U

L’Unione Europea ha posticipato al 1° gennaio 2022 la data di applicazione del Regolamento 2018/848 sulla produzione biologica, inizialmente prevista per il 1° gennaio 2021. La decisione è riportata nel reg. UE 2020/1693 del Parlamento Europeo e del Consiglio, dell’11/11/2020, che modifica il Reg. UE 2018/848 relativo alla produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici per quanto riguarda la sua data di applicazione.

Confagricoltura ha più volte evidenziato come i problemi riscontrati nella gestione dell’attuale Psr siano a volte conseguenza delle disposizioni introdotte da Bruxelles, ma spesso anche riconducibili a regole e vincoli stabiliti a livello di programmazione regionale. Sul piano delle rigidità provenienti dall’Unione Europea, che andrebbero comunque rimosse o attenuate aprendo un confronto costruttivo, anche di respiro nazionale, con Bruxelles, occorre in primo luogo evidenziare le difficoltà determinate dall’obbligo di dover associare ad ogni intervento previsto da una misura/operazione del Psr la “Focus Area” (F.A.) di riferimento, con una specifica dotazione finanziaria. Questo meccanismo, che lega strettamente l’intervento alla F.A. e, di conseguenza, al suo budget finanziario ha provocato non poche complicazioni nella stesura dei progetti – poiché molti interventi sono riconducibili contemporaneamente a più Aree di interesse – forti appesantimenti della fase istruttoria di valutazione e, spesso, carenza o eccesso di risorse economiche sulle singole F.A. Tale impostazione ha esplicato in modo palese i suoi effetti negativi soprattutto sull’Operazione 1.1.1 – Formazione, che non ha dato i risultati attesi, da una parte perché fortemente squilibrata verso F.A. di scarso interesse per i potenziali fruitori dei corsi, dall’altra per i numerosi contrasti emersi in fase istruttoria, riguardo proprio alla collocazione dei corsi all’interno delle F.A. . Sul fronte della programmazione regionale si sono invece riscontrate forti criticità conseguenti ad una non ottimale calibrazione di alcune misure/operazioni, per cui gli interventi o gli impegni previsti non sempre si sono dimostrati allineati con le effettive esigenze delle imprese agricole, del mercato e del territorio. A tale riguardo rammentiamo che, nell’ambito delle misure agroambientali, i premi eccessivamente ridotti per determinati impegni e per alcuni comparti, quali quelli cerealicolo e risicolo, hanno spinto gli agricoltori ad aderire a ulteriori interventi facoltativi, con premi più elevati, ma di difficile applicazione da parte delle aziende. È il caso, per esempio, degli “erbai autunno-vernini da sovescio”, che espongono le aziende al rischio di pesanti sanzioni per inadempienza a causa delle condizioni climatiche, non di rado sfavorevoli a un sufficiente sviluppo delle colture intercalari. Altra operazione che ha riscosso scarsa adesione da parte delle delle aziende è quella relativa all’imboschimento dei terreni agricoli (Op. 8.1.1), con particolare riferimento all’arboricoltura da legno a rapido accrescimento (pioppicoltura), per la quale l’imposizione, anche fortemente suggerita dall’U.e, di inserire nell’impianto particolari cloni resistenti alle fitopatie, ha finito per scoraggiare l’adesione all’intervento a causa della minore produttività di queste varietà e del loro scarso valore commerciale. A questo riguardo riteniamo che occorra incentivare maggiormente le coltivazioni di specie arboree a rapido accrescimento, o comunque a ciclo breve-medio, soprattutto nelle aree collinari e di pianura dove le filiere sono più integrate. Nel contempo andrebbero create condizioni più favorevoli per lo sviluppo di specifiche filiere nelle aree montane. Un ulteriore esempio di non completa coerenza del Psr con la realtà dell’agricoltura piemontese è riscontrabile nella Misura 4 (Op. 4.1.1 e 4.1.2), dedicata al miglioramento della competitività delle aziende agricole e nell’operazione 6.1.1 (premio insediamento giovani). Abbiamo segnalato più volte come nell’ambito dei principi e dei criteri di selezione utilizzati per costruire le graduatorie dei progetti di investimento ammissibili o meno a finanziamento, vi sia una pesante discriminazione in capo alle aziende di medie e medio-grandi dimensioni, che non hanno potuto beneficiare né dei punteggi di priorità previsti per la produzione standard (limitata ad appena 100 mila euro), né di altri punteggi attribuiti per la sostenibilità ambientale, per la presenza di produzioni certificate di qualità o per l’aumento dell’occupazione. Questo pesante limite andrebbe quindi rimosso, alla luce del fatto che tali aziende, per lo più appartenenti ai settori cerealicolo e risicolo, non avendo potuto accedere ai sostegni comunitari per gli interventi strutturali, hanno ridotto la loro capacità di investire e perso competitività, pur contribuendo in modo sostanziale alla produzione lorda vendibile del settore agricolo piemontese. Un altro elemento problematico su cui lavorare, anche perché determina per ricaduta ulteriori pesanti criticità, è quello della complessità che caratterizza molti bandi dell’attuale Psr, legata all’individuazione di un numero eccessivo di casistiche particolari, che porta a un appesantimento elevato dal punto di vista burocratico e amministrativo e alla richiesta di una mole esorbitante di documentazione già in fase di predisposizione dei progetti. Ciò comporta, da un lato, il forte rischio di vedere dichiarate irricevibili le domande di finanziamento proprio per assenza di qualche documento, dichiarazione, firma, etc. e, dall’altro, dilata a dismisura i tempi di tutte le fasi successive, dall’istruttoria al controllo amministrativo fino alla rendicontazione. Andrebbe anche limitato il ricorso alle dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà, sia nella fase di progettazione, sia in quella di rendicontazione. Come già ribadito in più occasioni occorre costruire i bandi in un’ottica di semplificazione e di efficacia, anche sul piano dell’adesione da parte dei soggetti interessati, con poche regole, esplicitate in modo chiaro, senza dare adito a incertezze e dubbi interpretativi, come spesso invece è avvenuto in passato. Ciò determinerebbe anche indubbie ricadute positive sull’efficacia della spesa e sulla rapidità dei pagamenti, accelerando la perfomances del Psr, che attualmente collocano il Piemonte nelle prime posizioni fra le Regioni italiane, ma che indicano una percentuale di utilizzo di poco più della metà dell’importo complessivamente assegnato alla nostra Regione. A titolo puramente esemplificativo citiamo come ascrivibili a quest’ultima criticità i bandi della Misura 1 (formazione e informazione), della Misura 2 (consulenza), della Misura 16, (con particolare riferimento alle operazioni 16.1 (progetti pilota dei Pei) e 16.9 (progetti di agricoltura sociale). A questo processo di semplificazione dei bandi e di generale sburocratizzazione dovrebbe anche seguire una profonda revisione del sistema dei controlli, attribuendo maggiore importanza alle verifiche sostanziali, eseguite a tempo debito, in campo e in azienda sull’effettiva realizzazione degli impegni e degli investimenti. Anche attraverso un dialogo costruttivo con Bruxelles, occorrerà alleggerire le penalità e le riduzioni previste in caso di errori formali o di lievi inadempienze, assegnando più importanza agli aspetti concreti rispetto a quelli che attengono alla forma, riducendo così il rischio di contenziosi che potrebbero dilatare ulteriormente i tempi di realizzazione dei progetti. Sempre in un’ottica di miglioramento dell’efficacia del PSR sarebbe opportuno mettere mano al testo del bando dell’Operazione 10.1.3 – azione 3 (apporto di sostanza organica) che già nella precedente programmazione ha provocato inconvenienti agli agricoltori che hanno aderito all’intervento di distribuzione del compost. In sostanza, ogni anno risulta problematico acquistare questo prodotto per la sua scarsa reperibilità sul mercato. Ne consegue che occorrerebbe introdurre regole più elastiche al fine di venire incontro alle difficoltà delle aziende, che spesso corrono il rischio di vedersi cancellato il sostegno comunitario per cause indipendenti dalla loro volontà. Riteniamo che il superamento delle criticità appena sopra accennate costituisca un presupposto fondamentale per un migliore avanzamento in termini di efficacia dell’attuale Psr, che andrebbe quindi realizzato già in occasione dell’avvio del periodo transitorio, al termine del quale si potrebbero svolgere verifiche sulla validità delle modifiche richieste. Per quanto riguarda l’allocazione delle risorse finanziarie che verranno assegnate al Piemonte per il periodo transitorio, formuliamo di seguenti alcune proposte. In primo luogo occorrerà assicurare il finanziamento delle misure relative all’ambiente e all’agricoltura biologica (misure 10 e 11), possibilmente ampliando la platea dei beneficiari. E’ altresì importante prevedere la riapertura di bandi sulla Misura 4, in particolare per le Operazioni 4.1.1 e 4.1.2 (miglioramento della competitività nelle aziende agricole condotte da giovani e non), per l’Operazione 4.2.1 (agroindustria), nonché per la Misura 6 (premio investimenti giovani), da attuare in forma di progetto integrato con l’operazione 4.1.2. A questo riguardo sottolineiamo la necessità che si introduca un meccanismo per cui vengano contemporaneamente finanziate sia le domande relative alla misura 6, sia quelle collegate con la misura 4, per evitare che i giovani insediati in agricoltura non dispongano delle opportunità necessarie per costruire immediatamente un sistema produttivo competitivo in grado di consentire un adeguato sviluppo aziendale. Si ritiene opportuno rifinanziare la Misura 3, che sostiene i costi di certificazione delle produzioni di qualità e la promozione di queste ultime tramite la partecipazione a fiere ed eventi di respiro nazionale ed europeo. Reputiamo anche importante destinare fondi per rifinanziare un bando sull’Operazione 5.1.1 (reti antigrandine) e sull’Operazione 8.1.1 (imboschimento terreni agricoli). Per quanto concerne infine la nuova programmazione del Psr valgono le considerazioni già espresse riguardo alle criticità, che brevemente ricapitoliamo integrandole con alcune altre proposte:

– revisione critica delle misure inserite nell’attuale Psr che porti all’esclusione di quelle con scarse, basse o nulle adesioni;
– definizione di bandi che possano meglio intercettare l’interesse del mondo agricolo, più coerenti quindi con le esigenze delle imprese e del mercato, e che abbiamo a disposizione un’adeguata dotazione finanziaria;
– semplificazione dei bandi e consistente snellimento degli aspetti burocratico-amministrativi, per esempio spostando, in tutti i casi possibili, la presentazione della documentazione di appoggio alla fase successiva a quella di costruzione della graduatoria di finanziabilità delle domande/progetti;
– accelerazione complessiva dell’iter dei bandi, e quindi della capacità di spesa del Psr, valutando l’opportunità di ricorrere anche al sistema a sportello, soprattutto nel caso di progetti immediatamente cantierabili;
– miglioramento del coordinamento e omogeneizzazione degli interventi previsti dal Psr piemontese con quelli delle Regioni confinanti, per garantire un livello uniforme di competitività e concorrenza per gli agricoltori;
– in relazione ai progetti “collettivi”, sulla base dell’esperienza maturata, riteniamo che sia necessario sostenere sia le imprese individuali – forme societarie con meno di cinque agricoltori
– sia le imprese cooperative, diversificando gli ambiti di intervento in base agli obiettivi che si intendono raggiungere. Per esempio, per evitare lo sviluppo disordinato ed eccessivo della meccanizzazione sarà opportuno prevedere dimensioni minime per uno sfruttamento ottimale delle macchine, tenendo presenti elementi quali superfici, aziende, tipo di coltivazione, ecc. per garantire il pieno utilizzo e di conseguenza la redditività dell’investimento;
– individuazione di misure specifiche per sostenere gli allevatori nell’adozione di tecniche e sistemi di gestione aziendali che vadano oltre i requisiti minimi del benessere animale, nell’ottica di una maggiore sostenibilità delle aziende anche nei confronti del consumatore;
– potenziamento delle misure destinate a favorire l’adesione a sistemi volontari di certificazione della qualità dei processi e delle produzioni (Misura 3 dell’attuale Psr);
– possibilità di realizzare progetti integrati che comprendano interventi paesaggistico ambientali, turistici e di miglioramento degli edifici, con l’obiettivo di coniugare l’accoglienza e gli itinerari turistici con la possibilità di conoscere, degustare e acquistare direttamente i prodotti delle aziende in locali ristrutturati per la degustazione, la ristorazione e/o il pernottamento.