Il presidente di Confagricoltura Piemonte, Enrico Allasia, ha sollecitato l’assessorato regionale all’Agricoltura a rivedere le norme del PSR in materia di sostegno agli allevamenti condotti in soccida. Oggi, infatti, le disposizioni sono molto limitanti e rendono assai difficoltoso, e in non pochi casi impossibile, l’accesso alle provvidenze pubbliche da parte degli allevatori che hanno in essere contratti di questo tipo.
La soccida – chiarisce Confagricoltura – è una forma di contratto agrario di tipo associativo regolamentato dal codice civile (art. 2170 e seguenti) e praticato da oltre ottant’anni che ha avuto una larga diffusione nel settore zootecnico, diventando uno dei cardini contrattuali su cui poggia buona parte dell’allevamento.
In Piemonte, come evidenzia Confagricoltura, gli allevamenti avicoli condotti in soccida sono quasi il 30% ma rappresentano il 40% del patrimonio zootecnico dello specifico comparto; le stalle di bovini da carne condotte con questa tipologia contrattuale, pur rappresentando poco meno del 5% del numero complessivo costituiscono quasi il 18% dei capi allevati e gli allevamenti di suini in soccida incidono per il 26% in termini numerici, ma per oltre il 47% del patrimonio zootecnico specifico (fonte dati: Regione Piemonte).
Appare dunque evidente – spiega Enrico Allasia, presidente di Confagricoltura Piemonte come queste aziende rappresentino una parte molto importante del tessuto zootecnico regionale. Ciononostante gli allevamenti piemontesi in soccida, nell’attuale programmazione, hanno subito forti penalizzazioni a causa del fatto che, ai fini del calcolo della loro produzione standard, viene conteggiato esclusivamente il bestiame in proprietà del soccidario e non il numero complessivo dei capi che l’allevatore ha in detenzione”.
Questa visione della soccida produce, per ricaduta, una serie di conseguenze negative per tutte quelle aziende che vorrebbero intraprendere azioni volte all’adeguamento e al potenziamento della loro competitività.
Nelle altre regione del Nord, nelle quali sono anche molto diffusi i contratti di soccida, non ci sono vincoli che limitino la possibilità di accedere alle misure strutturali del PSR. “Per questo – dichiara Enrico Allasia – riteniamo necessario che la Regione modifichi l’approccio nei confronti delle imprese che adottano contratti di soccida, consentendo a queste aziende di partecipare, a pieno titolo e senza restrizioni, ai bandi dello sviluppo rurale, al pari delle realtà che applicano altre forme di conduzione”.

È fondamentale definire le priorità che dovranno far parte del piano strategico nazionale di attuazione della Pac che entro il 31 dicembre andrà presentato alla Commissione Europea. Il sistema dell’allevamento costituisce senz’altro una di esse e dovremo trovarlo indicato a chiare lettere nel piano, come obiettivo declinato in termini di scelte e risorse strategiche”. Lo ha detto il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti, intervenendo a Cremona al forum “Towards the new European Green Deal – Il ruolo dell’agrozootecnia tra nutrizione, sostenibilità e modelli produttivi”, nell’ambito degli appuntamenti delle Fiere Zootecniche Internazionali.
A fronte di un numero crescente di variabili e del significativo aumento dei costi di produzione, agricoltori e allevatori hanno bisogno di certezze – ha proseguito Giansanti – stabilire le priorità significa anche definire i settori sui quali il governo intende puntare“.
Il comparto – ha ricordato il presidente di Confagricolturadovrà rinnovarsi nell’ottica della ‘zootecnia 4.0’; grazie anche ai fondi del PNRR e della legge di Bilancio bisognerà incrementare i processi innovativi di digitalizzazione e robotizzazione delle aziende zootecniche per l’efficientamento produttivo, l’ottimizzazione dei costi e, al contempo, per il contributo importante per il miglioramento dell’impatto ambientale e della sanità animale. C’è poi tutto il discorso del rilancio delle energie rinnovabili collegate agli allevamenti che sono un’opportunità che devono cogliere pienamente gli allevatori ma anche il Paese“.
Infine il presidente si è soffermato sul protocollo d’intesa per il prezzo del latte. “Per la prima volta – ha osservato – esiste un tavolo nazionale sul latte, che si riunisce mensilmente per fare il punto sulla situazione di mercato. Prelude alla costruzione di un meccanismo condiviso di indicizzazione che tenga conto anche dei costi produttivi. La remunerazione degli allevatori dovrà crescere e l’industria di trasformazione e la GDO hanno compreso che si tratta di un passaggio ineludibile. Rivolgo ad esse un richiamo ed un auspicio ad implementare rapidamente il protocollo, superando le difficoltà tecniche e di principio e trasferendo quanto prima il premio emergenza stalle agli allevatori per il latte ceduto“.

Enrico Allasia, presidente di Confagricoltura Piemonte: “Serve un riequilibrio della distribuzione del valore aggiunto. Prezzi all’origine troppo bassi, costi di produzione in forte aumento e produzione di fieno in diminuzione mettono in difficoltà gli allevatori. Serve un sostegno economico agli allevatori di vacche da latte, così come è stato previsto per altre filiere produttive.

È necessario un adattamento del prezzo del latte alla stalla che tenga conto degli attuali costi di produzione e della necessità di una più equa distribuzione del valore aggiunto tra gli attori della filiera. Questa la richiesta ribadita ieri da Confagricoltura Piemonte alla riunione organizzata dall’assessorato regionale all’agricoltura per analizzare l’andamento del comparto, caratterizzato da un evidente squilibrio delle quotazioni: il latte all’origine non aumenta, mentre cresce il prezzo dei prodotti caseari finiti.
Il momento – ha sottolineato Cristina Donalisio, allevatore di Confagricoltura Piemonte delegata al comparto latte – è particolarmente difficile per i produttori che conferiscono le loro produzioni destinate all’ottenimento di latte alimentare e formaggi freschi, ma anche quello indirizzato alla produzione di alcuni formaggi a denominazione d’origine protetta non ottiene la giusta remunerazione“.
Le cause di questa situazione – precisa Confagricoltura Piemonte in una nota – sono da addebitarsi all’aumento dei costi di produzione per il rincaro delle materie prime per alimentazione degli animali, delle fonti energetiche e dei fertilizzanti. “Inoltre quest’anno – evidenzia Guido Oitana, presidente della sezione economica latte di Confagricoltura Piemontela siccità ha ridotto la produzione di fieno, che in alcune aree ha fatto registrare un calo del raccolto di oltre il 30% rispetto alla media degli ultimi cinque anni“.
Per il presidente di Confagricoltura Piemonte Enrico Allasia è necessario, così come è stato previsto per altre filiere produttive, che vengano erogati sostegni economici da parte dello Stato alle imprese attive nella produzione lattiera. “Alla Regione – ha dichiarato Enrico Allasia – abbiamo chiesto di mantenere attivo un confronto permanente per concertare le azioni da mettere in campo per lo sviluppo del comparto, per migliorare la comunicazione ai consumatori, sia dal punto di vista informativo, sia sotto il profilo promozionale e per individuare interventi volti al rafforzamento della redditività degli operatori della filiera“.
Confagricoltura ricorda che negli ultimi dieci anni il numero delle stalle da latte in Piemonte si è ridotto di oltre il 30%: erano 2.393 nel 2010, mentre attualmente sono 1.622. Per contro la produzione, grazie la capacità imprenditoriale e al miglioramento della selezione genetica, è aumentata. L’anno scorso in Piemonte sono stati prodotti 1.149.823 tonnellate di latte (pari a 1.149.823.000 litri all’anno, 3.150.200 litri di latte al giorno), con un aumento del 4,76% rispetto al 2019. Nei primi sei mesi di quest’anno l’aumento produttivo è stato del 2,31%: questo perché gli allevatori ricavano meno e, per cercare di far quadrare i conti, aumentano le loro produzioni.
Confidiamo che la Regione Piemonte si faccia parte attiva nei confronti del Ministero delle Politiche Agricole – ha aggiunto Allasia – per sostenere la definizione di un accordo con l’industria e la distribuzione organizzata che riconosca agli allevatori un equo compenso per i loro sforzi”.

Il prezzo del frumento tenero, come fanno rilevare le quotazioni di ieri (martedì 28 settembre) alla Borsa Merci di Milano, torna a salire, a seconda delle varietà, da 3 a 7 euro a tonnellata. Il frumento di forza vale 285-295 euro a tonnellata, il panificabile superiore 270-275 euro, il panificabile e il biscottiero 260-265 euro, quello per altri usi 250-256 euro. Aumenta anche il mais nazionale, che quota 255–257 euro a tonnellata; la soia nazionale sale di 25 euro a tonnellata, raggiungendo quota registra 540 – 550 euro.
Dopo anni di basse quotazioni – dichiara Enrico Allasia, presidente di Confagricoltura Piemontei prezzi tornano a remunerare in modo abbastanza soddisfacente i cerealicoltori: per contro l’aumento dei costi di alimentazione degli animali crea pesanti difficoltà alle aziende di allevamento, sia dei bovini da carne, sia delle vacche da latte. Le imprese vivono una situazione delicata e per questo occorre consolidare i rapporti di filiera; è un lavoro che stiamo affrontando con le aziende del territorio, pur consapevoli del fatto che a livello internazionale si alimentano speculazioni difficili da controllare”.
Confagricoltura la settimana scorsa ha chiesto alla Regione un piano straordinario per la valorizzazione della qualità della carne bovina, promozione e controlli in materia di etichettatura, aiuti di filiera per far fronte alla crisi e per sostenere l’importanza della carne come quale fondamentale fonte proteica nell’alimentazione.

Lunedì 21 settembre scorso Confagricoltura ha partecipato all’incontro tra il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, rappresentato dal Dipartimento e Direzioni Generali interessate, con le Associazioni ed Organizzazioni di categoria della filiera suinicola, alcune Regioni e le principali case genetiche, per discutere l’applicazione del Decreto Ministeriale sulle “Modalità per l’ammissione e controllo dei tipi genetici che rispondano ai criteri delle produzioni del suino pesante indicati nei disciplinari delle DOP e delle IGP”.
Confagricoltura ha chiesto chiarezza sull’esito della valutazione ed esclusione di molte linee genetiche femminili, l’impatto che questo avrebbe sul settore e le verifiche che dovranno essere previste ed effettuate dagli Organismi di Controllo: infatti, fino a oggi i controlli venivano effettuati solo sulla linea maschile secondo quanto previsto dal disciplinare di produzione dei circuiti tutelati interessati.
Confagricoltura ha chiesto di poter istituire un apposito Tavolo tecnico/Commissione tecnica con rappresentanti del mondo scientifico della suinicoltura e rappresentanti di categoria del mondo allevatoriale per fornire indicazioni chiare sulle linee genetiche femminili che possono essere utilizzate dalle DOP e IGP. Ha evidenziando la difficoltà pratica sulla sostituzione di un così ampio numero di scrofe e la necessità di tempi più adeguati per la transizione (dodici mesi non sono sufficienti) e adeguato sostegno agli allevatori.
Tutte le altre Organizzazioni/Associazioni partecipanti (ACI, CIA, Coldiretti, Copagri, Liberi Agricoltori, Unapross, Assica, Unaitalia, Uniceb, O.I. Gran Suino Italiano) hanno espresso preoccupazione per l’impatto sulla produzione del circuito tutelato e chiesto di poter costituire una Commissione tecnica che dia delle linee guida e chiarisca alcuni aspetti sulle linee genetiche utilizzabili oltre ad avere un congruo tempo di transizione e sostegno per la sostituzione delle scrofe.