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La superficie di un ettaro di mais, in grado di produrre dalle 14 alle 16 tonnellate di granella, garantisce l’assorbimento di circa 42 tonnellate di anidride carbonica all’anno. In un giorno di piena estate – in base agli studi condotti da Confagricoltura – 1 ettaro di mais è in grado di “pulire” l’aria che respiriamo, assorbendo circa 500 chilogrammi di CO₂, un quantitativo pari alle emissioni medie di una vettura che percorre 3.000 chilometri, la distanza che separa Cuneo da Mosca.
L’agricoltura – ricorda il presidente di Confagricoltura Piemonte Enrico Allasiasvolge un ruolo fondamentale nel contrasto al cambiamento climatico, grazie alla sua straordinaria capacità di utilizzazione dell’anidride carbonica atmosferica per la produzione di alimenti”.
Anche altre coltivazioni agricole contribuiscono in modo fondamentale al sequestro dell’anidride carbonica atmosferica: un ettaro di frumento in grado di produrre 80 quintali di granella riesce ad assorbire 24 tonnellate annue di CO₂.
In Piemonte – ricorda Confagricolturaquest’anno si coltivano circa 139.000 ettari di mais (per la precisione 138.699) di cui: Torino 52.643, Cuneo 40.050, Alessandria 17.447, Vercelli 10.590, Asti 8.533, Novara 7.930, Biella 1.441 e Verbania 65. Complessivamente il mais coltivato in Piemonte nel 2019 garantisce l’assorbimento di 5,838 milioni di tonnellate di anidride carbonica“.

Pesanti conseguenze per il comparto agricolo in alcune zone dell’Astigiano in seguito al nubifragio che si è abbattuto sul nostro territorio nelle giornate di domenica 14 e lunedì 15 luglio.
La pioggia abbondante e le forti raffiche di vento hanno letteralmente coricato numerose piantagioni di mais nella zona est della provincia, nei comuni dell’Isolone, interessando principalmente i comuni di Castello di Annone e Rocchetta Tanaro.
A seguito di alcuni sopralluoghi, i tecnici di Confagricoltura Asti hanno però scoperto la vera causa di questa ennesima sciagura rilevando la presenza della “Diabrotica”, un insetto letale per il mais in quanto si nutre direttamente delle sue radici. Originaria degli Stati Uniti, è stata avvistata in Europa, a partire dal 1992, in area balcanica e da lì si è poi diffusa nelle aree circostanti. Nel 1998 ha fatto la sua prima comparsa in Italia, nelle regioni di Lombardia, Piemonte, Trentino, Friuli, Emilia Romagna. L’opera distruttiva della diabrotica nell’Astigiano risale ormai al 2008 con una perdita costante di produzione del 15/20%. Colpisce principalmente il mais in quanto è l’unica pianta che consente lo sviluppo di popolazioni elevate e che può subire danni gravi ma, occasionalmente, le larve possono svilupparsi su altre graminacee.
Fino al 2014 era in vigore un programma di finanziamento da parte della Regione Piemonte per la creazione di sistemi di monitoraggio sulle colture. Purtroppo questo progetto non è più stato rinnovato e oggi le aziende non possono più beneficiare di questo contributo regionale.
I repentini cambiamenti climatici uniti alla proliferazione della diabrotica stanno diventando un vero e proprio flagello per le colture di mais”, afferma Enrico Masenga, tecnico specialista di settore di Confagricoltura Asti. Gli fa eco il direttore Mariagrazia Baravalle: “Chiediamo a gran voce, insieme ai nostri agricoltori, un intervento delle istituzioni affinché vengano ripristinati i finanziamenti per il monitoraggio che permette di individuare i metodi di lotta idonei e gli interventi mirati a contrastare questo parassita”.

 

 

Una piantagione di mais a Castello di Annone danneggiata dal nubifragio e dalla presenza della “Diabrotica”