L’incremento dei costi delle bollette energetiche delle aziende agricole a fine 2021 è stato del 120% rispetto all’inizio dello stesso anno. Per il gas, l’aumento si è registrato solo parzialmente nel 2021 (a partire da settembre) e si ritroverà in maniera significativa nel 2022, ma intanto il costo del metano è quasi triplicato. A ciò si aggiungono i rincari delle materie prime, come i fertilizzanti, che sono aumentati del 150% in soli sei mesi. Confagricoltura riporta i dati che confermano le preoccupazioni per il settore e per gli effetti già tangibili sull’intera filiera agroalimentare e per questo ribadisce la richiesta di un intervento incisivo da parte del Governo, chiamato domani, nel Consiglio dei Ministri, a decidere sulla questione.
Le conseguenze del caro energia sul settore primario sono particolarmente evidenti in alcuni comparti: ad esempio, gli imprenditori del florovivaismo stanno abbandonando le colture in serra con il riscaldamento delle stesse. Analoga situazione per l’orticoltura e le primizie in serra, per le quali si assiste ad un ritorno alla coltivazione degli ortaggi a freddo.
Altri settori agricoli più esposti al rischio sono gli allevamenti, le essiccazioni di cereali e le filiere di trasformazione. L’aumento del costo del gas – precisa Confagricoltura – spinge tuttavia al rialzo tutta la gamma dei beni intermedi utilizzati nei processi produttivi in agricoltura.
Un maggiore impulso alle energie rinnovabili avrebbe attenuato gli effetti dei rincari delle bollette. Potenziare ed accelerare gli interventi per l’installazione di rinnovabili nelle imprese agricole – aggiunge Confagricoltura – è quanto mai necessario oggi, a partire dall’autoconsumo e con particolare attenzione alle aziende che hanno maggiori consumi di elettricità e gas.
I recenti casi di rallentamento o addirittura di blocco dei cicli produttivi in alcune filiere di trasformazione sono segnali da non trascurare. La tenuta dell’intero sistema agroalimentare è di primaria importanza, come è emerso chiaramente durante la pandemia; si tratta del primo settore economico italiano, con un fatturato di oltre 540 miliardi di euro e 3,6 milioni di addetti.
Confagricoltura sollecita quindi il Governo ad attuare misure straordinarie per contrastare il caro bollette per le imprese, oltre che per le famiglie, e per garantire anche la continuità degli strumenti creditizi in questa fase di affanno per le aziende.

Sospensione delle rate dei finanziamenti in scadenza e consolidamento e trasformazione a medio-lungo termine delle esposizioni delle scadenze bancarie. Sono queste le richieste che il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti, ha presentato ai maggiori istituti di credito italiani per far fronte al crescente numero di aziende avicole colpite dai nuovi focolai di influenza aviaria.
L’epidemia che colpisce i volatili è al momento concentrata in Veneto e Lombardia. Secondo i dati dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, sono 306 i focolai accertati nel pollame allevato, e 17 nella fauna selvatica. Il numero dei capi abbattuti ammonta a circa 18 milioni, rispetto ai 14 milioni di fine dicembre.
A questa preoccupante situazione sanitaria si aggiungono i ritardi nell’erogazione dei ristori previsti per le imprese del settore e le difficoltà nel programmare i nuovi impianti. “La conseguenza – commenta Giansanti – è che la situazione economico-finanziaria di molte aziende è diventata insostenibile. Il comparto avicolo sta attraversando un periodo di estrema criticità con gravi ed evidenti effetti negativi sul piano non solo economico, ma anche sociale”. “Interventi straordinari da parte degli istituti di credito attivati con procedure rapide e snelle – conclude il presidente di Confagricolturasupporterebbero concretamente gli allevamenti avicoli colpiti da questa emergenza”.
La Confederazione conta sulla sensibilità dei ministeri competenti per la tutela di un settore che in Italia annovera oltre 18 mila allevamenti, di cui 6 mila professionali, e 38 mila persone impiegate. L’avicoltura italiana ha una produzione di 1,3 tonnellate annue di carni bianche per un fatturato di 4,1 miliardi di euro nel 2021.

Novità per i gestori delle strutture agrituristiche con camere riguardo la trasmissione dei dati degli ospiti al portale Alloggiati Web. A seguito di emanazione di apposito decreto ministeriale, sono state integrate le disposizioni concernenti la comunicazione alle autorità di pubblica sicurezza dell’arrivo di persone alloggiate in strutture ricettive. L’emanazione del predetto decreto comporta sostanzialmente due modifiche:

– Comunicazione entro 6 ore per soggiorni inferiori alle 24 ore

Il primo cambiamento è proprio quello di specificare molto chiaramente il tempo che un gestore di una struttura ricettiva ha a disposizione per effettuare la comunicazione delle schedine alloggiati nel caso in cui il soggiorno abbia durata inferiore alle 24 ore. Come si evince dal decreto, il limite massimo è 6 ore per registrare gli ospiti che soggiornano meno di 24 ore.

– Modifica del portale “Alloggiati web”

Come noto gli operatori che offrono ospitalità sono obbligati per legge a comunicare i dati degli ospiti alla Polizia, senza distinzioni tra proprietari di case di vacanza, agriturismi, pensioni, Bed & Breakfast, etc.
Chi gestisce le attività ricettive può trasmettere i dati dei soggetti alloggiati anche con smartphone o un tablet. I dati dei soggetti continueranno a essere conservati per 5 anni, nel rispetto di quanto previsto dalla normativa più recente, a tutela della privacy. In particolare, la nuova versione del sistema “alloggiati web” prevede i seguenti principali adeguamenti:

1) modalità di accesso basata su autenticazione a due fattori (credenziali, one time password);
2) modalità di trasmissione dati attraverso l’utilizzo di sistemi di cooperazione applicativa (Web Service) per consentire la trasmissione diretta dei dati degli alloggiati dai “sistemi gestionali” delle strutture ricettive al sistema “alloggiati Web”;
3) rafforzati criteri di sicurezza;
4) possibilità di utilizzo del servizio tramite dispositivi mobili;
5) nuove funzionalità di supporto tecnico per le strutture ricettive.

Le strutture ricettive potranno in autonomia continuare ad utilizzare le attuali credenziali di accesso fino alla naturale scadenza del certificato digitale, ovvero passare alla nuova modalità di autenticazione al Servizio. Tutte le utenze già censite nel portale alloggiati che utilizzano il certificato digitale, entro la data di scadenza, dovranno migrare in autonomia al nuovo sistema di identificazione.
Si segnala, inoltre, che per gli utenti è disponibile sul portale alloggiati, Sezione Supporto, la nuova guida al servizio alloggiati web che illustrata la procedura da attuare per poter effettuare la migrazione in autonomia senza l’intervento della Questura competente avendo come unica condizione obbligatoria la conoscenza delle proprie credenziali di accesso e la corretta importazione del certificato su un proprio browser.

Nella riunione del 12 gennaio scorso della Conferenza Stato – Regioni e Province autonome è stata raggiunta l’intesa sul decreto ministeriale (Mipaaf) relativo alle piante officinali, adottato di concerto con il Ministero della Transizione Ecologica e con il Ministero della Salute. L’intesa raggiunta in Conferenza Stato – Regioni permette di definire l’elenco delle specie di piante officinali coltivate e i criteri di raccolta e prima trasformazione delle specie di piante officinali spontanee.
Lo schema di decreto interministeriale recepisce quanto disposto dagli articoli 1 e 3 del decreto legislativo n.75/2018 “Testo unico in materia di coltivazione, raccolta e prima trasformazione delle piante officinali“. Viene introdotto un quadro normativo innovativo a livello europeo per il comparto delle piante officinali, a beneficio delle aziende agricole interessate ad avviare un’attività di coltivazione e prima trasformazione.

Il direttore generale della Direzione Generale della sanità animale e dei farmaci veterinari del Ministero della Salute Pierdavide Lecchini, intervenendo in Commissione Igiene e Sanità del Senato sui recenti casi di peste suina africana ha affermato che “dal punto di vista del trattamento possibile non disponiamo di un vaccino. La Peste suina africana ha un vasto potenziale di diffusione grazie alla notevole capacità di resistenza nell’ambiente esterno, per cui la sua presenza sul territorio comporta pesanti ripercussioni con danni ingenti sia per la salute animale che per il comparto suinicolo e il commercio internazionale. Nei Paesi indenni – ha aggiunto Lecchini – la prevenzione dell’infezione si effettua attraverso la sorveglianza passiva degli allevamenti domestici e sulle carcasse di cinghiale rinvenute, nonché tramite il rispetto delle misure di biosicurezza negli allevamenti e il controllo dei prodotti importati e il corretto smaltimento dei rifiuti alimentari. Nei Paesi infetti il controllo si effettua attraverso l’abbattimento e la distruzione dei suini positivi e di tutti gli altri presenti nell’allevamento infetto. Fondamentale è l’individuazione precoce dell’ingresso della malattia e la delimitazione tempestiva delle zone infette, oltre al controllo e tracciamento dei suini e alle operazione di pulizia e disinfezione”.
In Italia fino ad oggi la malattia era presente dal 1978 in Sardegna, dove negli ultimi anni si registra un netto miglioramento della situazione epidemiologica. Per questo dal 2020 è in vigore il piano di sorveglianza nazionale e di eradicazione in regione Sardegna della malattia. “Vi è dunque un piano di controllo e sorveglianza della malattia a livello nazionale ed un piano specifico di sorveglianza per la Sardegna“.
È utile precisare che il profilo genetico del virus isolato e trovato nelle recenti carcasse mostra somiglianza genetica con quello circolante in Europa, mentre è completamente diverso da quello circolante in Sardegna. La zona infetta attualmente include 80 comuni in Piemonte e 37 in Liguria. La decisione esecutiva della commissione europea pubblicata il 17 gennaio include questo ambito territoriale”, ha aggiunto Lecchini. “La distanza tra i siti di ritrovamento delle tre carcasse iniziali fa supporre che la malattia sia già abbastanza diffusa e pertanto si rendono necessarie misure rigorose per limitarne l’ulteriore diffusione. Le regioni limitrofe, Lombardia ed Emilia Romagna, rappresentano il fulcro dell’intera produzione suinicola nazionale, col rischio dunque di gravi danni per l’intera produzione“.
Il gruppo operativo degli esperti ha proposto l’applicazione del divieto di caccia e di altre attività all’aperto nelle zone infette ed è stata approvata dall’Unità centrale di crisi tenutasi il 10 gennaio scorso.
Al momento alcuni Paesi terzi hanno già comunicato il blocco delle importazioni di prodotti a base di carne suina dall’Italia: Taiwan, Giappone, Cina, Serbia, Cuba e Brasile. Al momento non c’è alcun blocco invece da USA e Canada.
In attesa dell’evoluzione della situazione la direzione generale sicurezza alimentare e nutrizione ha chiesto alle regioni di sospendere le certificazioni sanitarie di carne suina macellata e prodotti a base di carne suina qualora questi siano destinati a paesi terzi coi quali sussiste un accordo sanitario che prevede l’indennità del territorio nazionale per peste suina nazionale”, ha dichiarato Lecchini.
Le misure sono distinte in misure da applicarsi nella zona infetta, nell’area confinante per una superficie di 10 km e per il restante territorio nazionale. Nel dispositivo sono definiti anche i flussi informativi al fine di consentire il costante monitoraggio del fronte epidemico e la verifica delle misure adottate.
Tra le misure nella zona infetta troviamo il divieto di attività venatoria, la ricerca trova delle carcasse, la gestione e smaltimento delle carcasse, il divieto di movimentazione di carne e prodotti a base di carne. C’è poi il censimento delle attività per i suini detenuti, la macellazione immediata per i suini detenuti negli allevamenti bradi, semi bradi o familiari, l’esecuzione virologica dei suini deceduti.
Nel territorio confinante per 10 km si predispone un rafforzamento della sorveglianza, la regolamentazione dell’attività venatoria, il censimento degli stabilimenti, i divieti di movimentazione, i controlli virologici degli animali deceduti, il rafforzamento delle misure di bio sicurezza degli allevamenti e la macellazione tempestiva dei suini detenuti negli allevamenti familiari.
Riguardo al territorio nazionale c’è un censimento già in atto, il divieto di movimentazione dei cinghiali catturati presenti in aree protette, la verifica dei livelli di bio sicurezza degli allevamenti.
La commissione europea ha adottato il 17 gennaio una decisione esecutiva specifica per l’Italia in cui si stabilisce che tutte le misure specifiche stabilite dai regolamenti di salute animale dell’UE e dalle decisioni applicative successive vengono applicati nei territori della zona infetta.
Tutta l’attenzione è posta nell’evitare la possibile migrazione del virus dal selvatico al domestico. Questo implicherebbe un assoluto blocco delle esportazioni, attualmente riusciamo a gestire le relazioni coi nostri partner perché la diffusione della malattia è sotto controllo”, ha concluso Lecchini.