Per effetto di quanto previsto dall’art. 1, c. 44 della Legge 232/2016, “per gli anni 2017, 2018 e 2019, i redditi dominicali e agrari non concorrono alla formazione della base imponibile ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, dei coltivatori diretti e degli imprenditori agricoli professionali di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, iscritti nella previdenza agricola”. La norma, dunque, ha introdotto l’esclusione, ai fini IRPEF e delle relative addizionali, anche per l’anno 2019.
Secondo quanto precisato con circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 8/E/2017 non possono beneficiare dell’agevolazione in parola i soci delle società in nome collettivo (Snc) e delle società in accomandita semplice (Sas), che abbiano optato per la determinazione del reddito su base catastale (ex art. 1, c. 1093, L. n. 296/2006), in quanto il reddito che viene loro attribuito mantiene la natura di reddito d’impresa, così espressamente qualificato in capo alle società dal decreto ministeriale n. 213 del 27 settembre 2007. Resta fermo, comunque, che possono beneficiare dell’agevolazione in esame anche le società semplici che attribuiscono per trasparenza ai soci persone fisiche, in possesso della qualifica di CD o IAP, gli stessi redditi fondiari (dominicali ed agrari).
Il reddito dei terreni va indicato nel quadro RA del modello Redditi 2020, riportando i redditi dominicali ed agrari. I redditi dominicali, devono essere dichiarati dal proprietario del terreno o dal titolare di altro diritto reale (per esempio l’usufruttuario), mentre il reddito agrario deve essere dichiarato dal titolare dell’impresa agricola, sia esso una ditta individuale o una società. Non sono comprese nel reddito agrario, ai sensi del 2°co. dell’art. 32 del TUIR, le attività agrituristiche, gli allevamenti eccedenti, le attività enoturistiche, etc. nonché quelle cosiddette connesse, secondo il disposto dell’art. 56-bis del TUIR, di produzione di beni e prestazioni di servizi, i cui redditi andranno pertanto dichiarati negli appositi quadri.
Nel caso di società semplici, in nome collettivo o società di fatto, ovvero, nel caso di imprese familiari, il reddito dei terreni andrà dichiarato dalla società, mentre il socio o il partecipante all’impresa familiare dovrà dichiarare tali redditi nel quadro RH del proprio modello Redditi. Se i terreni sono di proprietà dei soci o dei singoli familiari dell’impresa, essi dovranno dichiarare nella propria dichiarazione il reddito dominicale (quadro RA), mentre il reddito agrario corrispondente alla loro quota, sarà desumibile dalla compilazione del quadro RH.
Per le società semplici, l’esclusione dall’IRPEF dei redditi attribuiti per trasparenza dalla società ai soci, spetta soltanto per i soci in possesso delle qualifiche di CD e IAP, indipendentemente dalla qualifica IAP in capo alla società (segnalata nel quadro RA, colonna 10, Mod. Redditi SP). Della mancanza del requisito professionale di IAP o CD in capo a uno o più soci, per cui oltre all’attribuzione dei redditi dominicali e/o agrari in base alle quote di partecipazione agli utili, va operata l’ulteriore rivalutazione del 30%, di cui all’art. 1, c. 512, della Legge 228/2012, come modificato dall’art. 7 del D.L. n. 91/2014 convertito in Legge 116/2014, deve esserne data evidenza attraverso la compilazione del quadro RO, Sez. II.

IRAP, “abbuonato” il saldo 2019

A partire dal periodo d’imposta 2016, con l’art. 1, c.70, della L. n. 208/2015 (legge di stabilità per il 2016), è stata introdotta l’esclusione generalizzata dall’IRAP per i soggetti che esercitano le attività agricole ex art. 32 del TUIR, nonché nei confronti delle cooperative e loro consorzi, di cui all’art. 10 del DPR n. 601/73 e di quelle che forniscono servizi nel settore selvicolturale, restando comunque soggette al tributo, con applicazione dell’aliquota ordinaria del 3,9%, le attività di agriturismo, di allevamento eccedenti (con terreni insufficienti a produrre almeno un quarto dei mangimi necessari), le altre attività rientranti nell’art. 56 bis del TUIR (produzione di vegetali su più piani produttivi, trasformazione e manipolazione di prodotti non rientranti tra quelle indicati nell’apposito decreto ministeriale e prestazioni di sevizi, di cui all’art. 2135, c. 3, c.c.) e quelle di produzione di energia da fonti rinnovabili agroforestali e fotovoltaiche oltre i limiti stabiliti dall’art. 1. c. 423, della L. n. 266/2005.
Ciò premesso, con l’articolo 24 del Decreto Rilancio, (D.L. n. 34/2020), la cui rubrica è “Disposizioni in materia di versamento dell’IRAP”, al fine di agevolare imprese e lavoratori autonomi durante il periodo emergenziale, è stata prevista la possibilità di non versare il saldo IRAP 2019 e la prima rata dell’acconto IRAP 2020 in presenza di precise condizioni. In particolare, la norma prevede, a favore dei soggetti che abbiano conseguito ricavi o compensi non superiori a 250 milioni di euro nel periodo d’imposta precedente a quello di entrata in vigore del Decreto medesimo, (2019), l’esonero dal pagamento del saldo IRAP 2019 e della prima rata dell’acconto IRAP 2020.
Il predetto art. 24, è formulato in termini “neutrali” non facendo alcun riferimento né agli esercenti attività di impresa, né ai professionisti. Infatti il primo comma prevede l’esonero dal versamento dell’IRAP senza effettuare riferimenti specifici ad alcun soggetto. In particolare, la disposizione prevede che “non è dovuto il versamento del saldo dell’imposta regionale sulle attività produttive relativa al periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2019 …”. In mancanza di una limitazione di tipo soggettivo, si ritiene che l’esonero dal versamento del saldo 2019 e dell’acconto 2020 IRAP, (seppur limitatamente alla prima rata), riguardi tutti i soggetti passivi ai fini IRAP, ivi compresi gli enti non commerciali. Ne consegue, pertanto, che, in mancanza di un’esclusione espressa per gli enti non commerciali, anche tali soggetti risultano ammessi al beneficio in esame.

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze – MEF ha comunicato la proroga dei termini dei versamenti in scadenza il 30 giugno al 20 luglio 2020, (IRPEF ed IVA), per i contribuenti soggetti agli ISA (Indicatori affidabilità fiscale). Pertanto, i contribuenti a cui non sono applicabili le disposizioni sugli ISA (es. soggetti che svolgono esclusivamente le attività agricole di cui agli art. 32 del TUIR) devono provvedere al versamento del saldo IRPEF 2019 e del primo acconto 2020 (Mod. Dichiarazione Redditi 2020) entro il 30 giugno 2020, oppure entro il 30 luglio con la maggiorazione dello 0,40 per cento.

Con la conversione in legge del Decreto liquidità (legge 40/2020) sono stati apportati correttivi al sistema dei prestiti agevolati per le imprese agricole colpite dalla pandemia di Covid-19 volti ad ampliare la portata della misura che prevede una copertura al 100% del Fondo ISMEA per finanziamenti fino a 25mila euro.
Più precisamente:
– il limite di 25.000 euro è elevato a 30.000 euro;
– la durata è stata allungata da 6 a 10 anni;
– è previsto che l’ammontare del finanziamento possa essere parametrato, alternativamente, al 25% del fatturato o al doppio della spesa salariale;
– la garanzia al 100% è altresì concessa in favore di beneficiari finali che presentano esposizioni che, anche prima del 31 gennaio 2020, sono state classificate come inadempienze probabili o esposizioni scadute e/o sconfinanti deteriorate, a condizione che le predette esposizioni alla data della richiesta del finanziamento non siano più classificabili come esposizioni deteriorate.
La disposizione si applica a tutte le richieste di garanzia pervenute dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto liquidità (7 giugno 2020).
I nuovi modelli per le domande sono disponibili sul portale L25 e sul sito dell’ISMEA: http://www.ismea.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/11028

Siamo ancora nel pieno della tempesta, pur essendo consapevoli delle caratteristiche uniche e delle potenzialità dell’offerta degli agriturismi. Un vero porto sicuro. Il nuovo trend, dettato dalle regole per una ripartenza, è proprio la riscoperta di luoghi che permettano di godere di spazi aperti, di un rapporto autentico con la natura e le campagne italiane. Le nostre strutture accolgono in modo spontaneo ed accurato, aiutano a far conoscere la cultura enogastronomica locale e permettono di praticare il distanziamento sociale passeggiando, nuotando in piscina, praticando sport o, semplicemente rilassandosi”. Commenta così Augusto Congionti, presidente di Agriturist, i dati dell’indagine svolta dall’associazione di Confagricoltura.
Lungo lo Stivale l’offerta dei 24.000 agriturismi è estremamente variegata ma con un denominatore comune: l’ospitalità in un’azienda agricola. Dalla montagna alla collina, dal mare ai laghi l’effetto della crisi è evidente: niente americani e orientali, pochissimi dal Regno Unito, timorosi di dover effettuare la quarantena al loro ritorno. Qualche segnale arriva da Germania, Francia, Austria, Svizzera e Olanda. “La ripresa è lenta – sottolinea Congionti – e partirà soprattutto in agosto. Va anche calcolato che è stata la politica del last minute a caratterizzare le prenotazioni degli ultimi anni e, se in alcune zone i casali con piscina, scelti da famiglie o gruppi di amici sono andati a ruba, in altre è ancora l’incertezza a dettare le regole”.
Per quanto riguarda il Piemonte, le prospettive, con la cosiddetta Fase 3, non sono migliorate. La situazione è a macchia di leopardo e vi sono strutture che hanno preferito rimanere chiuse fino a settembre o riaprire addirittura il prossimo anno. Le prenotazioni di italiani e di stranieri sono salvate dalla clientela storica, che ben conosce realtà e tradizione delle strutture, o da chi preferisce il contatto con la natura, rispetto alle strutture ricettive tradizionali. Si ipotizza, per la sola ristorazione, una riduzione di circa il 50% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Per le attività collaterali, fattorie didattiche in primis, si stanno pianificando iniziative per il mese di settembre
L’agriturismo, vanto del nostro Paese, ha pagato l’effetto Covid con danni superiori ad 1 milione di euro. “Non ci arrendiamo, anzi. Ci siamo rimboccati le maniche – conclude il presidente Agriturist convinti che si possa ancora una volta ripartire proprio dall’agricoltura. Le nostre strutture hanno tutte le carte in regola per offrire soggiorni indimenticabili in luoghi incontaminati, lontani dalla folla, dove le distanze sono naturali, il cibo è buono e genuino. Senza rinunciare al comfort e alla vita moderna, si potranno così riscoprire sapori e saperi della cultura rurale italiana”.

Numerosi rappresentanti del mondo imprenditoriale e istituzionale hanno partecipato alla web conference di Agronetwork sulle strategie dell’agroalimentare per la ripresa del canale Ho.Re.Ca.
Il lockdown e il blocco delle attività ha colpito in modo significativo questo canale. Ristoranti, bar, pub, pizzerie, catering e banqueting, discoteche, stabilimenti balneari, sale gioco legali, hanno visto azzerare i ricavi per quasi 90 giorni, con perdite di fatturato che sono state stimate dalla Fipe in 34 miliardi di euro, per non parlare della probabile chiusura di circa il 15% dei pubblici esercizi (45/50 mila unità) e la contrazione occupazionale del 25/30% (ben 300/350 mila posti di lavoro). Dalla relazione di Nomisma è emerso che, pur a fronte di vendite in GDO che nel lockdown hanno visto crescere quelle di prodotti alimentari del 13% e nell’on-line superare il +150% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, la chiusura della ristorazione ha avuto effetti significativi sull’agroalimentare italiano, portando la relativa produzione industriale a -8% in aprile e facendo scivolare anche l’export, sempre per aprile, rispetto allo stesso mese 2019, in territorio negativo (-1%). Per alcuni prodotti, come il vino, l’ Ho.Re.Ca. è un canale fondamentale e il blocco imposto in quasi tutti i principali mercati mondiali ne ha penalizzato le vendite in Italia e all’estero. La tenuta del sistema agroalimentare italiano passa anche da questo settore e tanto più sono lunghi i tempi per una sua ripresa, sulla quale pesa la forte riduzione dei turisti stranieri, nonché la diffusione dello smart working, che limita la domanda di pasti fuori casa, tanto più tale tenuta è messa a rischio. Per il mondo agroalimentare il settore Ho.Re.Ca. svolge un ruolo fondamentale nella valorizzazione dei prodotti agricoli e del Made in Italy di qualità. Al Governo si chiede pertanto di fare valutazioni veloci per rilanciare i consumi. A tal fine Confagricoltura ha proposto il taglio del cuneo fiscale per i lavoratori e la riduzione delle aliquote IVA per tutti i prodotti agricoli e trasformati.
L’apertura del convegno è spettato alla presidente di Agronetwork Luisa Todini, dopo la quale è poi intervenuta il Ministro delle Politiche Agricole Teresa Bellanova e successivamente Denis Pantini di Nomisma e Roberto Calugi di Fipe. Sono seguite le testimonianze aziendali degli imprenditori Guido Folonari di Philarmonica Distribuzione, Annibale Pancrazio di Pancrazio Spa, Gianpiero Calzolari di Granarolo, Raffaele Boscaini di Masi Agricola, Alfredo Pratolongo di Heineken Italia e Dino Di Marino di Italgrob. Al tavolo politico sono intervenuti Ivano Vacondio di Federalimentare, Lino Stoppani di Fipe, il presidente della Commissione Affari Costituzionali del Parlamento Europeo, Antonio Tajani, il Sottosegretario allo Sviluppo Economico, Gian Paolo Manzella. Ha concluso i lavori il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti. L’evento è stato moderato dal vice direttore del TG La7 Andrea Pancani.