Esprimiamo il nostro pieno apprezzamento e sostegno all’iniziativa lanciata dal presidente del Consiglio, Mario Draghi, per sbloccare i cereali fermi nei porti dell’Ucraina ed evitare la diffusione di una crisi alimentare che in alcuni paesi africani è già in atto”.
E’ il commento del presidente della Confagricoltura Massimiliano Giansanti, alle dichiarazioni del presidente Draghi sugli esiti del colloquio telefonico con il presidente Putin in merito alle condizioni per far ripartire le esportazioni di prodotti agroalimentari dai porti sul Mar Nero.
Il blocco riguarda circa 22 milioni di tonnellate di cereali – rileva la Confagricoltura – destinati in larga misura a paesi africani ed asiatici dove i prezzi sono saliti con punte dell’80 per cento. Oltre la metà del grano gestito dal Programma alimentare della FAO veniva solitamente raccolto in Ucraina.
Le misure alternative di trasporto su strada e su ferrovia avviate in collaborazione con la Commissione europea e con gli Stati membri hanno avuto successo”, evidenzia Giansanti. “Da marzo all’inizio di maggio, secondo i dati dell’associazione degli agricoltori ucraini, le esportazioni sono passate da 500 a oltre un milione di tonnellate al mese”. “Si tratta, però, di quantitativi non sufficienti ad assicurare lo svuotamento dei silos per accogliere i nuovi raccolti tra meno di due mesi. Ecco perché la ripresa dell’attività portuale risulta fondamentale – sottolinea il presidente della Confagricolturaanche per fermare un crescente protezionismo nel commercio internazionale. Da ultimo, ad esempio, l’India ha deciso di estendere allo zucchero il blocco delle esportazioni già in vigore per il grano”.
Stando alle stime diffuse dal ministero dell’agricoltura di Kiev le ultime semine sono state inferiori di circa il 30 per cento rispetto alla media degli ultimi cinque anni. Nel 2021, le esportazioni agroalimentari dell’Ucraina sono ammontate a circa 24 miliardi di euro. Cereali e semi oleosi hanno inciso per l’84% sul totale.
Ci sarà una minore offerta di cereali e semi oleosi dell’Ucraina sui mercati internazionali”, segnala Giansanti. “Spetta ai principali Paesi produttori colmare la differenza anche per frenare l’aumento dei prezzi alimentari e dell’inflazione. Per questo ci attendiamo che la Commissione europea dia seguito senza ritardi alla richiesta della maggioranza degli Stati membri di rinviare l’entrata in vigore delle misure più restrittive del potenziale produttivo previste dalla nuova politica agricola comune”.

Nella tarda serata di lunedì 23 maggio è stato siglato a Palazzo della Valle, sede di Confagricoltura, l’accordo di rinnovo del contratto collettivo nazionale per gli operai agricoli e florovivaisti per il quadriennio 2022-2025. Il precedente contratto era scaduto il 31 dicembre 2021. Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura, sottolinea “il senso di responsabilità che ha qualificato l’intera trattativa da parte della nostra Organizzazione, nonostante le difficoltà che, a livello nazionale e internazionale, stanno caratterizzando l’attuale fase economica”.
Soddisfazione è stata dunque espressa dal presidente dell’Organizzazione dei datori di lavoro agricolo per la chiusura di un importante contratto, che interessa quasi 200.000 imprese e oltre 1 milione di lavoratori.
Nonostante le gravi difficoltà in cui versano molte aziende agricole a causa dell’aumento dei costi di produzione e delle difficoltà d’approvvigionamento delle materie indispensabili all’attività produttiva – commenta Giansanti – abbiamo voluto dare un segnale concreto ai nostri collaboratori e dipendenti, consapevoli dell’importanza che il fattore umano riveste per le aziende agricole italiane, soprattutto in un momento come questo, in cui il contesto internazionale richiede uno sforzo produttivo ulteriore, anche attraverso l’introduzione di elementi di modernizzazione e innovazione tecnologica”.
L’aumento retributivo previsto è del 4,7% per il biennio 2022/2023, suddiviso in tre tranche. Si tratta di un aumento che naturalmente richiede uno sforzo da parte dei datori di lavoro agricolo, ma che è finalizzato a salvaguardare il potere d’acquisto dei lavoratori e a dare certezza alle aziende nella programmazione della propria attività nel medio periodo.
Tra le novità più significative si segnala l’introduzione di una maggiore flessibilità nell’orario di lavoro ordinario, straordinario, festivo e notturno, oltre che per l’agriturismo, anche per alcune altre importanti attività sempre più diffuse in agricoltura e che richiedono particolari attenzioni in materia di orario, come la vendita diretta, gli eventi e le attività promozionali, le fattorie didattiche e le fattorie sociali.
Non sono mancati segnali di attenzione anche nei confronti dei lavoratori che possono trovarsi in situazioni particolari attraverso un ampliamento delle tutele previste dal sistema di welfare contrattuale.
Con la chiusura del contratto, le Organizzazioni datoriali e sindacali hanno dato ulteriore dimostrazione della loro capacità di definire in maniera autonoma, e senza nessun intervento esterno, retribuzioni adeguate per i lavoratori del settore agricolo.
Le imprese – conclude Giansanti – hanno fatto la loro parte, non senza importanti sacrifici pur in un momento di difficoltà. Ora ci aspettiamo misure significative da parte del Governo per il contenimento del costo degli oneri sociali e per favorire la stabilizzazione occupazionale in agricoltura”.

Confagricoltura accoglie con favore l’intenzione del Ministero della Transizione Ecologica di presentare, in sede di Conferenza Stato-Regioni, una proposta per affrontare la questione della peste suina africana e della presenza diffusa del cinghiale.
Un’iniziativa doverosa, quella assunta dal MITE, che finalmente affronta un tema annoso – se ne dibatte da oltre venti anni – che è quello rappresentato dalla eccessiva presenza di cinghiali sul territorio italiano.
Gli interventi di contenimento devono avere come obiettivo il ripristino di un rapporto equilibrato ed ambientalmente compatibile di questo selvatico con l’ambiente e con le attività produttive, a tutela delle altre specie, delle produzioni agricole e della incolumità delle persone. Il mondo scientifico, da tempo, segnala che le popolazioni di cinghiali sono fuori controllo e che una carenza di interventi non è più giustificabile.
Il ritrovamento di cinghiali affetti da peste suina africana in Piemonte, Liguria e Lazio è un ulteriore elemento di preoccupazione e si aggiunge ai numerosi episodi che rendono necessari interventi decisivi e non palliativi. Le previsioni normative in discussione vanno in quel senso e Confagricoltura auspica un largo consenso ed una conseguente ed efficace attuazione, in controtendenza rispetto al passato. La gravità della situazione è tale che ulteriori ritardi nella messa in atto delle azioni necessarie non sarebbero accettabili.
Le Regioni avranno un ruolo decisivo, Confagricoltura auspica pertanto che tale iniziativa possa avere presto attuazione e sosterrà le scelte del Ministro Cingolani, che dovranno andare nella direzione di contenere i danni alle coltivazioni da parte della fauna selvatica agli agricoltori, in un momento molto particolare in cui viene chiesto all’agricoltura italiana di aumentare le produzioni per un rafforzamento della food security.

Confagricoltura ha recentemente evidenziato al MIPAAF l’attuale difficoltà a rispettare le scadenze legate alla misura di ristrutturazione e riconversione vigneti.
Particolare è stata evidenziata una serie di problematiche che influenzano negativamente la tempistica preventivata in fase di adesione alle misure: materiali difficili da reperire e consegnati con grande ritardo, costi degli stessi notevolmente lievitati in alcuni casi raddoppiati e triplicati, nonché difficoltà a recuperare manodopera per gli effetti della pandemia.
Vista la situazione Confagricoltura ha evidenziato l’urgenza di individuare soluzioni che vadano verso una maggiore flessibilità per poter ultimare gli investimenti e adempiere agli impegni sottoscritti. È stato anche chiesto di considerare la possibilità di prolungare la durata delle autorizzazioni per nuovo impianto/reimpianto e di prolungare la durata degli impegni per le misure RRV e investimenti.
Inoltre, è stato richiesto di estendere l’applicazione delle misure transitorie previste dall’art. 5 comma7 del Reg. 2021/2117 anche alle annualità precedenti all’annualità 21/22. A questo proposito rammentiamo che le misure transitorie consentono per l’annualità 21/22 di completare le opere entro il 15 ottobre 2025 a fronte dell’impegno di attuare parzialmente le operazioni e sostenere il 30% delle spese entro il 15 ottobre 2023.

L’Italia vanta un patrimonio unico e irripetibile di biodiversità. E gli agricoltori, con il loro lavoro quotidiano, sono i principali garanti di questa immensa ricchezza”. Lo sottolinea il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti, in occasione della Giornata Mondiale della Biodiversità, proclamata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, che si è celebrata il 22 maggio.
In Italia oggi sono protetti oltre 3 milioni di ettari, pari a circa il 10,5% della superficie nazionale e tale sistema si integra alla Rete Natura 2000, istituita ai sensi delle Direttive Uccelli 2009/147/CE e Habitat 92/43/CEE, che interessa una superficie totale di circa 6 milioni di ettari, il 19,3% del territorio nazionale.
Gli agricoltori contribuiscono alla conservazione della biodiversità, una ricchezza di straordinario valore culturale, prima ancora che economico.
Circa il 21% della superficie agricola italiana è potenzialmente classificabile come area agricola ad alto valore naturalistico (AVN), in cui si mantiene un elevato numero di specie e di habitat naturali. Una vera e propria infrastruttura verde, che oltre a produrre cibo fornisce numerosi servizi ecosistemici essenziali per lo svolgimento delle diverse attività economiche e sociali: la regolazione del ciclo delle acque, la difesa idrogeologica, il sequestro del carbonio, la tutela del suolo e del paesaggio, oltre a significativi servizi culturali, formativi e turistici. Permette anche di migliorare la connessione con le aree naturali protette.
Gestire il patrimonio naturale significa tutelarlo in modo lungimirante, e soprattutto concreto – sottolinea il presidente di Confagricoltura. “Servono quindi politiche agricole, a livello europeo e nazionale, che favoriscano pratiche sostenibili e compatibili con la tutela della biodiversità, ma che garantiscano al tempo stesso una stabilità di mercato e una equa remunerazione agli agricoltori e a tutti gli attori della filiera. In questo ci possono aiutare la ricerca e l’innovazione tecnologica applicate ad un’agricoltura moderna e competitiva, che migliori le performance e valorizzi l’ambiente e il paesaggio, in primis preservando le risorse naturali”.
Sono oltre 700mila aziende agricole attive sul territorio nazionale a garantire, con il loro lavoro quotidiano, la tutela del patrimonio boschivo e delle biodiversita’ colturali attraverso pratiche in linea con modelli di produzione evoluti.
Innovazione e ricerca sono temi d’interesse per Confagricoltura, che in questi anni ha investito molto con iniziative e progetti, anche sul piano della formazione.
Attraverso le attività agricole e forestali, che gestiscono quasi il 60% del territorio italiano – aggiunge Massimiliano Giansantisi potrebbero recuperare in modo strategico molte aree del nostro Paese, non solo per evitare di sottrarre terreni coltivabili all’agricoltura e aumentare zone verdi, ma anche per migliorare l’aspetto dei luoghi dal punto di vista paesaggistico e la qualità della vita, a beneficio delle generazioni presenti e future”.