La Gazzetta Ufficiale n. 226 del 21 settembre scorso ha pubblicato il decreto legge 21 settembre 2021, n. 127 recante “Misure urgenti per assicurare lo svolgimento in sicurezza del lavoro pubblico e privato mediante l’estensione dell’ambito applicativo della certificazione verde Covid-19 e il rafforzamento del sistema di screening”.
Le norme del decreto, e in particolare le prescrizioni contenute nell’art. 3 relative al settore privato, hanno effetto anche nei luoghi di lavoro e nei confronti dei lavoratori del settore agricolo.
Si rileva preliminarmente che sull’argomento il Governo ha preannunciato l’emanazione nei prossimi giorni di apposite linee guida per un’omogenea definizione delle modalità organizzative che devono essere adottate entro il 15 ottobre prossimo dai datori di lavoro nell’esercizio delle verifiche nei confronti dei lavoratori.
L’art. 3 del decreto-legge in commento – novellando il decreto-legge n.52/2021, convertito dalla legge n.87/2021, a cui aggiunge l’art. 9-septies (“Impiego delle certificazioni verdi Covid-19 nel settore privato”) – estende l’obbligo della certificazione verde Covid-19 (cosiddetto green pass) a tutti i lavoratori del settore privato, al fine di accelerare le vaccinazioni e prevenire la diffusione dell’infezione da SARS-CoV-2.
Viene infatti sancito l’obbligo di possedere e di esibire su richiesta la “certificazione verde Covid-19” di cui all’articolo 9, c. 2, del citato decreto-legge n.52/2021, per chiunque svolga un’attività lavorativa nel settore privato ai fini dell’accesso nei luoghi in cui la predetta attività è esercitata.
L’obbligo vige dal 15 ottobre al 31 dicembre 2021, fino cioè alla cessazione dello stato di emergenza Covid.
Si ricorda che la certificazione verde Covid-19 attesta una delle seguenti condizioni:
a) avvenuta vaccinazione anti-SARS-CoV-2;
b) avvenuta guarigione da Covid-19;
c) effettuazione di test antigenico rapido o molecolare con esito negativo al virus SARS-CoV-2.

 

Ambito di applicazione

L’obbligo in questione ha una portata molto ampia, tenuto conto che esso si applica in tutti i settori produttivi, compreso quello agricolo e in tutti i luoghi di lavoro. La norma fa infatti genericamente riferimento “ai luoghi in cui la predetta attività è svolta”, senza distinguere se si tratti di spazi chiusi, aperti o semiaperti e senza distinzioni rispetto al settore di appartenenza.
Vasta è anche la platea dei soggetti sottoposti alla verifica che non riguarda solo i lavoratori subordinati ma anche “tutti i soggetti che svolgono, a qualsiasi titolo, la propria attività lavorativa o di formazione o di volontariato” nei luoghi di lavoro “anche sulla base di contratti esterni”.
Sono quindi ricompresi i lavoratori subordinati, parasubordinati, occasionali, i tirocinanti, nonché i lavoratori autonomi e i lavoratori dipendenti da aziende terze che svolgono lavorazioni sulla base di contratti esterni (appalto d’opera o di servizi).
E così in agricoltura, la verifica deve essere effettuata nei confronti di tutte le categorie di lavoratori subordinati (operai, anche a tempo determinato, impiegati, quadri e dirigenti), parasubordinati (collaboratori coordinati e continuativi, collaboratori occasionali, etc.), prestatori con contratto di prestazione occasionale (cd. voucher), liberi professionisti chiamati a svolgere attività in azienda, nonché lavoratori autonomi agricoli e loro coadiuvanti familiari.
Sono esclusi soltanto i soggetti esenti dalla campagna vaccinale sulla base di idonea certificazione medica rilasciata secondo i criteri definiti dal Ministero della salute.

 

Verifica dell’obbligo da parte dei datori di lavoro

La verifica circa il possesso della certificazione verde COVID-19 spetta al datore di lavoro, anche con riferimento a tutti i possibili soggetti (ulteriori rispetto ai suoi dipendenti) che svolgono in azienda un’attività lavorativa a qualsiasi titolo, o di formazione o di volontariato, anche sulla base di contratti esterni.
In altre parole, il datore di lavoro è tenuto a verificare il possesso di green pass anche per soggetti “esterni” che accedono ai luoghi di lavoro per motivi professionali (per esempio in attuazione di contratti di appalto d’opera o di fornitura di servizi) o formativi o di volontariato.
I datori di lavoro hanno l’obbligo di definire, entro il 15 ottobre 2021, le modalità operative per l’organizzazione delle verifiche, anche a campione, “prevedendo prioritariamente, ove possibile, che tali controlli siano effettuati al momento dell’accesso ai luoghi di lavoro” e di individuare con atto formale i soggetti incaricati dell’accertamento delle violazioni degli obblighi.
Dal tenore letterale della norma, appare evidente che il datore di lavoro, in caso di controlli, sarà tenuto a provare di aver adottato apposite modalità operative per l’organizzazione delle verifiche e di aver individuato i soggetti incaricati. È opportuno quindi che tali atti siano adottati, entro il 15 ottobre 2021, con modalità che consentano di provare la loro esistenza agli organi di controllo.
Da sottolineare che la norma prevede che il controllo debba essere effettuato prioritariamente, ove possibile, al momento dell’accesso ai luoghi di lavoro. Non è escluso quindi che – considerate le particolari circostanze in cui si svolge l’attività, come per esempio in agricoltura – il controllo possa essere effettuato anche in un momento diverso da quello dell’ingresso, soprattutto nell’ipotesi in cui l’accesso al luogo di lavoro non avvenga attraverso uno o più varchi controllabili (ad es. negli spazi all’aperto).
Le verifiche, inoltre, possono essere effettuate anche “a campione”, lasciando dunque la possibilità di non effettuare necessariamente tutti i giorni verifiche a tappeto.
Nell’individuare il soggetto su cui grava l’obbligo di verifica, il decreto-legge fa esplicito riferimento ai datori di lavoro, ossia a soggetti che sono parte di un rapporto di lavoro subordinato. Resta da chiarire, a una prima lettura della norma, se un imprenditore che non si avvalga di lavoratori dipendenti ma solo di contoterzisti, collaboratori occasionali, coadiuvanti familiari, sia comunque destinatario dell’obbligo di verifica.
Le verifiche delle certificazioni verdi COVID-19 sono effettuate con le modalità indicate da un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, adottato ai sensi dell’articolo 9, comma 10, del citato decreto-legge n.52/2021 .
È appena il caso di ribadire che sulle modalità di verifica del possesso del green pass a cura del datore di lavoro, considerata la delicatezza della materia e le connesse responsabilità, è auspicabile che vengano emanate, da parte delle amministrazioni competenti delle linee guida chiare a cui i soggetti interessati possano attenersi al fine di limitare il rischio di contestazioni.

 

Conseguenze per i lavoratori sprovvisti di certificazione verde Covid-19

I lavoratori che comunichino di non essere in possesso della certificazione verde COVID-19 o che risultino privi della predetta certificazione al momento dell’accesso al luogo di lavoro, sono considerati assenti ingiustificati fino alla presentazione della predetta certificazione, comunque, non oltre il 31 dicembre 2021, senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro.
Per i giorni di assenza ingiustificata non sono dovuti la retribuzione né altro compenso o emolumento, comunque denominato.
Il decreto prevede inoltre che “Per le imprese con meno di quindici dipendenti, dopo il quinto giorno di assenza ingiustificata di cui al comma 6, il datore di lavoro può sospendere il lavoratore per la durata corrispondente a quella del contratto di lavoro stipulato per la sostituzione, comunque per un periodo non superiore a dieci giorni, rinnovabili per una sola volta, e non oltre il predetto termine del 31 dicembre 2021” (art. 3, comma 7).
Tale disposizione, per la verità formulata in modo non chiarissimo, riconosce alle imprese con meno di 15 dipendenti la possibilità di sospendere il lavoratore sprovvisto di certificazione verde, a partire dal 6° giorno di carenza di certificazione, per un periodo fino a 10 giorni, rinnovabili per una sola volta, nell’ipotesi in cui assumano altro dipendente in sostituzione.
In altre parole, il datore di lavoro al di sotto della predetta soglia che accerti che il proprio dipendente è sprovvisto di green pass potrà sospenderlo – a partire dal 6° giorno di assenza – per la durata corrispondente a quella del contratto di lavoro stipulato per la sostituzione, e comunque per un periodo non superiore a 10 giorni rinnovabili per una sola volta (e quindi 10+10). La sospensione, per il periodo previsto (10+10 giorni) resta efficace anche nell’ipotesi in cui il lavoratore dovesse, successivamente al provvedimento di sospensione, acquisire la certificazione.

 

Sanzioni

In caso di mancata adozione di apposite misure organizzative o di mancata verifica delle certificazioni, si applica nei confronti dei datori di lavoro una sanzione amministrativa nella misura da 400 a 1.000 euro (pari a quella prevista dall’art. 4, c. 1, 3, 5 e 9, del decreto-legge n. 19/2020, convertito dalla legge n. 35/2020, per il mancato rispetto delle misure di contenimento anti-COVID).
L’accesso di lavoratori nei luoghi di lavoro in violazione degli obblighi di certificazione verde COVID-19 è invece punito più severamente con una sanzione stabilita in euro da 600 a 1.500.
Le sanzioni sono irrogate dal Prefetto a cui vengono trasmessi gli atti relativi alla violazione dai soggetti incaricati dell’accertamento e della contestazione.

 

Costo dei tamponi

Vale la pena di precisare che il costo dei tamponi rimane a carico dei lavoratori, non essendo stato previsto nessun obbligo in tal senso per i datori di lavoro.
Il decreto-legge interviene però per calmierare il costo dei “tamponi” al fine di agevolare la certificazione verde da parte dei lavoratori non vaccinati, prevedendo che le strutture sanitarie convenzionate con il Servizio Sanitario Nazionale e le farmacie assicurino, sino al 31 dicembre 2021, la somministrazione di test antigenici rapidi per la rilevazione di antigene SARS-CoV-2, secondo modalità e prezzi previsti in un apposito protocollo d’intesa.
L’esecuzione gratuita di test antigenici rapidi per la rilevazione di antigene SARS-CoV-2 somministrati nelle farmacie o nelle strutture sanitarie convenzionate è invece garantita ai soli soggetti che non possono ricevere o completare la vaccinazione anti SARS-Cov-2 sulla base di idonea certificazione medica secondo criteri indicati dal Ministero della salute con apposita circolare.

Nell’anno apistico peggiore di sempre l’Italia ha gli alveari vuoti, ma anche i magazzini di scorta stentano a riempirsi. E’ quanto emerge dall’analisi dei dati Istat del primo semestre 2021, con importazioni che tendono al ribasso e scendono a 8.550.990 kg. Si conferma così – informa la Federazione Apicoltori Italiani (FAI), aderente a Confagricoltura – l’andamento su base annua del 2020, con l’import in calo nell’ultimo triennio e il miele straniero transitato alle nostre dogane ridotto da 27.874.961 a 22.303.640 kg (- 20%).
Da sottolineare, secondo la FAI, che l’85% del miele acquistato da operatori commerciali e confezionatori italiani risulta di provenienza europea (UE a 27 Stati membri), ma non è detto che sia stato anche prodotto nei Paesi dichiarati d’origine. Metà di quello che mangiamo è miele che proviene dall’Ungheria, che si consolida come nostro primo partner commerciale: il prodotto sdoganato come magiaro è costato circa 15 milioni di euro a fronte dei primi 4.239.445 kg di quest’anno, vale a dire 3,5 euro/kg.
Tra i paesi europei si fa notare anche la Spagna, nostro secondo partner europeo, che raddoppia il quantitativo esportato in Italia, sfiorando i 700.000 kg, per un controvalore di 1.840.255 euro, pari a 2,6 euro/kg.
Crolla, infine, l’import di miele dalla Cina che si ritrova per ora declassata al terzo posto nella lista dei fornitori extra-europei di miele all’Italia; Ucraina e Serbia viaggiano ormai su quantitativi ben superiori ai 314.070 kg del miele proveniente dal Paese del Dragone, nonostante il modico costo di 1,38 euro/kg.
Un quadro sempre più complesso, difficile da decifrare e dietro il quale si potrebbe nascondere la pratica della nazionalizzazione di miele cinese venduto per europeo, informa la Federazione Apicoltori Italiani. Situazione che vede comunque l’Italia stretta in una morsa che rischia di rivelarsi fatale per i nostri apicoltori: costretti a competere in un mercato dove scarseggia la materia prima, i reali costi di produzione non vengono riconosciuti, si legittimano sistemi produttivi sleali se non addirittura illegali. Condizioni che, nel protrarsi di annate improduttive come quella del 2021, potrebbero innescare abbandoni di massa nel segmento dell’apicoltura da reddito.

La determinazione dirigenziale n. 790 del 13/9/2021, modifica le disposizioni riguardanti le riduzioni ed esclusioni delle operazioni 10.1.3 (tecniche di agricoltura conservativa) e 10.1.5 (riduzione delle emissioni di ammoniaca e gas serra in atmosfera). Le modifiche prevedono in particolare:

 

– per condizioni di ammissibilità di entrambe le operazioni riferite a specifiche particelle, applicazione dell’esclusione alle superfici che non soddisfano il requisito;

 

– per l’operazione 10.1.5, definizione delle riduzioni in caso di utilizzo di attrezzature non del tutto conformi all’impegno ma in grado di determinare benefici ambientali;

 

– per l’azione 10.1.5/1, definizione della riduzione in presenza di un’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) che prescriva la distribuzione rasoterra dei reflui.

 

DD n. 790 del 1392021

La ripartenza del mondo del vino italiano, per il secondo anno consecutivo, è affidato all’Astigiano, con la Douja d’Or che nel corso di questa edizione ritorna ad affollare il centro storico astigiano. Una vetrina importante per le eccellenze enologiche del Monferrato e del Piemonte, ma soprattutto un segnale di tenace convinzione a mantenere alto e vivo lo spirito del nostro territorio Patrimonio dell’Umanità Unesco.

E’ questo il punto di vista di tutte le autorità del settore che guardano con ottimismo anche a questa edizione. Tra queste anche Filippo Mobrici, presidente del Consorzio del Barbera d’Asti e Vini del Monferrato, la cui postazione, durante la rassegna, sarà presso il Palazzo del Michelerio, edificio plurisecolare di Asti, oggi sede del Museo Paleontologico Territoriale dell’Astigiano.

Come dimostrano le cifre del nostro comparto di riferimento – dichiara Mobrici – le aziende hanno retto egregiamente all’impatto di questo anno e mezzo segnato dalla crisi sanitaria e globale, registrando numeri e percentuali ragguardevoli, sintomo di un sistema in piena salute e che può continuare ad esprimere tutto il suo potenziale”.

Presente all’edizione di quest’anno anche la Confagricoltura di Asti che presso il Cortile del Michelerio proporrà alcune selezioni di assaggi di eccellenze gastronomiche del territorio, in accompagnamento alle degustazioni di oltre 200 tra le più prelibate etichette, fra i bianchi e i rossi del Monferrato.

“’Il vino al centro’ è lo slogan più appropriato e che meglio rappresenta il comparto vitivinicolo e quello agricolo in generale all’interno del nostro territorio”, afferma il direttore di Asti Agricoltura Mariagrazia Baravalle. “Sicuramente tutta la filiera vitivinicola è il cuore pulsante dell’economia astigiana ma mi piace pensare anche all’analogia con le partite di calcio in cui la “palla al centro” rappresenta l’inizio, in questo caso una ripartenza dopo la pandemia, anche se, a dire il vero, l’agricoltura non si è mai fermata e tutte le aziende del settore hanno sempre lavorato assiduamente per garantire gli approvvigionamenti necessari anche durante il primo lock-down. Quindi non si dovrebbe forse parlare di ripartenza, bensì di una maggiore consapevolezza e riflessione sull’enorme importanza ricoperta da questo settore e sul giusto riconoscimento che merita, soprattutto da parte delle istituzioni”.

Accanto al Bistrot del Monferrato, con il coordinamento in cucina di DoctorChef Federico Ferrero, Confagricoltura sarà presente presso il Cortile del Michelerio nelle serate del 17-18-19 settembre (anche a pranzo la domenica), proponendo prodotti del territorio elaborati dall’Agriturismo I Surì di San Marzanotto: insalata russa, straccetti di galletto di Tonco, robiola di Cocconato con composta di cipolle, sfoglia di verdure, accompagnati da crostini di focaccia croccanti ed addolciti nel finale dal  prelibato Amaretto morbido di Mombaruzzo.

 

Ecco il programma degli eventi che saranno presenti al Michelerio e che accompagneranno le degustazioni:

 

Venerdì 17 settembre (h. 18,00-01,00)

  • Inaugurazione alle ore 11.00 della Nuova esposizione del Museo Paleontologico Territoriale dell’Astigiano, che ha sede proprio nel Palazzo del Michelerio e che durante la Douja d’Or osserverà le seguenti aperture straordinarie: venerdì e sabato dalle 20,00 alle 23,00; domenica dalle 20,00 alle 22,30.
  • ore 21,30 – I talk della Barbera: Overland Experience. Racconti, documenti e immagini direttamente dalla voce di chi ha vissuto questa fantastica avventura e presentazione del libro Iveco – Overland “L’Africa del mio camion” di Beppe “Simon” Simonato

 

Sabato 18 settembre (18,00-01,00)

  • Ore 18,00 – Inaugurazione XIV Giornata Nazionale Aisla, con l’esibizione della Fanfara della Brigata Alpina Taurinense
  • ore 21,30 – I talk della Barbera: Federico Poggipollini si racconta… Il musicista bolognese classe 1968, storico chitarrista di Luciano Ligabue ma anche prolifico e eclettico artista solista, alternerà gli aneddoti della sua carriera con la descrizione del suo progetto “Canzoni rubate”

 

Domenica 19 settembre (11,00-14,00 ; 18,00-22,30)

  • ore 21,00 – I talk della Barbera: “Donne all’opera – dialoghi con un tenore” con Enrico Iviglia. L’artista presenterà il suo libro, un intreccio di argomenti forti e attuali attraverso le figure delle principali protagoniste femminili del melodramma. Dialogherà con il giornalista de La Stampa Carlo Francesco Conti.

 

INVITO AL MICHELERIO 2021

Le Commissioni Attività produttive e Agricoltura della Camera hanno avviato l’esame dello schema di decreto legislativo recante disposizioni per l’attuazione della direttiva (UE) 2019/633 in materia di pratiche commerciali sleali nei rapporti tra imprese nella filiera agricola e alimentare nonché dell’articolo 7 della legge 22 aprile 2021, n. 53 in materia di commercializzazione dei prodotti agricoli e alimentari (Atto del Governo n. 280).
Nel corso dell’audizione parlamentare di ieri 15 settembre, Agrinsieme – il coordinamento di Confagricoltura, Cia, Copagri e Alleanza delle Cooperative Agroalimentari – ha ribadito come sia fondamentale il rafforzamento del quadro giuridico vigente. Per Agrinsieme va rapidamente recepita la direttiva comunitaria, rafforzando e consolidando le misure nazionali di contrasto già adottate in Italia, per ridare fiducia e stabilità alla filiera.
In particolare Confagricoltura e le altre organizzazioni che costituiscono Agrinsieme hanno chiesto si è chiesto di confermare tutte le esenzioni oggi previste dalla normativa nazionale, in particolare quella prevista per le cessioni di prodotti tra agricoltori; in caso contrario l’applicazione della direttiva potrebbe comportare un “back sliding” (ovvero un regresso) rispetto al quadro giuridico attuale. Rilevante – ad avviso di Agrinsieme – è il principio di garanzia della riservatezza, in quanto rafforza la posizione dell’operatore che denuncia una pratica sleale ed è importante valorizzare il ruolo delle organizzazioni di rappresentanza nella presentazione delle denunce all’autorità nazionale di contrasto.