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L’agricoltura e l’allevamento sono attività essenziali di fondamentale importanza per l’alimentazione umana oltre che di tradizione millenaria, caratterizzate inoltre dalla circolarità delle materie prime. In ragione di ciò condanniamo fermamente tutti i messaggi che ritengono che l’agricoltura e l’allevamento siano fonti di inquinamento, che riteniamo ancora più gravi se non rapportati all’impatto causato da altri comparti dell’economia, caratterizzati senza ombra di dubbio da una minore circolarità”. Una posizione netta da parte di Confagricoltura, a proposito dei contenuti emersi nel corso di una puntata di una trasmissione in onda sul servizio pubblico.
Sulla questione interviene anche Confagricoltura Asti per bocca del suo rappresentante Ezio Veggia: “Riteniamo inoltre ancora più grave, soprattutto in un momento triste e delicato come questo, collegare il ruolo degli allevamenti alla grave pandemia del Covid-19, senza evidenza scientifica“, fa notare Veggia, perfetto conoscitore della materia in qualità di presidente della Federazione nazionale di Confagricoltura denominata “Bioeconomia: prodotti e processi innovativi”.
In un periodo in cui il Paese viene messo quotidianamente a dura prova, sotto tutti i punti di vista – continua Veggia – è inaccettabile che venga messo in discussione un settore che ha sempre garantito produttività, cibo e rifornimenti a tutti, e continuerà a farlo nel pieno rispetto delle prescrizioni sanitarie. Ricordiamo a tal proposito che esistono diversi studi scientifici che dimostrano come il Covid-19 non si trasmetta agli animali zootecnici, soprattutto se vi è un confinamento che ne garantisce la biosicurezza. Gli allevamenti confinati e ad elevata efficienza, al contrario, riducono l’inquinamento e contribuiscono a sicurezza, salute e benessere degli animali allevati. Tutte premesse ottimali che permettono la produzione di cibo sostenibile, di qualità e di alto valore nutrizionale”.
La gravità della situazione del Paese e le conseguenti misure adottate per il contenimento della pandemia con il blocco quasi totale di numerose attività (ma non quelle agricole), ha portato a una riduzione dell’inquinamento dell’aria nell’ordine del 30%. Anche l’ISPRA certifica infatti che l’agricoltura è responsabile di emissioni di PM10 e PM2.5 in percentuali nettamente inferiori e meno significative a quelle di altri comparti produttivi.
Proprio in riferimento alle polveri sottili Veggia conclude affermando che “è proprio il Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente a certificare come la provenienza di tale preoccupante crescita derivi dalle correnti atmosferiche e dalle polveri provenienti dalla zona del Mar Caspio, e non dallo spandimento dei liquami zootecnici nei campi”.