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Il consiglio direttivo di Confagricoltura Piemonte, che si è riunito il 21 dicembre a Torino sotto la presidenza di Enrico Allasia, ha nominato Paolo Bertolotto vice direttore dell’Organizzazione.
61 anni, laureato in Scienze Agrarie all’Università di Torino, Paolo Bertolotto ha sviluppato tutto il suo percorso professionale all’interno dell’associazione agricola. Assunto nel 1989 in qualità di tecnico, ha maturato una lunga esperienza in diversi ambiti, assumendo da ultimo la guida dell’Area Politica Agricola ed Economica.
Confagricoltura Piemonte, diretta da Ercole Zuccaro, rappresenta circa 12.000 imprese agricole singole e associate della regione, aderenti alle Unioni provinciali degli Agricoltori, articolazioni territoriali di Confagricoltura.
L’organizzazione, attiva sul territorio subalpino con oltre 250 collaboratori qualificati, opera per la tutela degli interessi delle imprese e per il progresso dell’agricoltura, fornendo rappresentanza sindacale ai datori di lavoro e agli imprenditori agricoli professionali, consulenza e assistenza per lo svolgimento delle attività tecniche ed economiche delle aziende agricole, agroalimentari e ambientali.

 

Paolo Bertolotto

Gli imprenditori agricoli piemontesi raccolgono la sfida della transizione energetica. Nella sede di Confagricoltura Piemonte, a Torino, si è svolto oggi l’incontro promosso dall’organizzazione agricola ed Enel per illustrare alle aziende associate i contenuti degli accordi sottoscritti tra Confagricoltura ed Enel per offrire un pacchetto di soluzioni su misura per le aziende del settore che riguardano sia il fronte dell’energia, elettrica e gas, sia l’efficienza energetica.
L’incontro è stato aperto dagli interventi di Enrico Allasia, Presidente Confagricoltura Piemonte, Riccardo Ferrero, Presidente Sezione Bioeconomia Confagricoltura Piemonte e Donato Rotundo di Confagricoltura ai quali hanno fatto seguito Valentina Giarletta e Lanfranco Di Campello in rappresentanza di Enel Italia che hanno illustrato le opportunità offerte dalla transizione energetica grazie ad interventi mirati e personalizzati sui cicli produttivi agricoli.
In particolare, la proposta si articola, anche tramite il supporto di figure commerciali dedicate da parte di Enel Energia ed Enel X, in studi di progetto per valutare la convenienza economica e di fattibilità della proposta commerciale, prodotti dedicati per le commodities elettrica e gas, il Circular Economy Report per misurare attraverso un’azione di audit la circolarità dell’azienda e le azioni possibili di miglioramento per l’efficientamento energetico, come l’installazione di impianti fotovoltaici nuovi o l’ottimizzazione di quelli esistenti, le comunità energetiche rinnovabili, le infrastrutture di ricarica per la mobilità elettrica.
Capitolo importante della sinergia è inoltre favorire l’innovazione tecnologica, quindi anche il fotovoltaico, rispettando le aree rurali nel loro complesso, compresi gli aspetti paesaggistici.
Enel e Confagricoltura Piemonte definiranno ora una serie di iniziative di approfondimento dedicate a specifici settori di attività e lavorazioni del settore agricolo.

Martedì 9 novembre ha avuto luogo il bilancio dell’annata agraria 2021 presentato da Confagricoltura Piemonte, alla presenza anche del presidente nazionale di Confagricoltura Massimiliano Giansanti. Nell’annata appena trascorsa si rilevano produzioni in calo e prezzi in aumento per i cereali e le oleaginose; significative perdite di raccolti anche per prati, erbai, medicai e ortofrutta. Eccellente la vendemmia. Redditività sempre più scarsa per gli allevamenti zootecnici, mentre è quasi azzerata la produzione di miele.
Un inverno mite, una primavera piovosa con temperature fortemente altalenanti e una serie di gelate tardive, associati a un’estate calda e particolarmente asciutta, seguita da un autunno nuovamente mite: questo l’andamento climatico che ha segnato l’annata agraria 2020-2021, caratterizzata da una grave e perdurante siccità, che ha interessato soprattutto il Piemonte meridionale.
Le coltivazioni erbacee, frumento e mais in particolare, ma anche prati, medicai ed erbai annuali hanno patito la carenza idrica riducendo in modo significativo le produzioni, mentre le coltivazioni legnose, frutteti e vigneti in particolare hanno retto meglio, limitando il quantitativo dei raccolti, che si sono però rivelati di buona qualità.

Dal bilancio dell’annata agraria emerge che la campagna del grano tenero si è chiusa con un calo produttivo di circa il 10%, mentre la riduzione di raccolto per l’orzo è stata più contenuta. Anche il mais ha risentito dell’andamento stagionale favorevole, con un calo produttivo del 30 – 40%, e localmente con un azzeramento della produzione a causa di grandinate, piogge violente e forte siccità in alcune aree della regione.
Da segnalare l’andamento positivo dei prezzi dei cereali, spinti dall’ondata dei rincari delle materie prime a livello mondiale, che hanno però messo in difficoltà la zootecnia per il forte aumento dei costi energetici e dei mangimi. Sostanzialmente stabile la produzione di oleaginose, quali soia, girasole e pisello proteico.
Il vigneto piemontese ha regalato una vendemmia di ottima qualità, anche se non abbondante, con un calo di produzione di circa il 10% rispetto all’anno scorso. Le gelate del mese di aprile e l’estate con un periodo di forte caldo alternato da violenti temporali hanno danneggiato prima le fioriture e poi il raccolto dei frutteti. Il meteo ha condizionato anche le coltivazioni orticole in pieno campo: soddisfacente invece l’andamento del mercato, con prezzi in sostanziale tenuta. La prolungata siccità e il clima torrido dei mesi estivi hanno provocato problemi di produzione per prati, erbai e medicali, con perdite di raccolto del 30- 40%.
Sul fronte degli allevamenti zootecnici in generale si rileva un forte calo di redditività, dovuto all’aumento dei costi di produzione. In pesante difficoltà gli allevamenti avicoli (produzione di polli da carne, tacchini e uova), forti consumatori di cereali e proteoleaginose. Si segnalano forti preoccupazioni per la pressione delle produzioni estere sul mercato dei bovini da carne, che continuano a scontare bassi prezzi all’origine. Continuano a permanere basse le quotazioni del latte alla stalla, con prezzi stazionari che penalizzano gli allevatori. Situazione pesante anche per i suini: dopo gli aumenti di prezzo degli animali vivi nel periodo tra aprile e agosto, nei mesi di settembre e ottobre si è registrata una significativa riduzione dei prezzi e attualmente, per quanto riguarda i suini da macello più pregiati (quelli di peso tra i 160 e i 176 kg) il prezzo è inferiore dell’1,13% rispetto all’anno scorso.
Andamento particolarmente sfavorevole per l’apicoltura: le numerose avversità meteorologiche hanno causato una forte riduzione, quando non addirittura l’azzeramento, delle rese dei mieli primaverili più importanti e compromesso anche le produzioni estive.
Continua a ridursi il numero delle imprese agricole. In base ai dati dell’Anagrafe Unica della Regione Piemonte le aziende agricole erano 70.780 nel 2005, 62.706 nel 2010, 42.150 l’anno scorso e 40.152 quest’anno (riduzione quindi del 4,7% nell’ultimo anno).
L’analisi del dato astigiano preoccupa il direttore di Asti Agricoltura Mariagrazia Baravallesi evidenzia una riduzione del numero di aziende dell’8,4% (da 5.234 a 4.792), una percentuale quasi doppia rispetto alla media regionale”, che però aggiunge “nonostante la riduzione del numero delle imprese si mantiene, almeno a livello regionale, sostanzialmente stabile la percentuale di giovani agricoltori: i titolari di azienda con meno di 41 anni erano il 14% nel 2010, mentre quest’anno sono il 13,6%. Ciò significa che il settore primario ha la necessità di un forte ricambio generazionale per poter affrontare con vigore le nuove sfide sul fronte della competitività e dell’internazionalizzazione”.
Il presidente di Asti Agricoltura Gabriele Baldi riscontra “un sostanziale mantenimento della superficie vitata, pari a 14.059 ettari ed un sensibile incremento (+ 5,2%) della superficie coltivata a nocciolo che è passata da 5.684 a 5.979 ettari” e poi rimarca “Occorre migliorare l’efficacia delle politiche agricole per favorire uno sviluppo sostenibile delle imprese: si tratta di utilizzare meglio i fondi del programma dello sviluppo rurale, intensificando la collaborazione nella Conferenza Stato Regioni e accelerando il confronto sulla nuova programmazione regionale. Inoltre due problemi che ci assillano da troppo tempo – conclude Baldi – e che devono trovare al più presto soluzione: la riduzione della burocrazia e la lotta agli animali selvatici che rappresentano ormai una piaga per le imprese agricole piemontesi”.
Come ha ricordato il presidente nazionale di Confagricoltura Massimiliano Giansanti intervenendo alla conferenza stampa: “La politica agricola comunitaria finora ha garantito ai cittadini cibo di qualità, salubre e in quantità. La nuova impostazione è a forte vocazione sociale: ci sarà un riequilibrio delle erogazioni a favore delle piccole imprese. Ciò che non occorre perdere di vista – ha aggiunto Giansanti – è il sostegno alla competitività delle imprese che per essere sostenibili devono assicurare un reddito adeguato agli agricoltori“. Il presidente di Confagricoltura ha ancora ricordato il contributo ecosistemico dell’agricoltura in termini di contrasto al cambiamento climatico. “Lavoreremo per sfruttare meglio boschi e foreste e per avviare un piano straordinario di produzione di proteine vegetali che riduca la nostra dipendenza dall’estero – ha concluso Giansanti – augurandoci che l’agricoltura possa utilizzare appieno i fondi del piano nazionale di ripresa e resilienza per continuare ad offrire il proprio contributo alla valorizzazione dell’ambiente”.

In allegato riportiamo i dati riferiti alla provincia di Asti desunti dall’Anagrafe Agricola Regionale

Annata agraria 2021_dati provincia di Asti

Non è soltanto il comparto dei bovini da carne a essere in difficoltà per l’aumento dei costi delle commodities a livello internazionale. La spinta dei prezzi su cereali e leguminose, che si riflette sui costi di alimentazione del bestiame, riduce a livelli minimi i margini degli allevatori, che in alcuni casi sono costretti a lavorare in perdita. La riduzione degli stock di cereali a livello mondiale, unita alle previsioni di scarsi raccolti a causa di un clima impazzito che penalizza le coltivazioni con piogge torrenziali e periodi di siccità prolungati in diverse aree del pianeta, ha innescato una serie di tensioni sui mercati a termine delle materie prime agricole, che unite alle speculazioni tipiche di questi commerci hanno provocato un’impennata dei prezzi che ha fatto salire il costo degli alimenti zootecnici di circa il 50% nell’arco di un anno.
Un altro comparto zootecnico in difficoltà è quello delle uova, con prezzi all’origine che cedono del 5 – 6% rispetto a un anno fa e con costi di produzione in forte aumento.
Nel comparto lattiero caseario la situazione è estremamente delicata, come spiega Guido Oitana, presidente degli allevatori di bovine da latte di Confagricoltura Piemonte. “Ciò che rileviamo – sottolinea Oitana – è che tra i prezzi all’origine e quelli al consumo esiste un notevole divario. Per quanto riguarda il mercato del latte spot, ovvero quello che non è sotto contratto, nelle ultime settimane i listini hanno fatto segnare aumenti considerevoli. Attualmente la quotazione è di circa 41 centesimi al litro, mentre il latte sotto contratto, vale a dire quello ritirato quotidianamente dai caseifici per la produzione latte fresco o di formaggi, è pagato tra i 35 e i 37 centesimi al litro (al netto dell’Iva). I bilanci 2020 delle principali industrie lattiero-casearie evidenziano un forte recupero di marginalità rispetto all’anno precedente. Gli allevatori sono stretti in una morsa: con un prodotto deperibile e uno scarso potere contrattuale finiscono per essere vittime di un mercato che penalizza in modo pesante i loro sforzi”.
Riequilibrare i rapporti all’interno della filiera agricola richiederà grande impegno. Nel frattempo – annota Confagricoltura – potrebbe essere utile, anche per dare un segnale al mercato, controllare con maggior attenzione l’etichettatura d’origine dei prodotti posti in commercio, per evitare danni a carico dei consumatori e azioni lesive del regime di leale concorrenza tra i produttori.
Ciò che occorre rilevare – dichiara Ercole Zuccaro, direttore di Confagricoltura Piemonte è che le cause delle tensioni commerciali sulle commodities agricole non possono essere addebitate ai conduttori di seminativi. Il prezzo dei cereali, infatti, che oggi viene considerato eccessivo, ha in realtà recuperato ciò che nell’ultimo decennio gli era stato sottratto. È necessario individuare strumenti che creino i presupposti per lo sviluppo di rapporti di filiera solidi, in grado di consentire alle aziende di reggere a temporanei squilibri di mercato, evitando di passare da una crisi all’altra con il rischio di annientare intere filiere produttive”.
Un altro aspetto – ad avviso di Confagricoltura – sul quale i consumatori possono svolgere un ruolo importante, è la giusta valorizzazione delle produzioni alimentari. “La distribuzione che offre prezzi super convenienti, scontati o sottocosto per il cibo quotidiano – dichiara Enrico Allasia, presidente di Confagricoltura Piemontenon rende giustizia a chi produce, trasforma, commercializza e neanche a chi consuma. Non è possibile che ci vogliano tre litri di latte per pagare una tazzina di caffè al banco. Se non ci rendiamo conto che bisogna bloccare queste mortificazioni a danno di chi produce correremo il rischio di mettere a repentaglio la nostra sicurezza alimentare, sia per quanto riguarda la salubrità dei prodotti, sia per il livello degli approvvigionamenti”.
Confagricoltura ha chiesto nei giorni scorsi un intervento della Regione Piemonte per fronteggiare questa situazione e si augura che il dialogo tra le componenti organizzate del mondo agricolo e dell’industria di trasformazione possa portare all’individuazione di un percorso virtuoso, in grado di porre le basi per una ripartenza della zootecnia piemontese.

È scaduto il 5 luglio, il termine ultimo per la presentazione delle osservazioni tecniche alla Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee (CNAPI) a ospitare il Deposito Nazionale dei rifiuti radioattivi che verrà realizzato su una superficie 150 ettari di terreno accorpati, vale a dire 1 milione e 500mila metri quadrati di terreno, corrispondenti a 210 campi da calcio messi uno accanto all’altro, un quadrato di 1,2 chilometri di lato.
In Piemonte sono 8 le zone individuate di cui 6 in provincia di Alessandria (Oviglio, Castelletto Monferrato-Alessandria-Quargnento, Fubine-Quargnento, Bosco Marengo-Frugarolo, Castelletto Bormida-Sezzadio e Bosco Marengo-Novi) e 2 in provincia di Torino (Caluso-Mazzè-Rondissone e Carmagnola).
Confagricoltura Piemonte ha presentato nei giorni scorsi un documento tecnico di osservazioni alla Sogin, società pubblica che ha il compito di localizzare, progettare, realizzare e gestire il Deposito Nazionale e Parco Tecnologico, in base a quanto previsto dal decreto legislativo n. 31 del 2010 e successive modifiche e integrazioni.
Riteniamo – afferma Enrico Allasia, presidente di Confagricoltura Piemonteche le valutazioni effettuate dalla Sogin non siano state sufficientemente approfondite e non abbiano preso in debita considerazione alcuni aspetti piuttosto rilevanti dal punto di vista geologico, ambientale ed economico. L’agricoltura – prosegue Allasia – è il settore che paga il danno più rilevante alla costruzione del Deposito di scorie nucleari e del Parco tecnologico. Le aree individuate sono, infatti, estremamente interessanti per le produzioni orticole, foraggere e cerealicole che costituiscono la materia prima essenziale per lo sviluppo della filiera zootecnica da latte e da carne. Alcune di esse poi si avviciniamo pericolosamente a siti tutelati dall’Unesco oppure, nel caso di Mazzè – Caluso, ad aree vitate di pregio a poche centinaia di metri da un parco naturale con all’interno il lago di Candia”.
Le ricadute socio-economiche, evidenzia Confagricoltura Piemonte, sarebbero pesantissime, sia per i terreni che verrebbero sottratti alla coltivazione, sia per la compromissione di filiere orticole, zootecniche e vitivinicole di altissimo valore: per contro tutti i documenti e gli studi effettuati per l’individuazione dei siti trascurano le ricadute economiche sul territorio, addirittura ipotizzando una valorizzazione delle zone interessate senza elementi oggettivi a supporto.
Confagricoltura Piemonte non oppone una chiusura pregiudiziale, ma oggettiva, alla localizzazione del Deposito Nazionale dei rifiuti radioattivi: non è possibile, infatti, pensare di tutelare l’agricoltura di qualità e la memoria del paesaggio trasformando un territorio di pregio in area vocata allo smaltimento di scorie nucleari, tanto più in un contesto nel quale il problema della perdita di terreni è acuito dalla combinazione del degrado del suolo, dell’erosione e dei cambiamenti climatici che rischiano di ridurre sensibilmente i raccolti.
Occorre acquisire consapevolezza del ruolo chiave che l’impresa agricola sana, vitale e produttiva svolge in un territorio e di come il suolo rappresenti un bene prezioso e non riproducibile: se si riduce la superficie destinata all’agricoltura – conclude Allasia – diminuisce la possibilità di produrre cibo, mentre la popolazione mondiale aumenta e richiede sempre maggiori derrate alimentari”.