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La pandemia non ha fermato la crescita delle esportazioni di prodotti agroalimentari dell’Unione Europea: da gennaio a novembre dello scorso anno, secondo i dati diffusi dalla Commissione, le vendite all’estero hanno sfiorato i 170 miliardi di euro. Tenuto conto dell’andamento in flessione delle importazioni, si è registrato un saldo attivo di oltre 56 miliardi di euro, con un aumento del 2% nei confronti dello stesso periodo del 2019. La crescita delle esportazioni italiane di settore – circa 1,5% in più sul 2019 – è stata addirittura superiore alla media UE.
I dati della Commissione dimostrano una volta di più che l’Unione può contare su un sistema agroalimentare solido e tra i più avanzati a livello mondiale” – sottolinea il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti. “Non solo ha garantito, pur tra tante difficoltà, la continuità dei rifornimenti nel corso dell’emergenza sanitaria, ma sono anche aumentate le vendite sui mercati terzi, generando un saldo attivo importante in un anno segnato da una pesante caduta dell’attività economica e dell’occupazione”. “Tra le note positive, non mancano alcuni aspetti critici sui quali intervenire in termini di sostegno e rilancio – aggiunge Giansanti – a causa delle chiusure del canale Horeca a livello internazionale per il contenimento dei contagi, nel periodo considerato le esportazioni di vini europei hanno perso 1,3 miliardi di euro. L’export, inoltre, è stato anche penalizzato dai dazi aggiuntivi sui vini di alcuni Stati membri destinati al mercato USA”.
Alla base della solidità del sistema agroalimentare europeo c’è una rete di imprese agricole in grado di rispondere alle esigenze dei consumatori e aperte alle innovazioni necessarie per una maggiore sostenibilità ambientale”.
A breve, si concluderà il negoziato sulla nuova politica agricola comune (PAC). Le Istituzioni di Bruxelles sono chiamate a raggiungere un’intesa idonea a salvaguardare i livelli di efficienza e competitività, per tutelare il potenziale produttivo dell’agricoltura europea”, conclude il presidente di Confagricoltura. “La pandemia ha indicato che, in termini strategici ed economici, non sarebbe conveniente aumentare la dipendenza dalle importazioni o ricorrere sempre di più ai cibi sintetici”.

Senza l’emergenza Covid l’export del “Made in Italy” agroalimentare verso i Paesi UE sarebbe aumentato in modo rilevante nel 2020. E’ quanto emerge da un rapporto del Centro Studi di Confagricoltura che evidenzia un aumento del 4% nel mese di gennaio e del 10% in febbraio. Crescita, purtroppo, annullata da un -10% registrato in marzo, quando la pandemia si è diffusa in tutta l’Europa, con le conseguenti restrizioni agli spostamenti delle persone e alla chiusura delle attività di ristorazione, caffetteria e ospitalità turistica.
Prendendo in considerazione i prodotti agricoli e dell’industria alimentare più esportati verso i Paesi dell’Unione Europea, il rapporto del Centro Studi di Confagricoltura indica sensibili differenze per prodotto e per mese nel primo trimestre del 2020, rispetto allo stesso periodo del 2019. Emblematico il caso dell’olio d’oliva, che scende del 6% a gennaio, del 16% a febbraio per riguadagnare il 2,4% a marzo. Per formaggi e latticini dal +6,6% di gennaio si passa al +7,7 di febbraio, per arrivare un -16% in marzo.
Sono evidenti, in termini di export, le conseguenze dell’emergenza coronavirus soprattutto per le limitazioni agli spostamenti internazionali delle persone, fra cui la manodopera agricola stagionale, indispensabile per la raccolta dei prodotti, le restrizioni alle attività del settore Ho.Re.Ca, le modifiche della domanda di prodotti agroalimentari conseguenti ai provvedimenti di lockdown.
Nel mese di marzo infatti, quando gli effetti della pandemia Covid-19 si sono estesi a un maggior numero di Paesi UE, su 15 categorie di prodotti ben 10 hanno segnato un andamento negativo del valore dell’export rispetto a marzo 2019 e, di queste, 8 presentano decrementi superiori al 10%, con il massimo di -47% per i fiori e le piante (tabella 5c). Ma, evidenzia lo studio, non tutti i settori produttivi hanno risentito nello stesso modo della pandemia: hanno tenuto, ad esempio, riso e cereali (+9,6% a gennaio, + 24,1% a febbraio e +13,3% a marzo) e salumi (+ 12,1%, +14,6 e +9,2).
Il trimestre gennaio-marzo (tabella 6) si chiude con una crescita del valore dell’export di solo un milione di euro (4.859 contro 4.858 milioni), con 7 settori produttivi in crescita, 4 con variazioni (negative o positive) inferiori allo 0,5%, 4 in sensibile flessione. Fra questi ultimi, mette in evidenza il rapporto di Confagricoltura, è particolarmente rilevante la crisi dell’esportazione dei prodotti florovivaistici, che segna -15% a causa del quasi dimezzamento registrato in marzo (-47%).
Questi dati, conclude il rapporto dell’Ufficio Studi di Confagricoltura, pur consentendo alcune prime valutazioni dell’effetto della pandemia di coronavirus sul settore agroalimentare, non permettono di individuare, nemmeno per i prossimi mesi, chiari segnali di tendenza, perché siamo di fronte ad un contesto incerto e in costante cambiamento.

 

 

 

E’ un bilancio complessivamente confortante quello che risulta dall’analisi dell’ufficio studi di Confagricoltura, basata sui dati dell’Agenzia delle Dogane, sulle esportazioni italiane di prodotti agricoli e alimentari verso i Paesi Extra-UE, nel periodo gennaio-aprile 2020. Dal confronto dei valori delle esportazioni dei primi quattro mesi del 2019 e del 2020 (coincidenti con lo sviluppo della pandemia di coronavirus) emerge, in generale, un andamento di crescita (+3,7%). Ma non per tutti i settori è andata allo stesso modo.
Guardando alle diverse categorie di prodotti, gli incrementi più rilevanti riguardano gli ortaggi (+30%) e le carni (+25%); sono vicini al +15% prodotti da forno, frutta e ortaggi trasformati, salumi; bene anche olio d’oliva (+11%) e riso (+10%). Segnano invece sensibili flessioni: fiori e piante (-25%), paste alimentari (-14%), frutta (-9%), carni conservate (-8%). Nove delle quattordici categorie di prodotti esaminate hanno esportato di più nel 2020 e, di queste, sette presentano incrementi superiori al 10%. D’altra parte, delle cinque categorie di prodotti con valore dell’export in flessione, tre segnano andamento negativo superiore al 10%.
L’ufficio studi di Confagricoltura ha anche confrontato i dati 2019 e 2020 di ciascun mese del primo quadrimestre dell’anno. Vini e spumanti e formaggi e latticini hanno segnato una forte crescita in gennaio (+24% e +60%), seguita da andamenti negativi nei tre mesi seguenti. Comportamento opposto per i cereali e l’olio d’oliva. Per quanto riguarda le paste alimentari, dopo i primi tre mesi di forte crescita, in aprile hanno registrato una flessione del 48%. Dati che consentono prime valutazioni dell’effetto della pandemia di coronavirus sul settore, tenendo conto che il primo annuncio della pandemia è stato diffuso dalla Cina il 31 dicembre 2019 e che il 31 gennaio 2020 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato l’emergenza internazionale, elevandola a rischio “molto alto” il successivo 28 febbraio.
La conclusione dell’ufficio studi di Confagricoltura è che siamo di fronte ad un contesto del tutto anomalo, in grande, costante, modificazione, dove, almeno per il momento, non è possibile reperire tendenze ragionevolmente consolidate.
Non sembra che si siano fin qui verificati significativi ostacoli al trasporto delle merci.
Appare comprensibile il dato molto positivo di gennaio (+24%) per vini e spumanti, seguito da quelli negativi dei tre mesi successivi, con la chiusura o la riduzione di frequentazione di ristoranti, bar e alberghi. Ugualmente spiegabile è la forte contrazione della domanda di fiori e piante, visto il carattere prevalentemente voluttuario di questi consumi in presenza di diffuse difficoltà economiche delle famiglie; e anche l’incremento della domanda di prodotti da forno (panetteria, pasticceria) per “confortare” il lungo tempo trascorso in casa per contenere i rischi di contagio. Ma è difficile dare una spiegazione, ad esempio, alla costante crescita delle esportazioni di ortaggi e all’altrettanto costante riduzione delle esportazione di frutta (due dei pochi settori che confermano l’andamento in tutti i quattro mesi presi in esame).
Confagricoltura ricorda che nel 2019 il valore delle esportazioni italiane dei settori agricolo e dell’industria alimentare è stato complessivamente di 44,6 miliardi di euro, di cui 6,8 miliardi di euro per i prodotti agricoli (15%) e 37,8 miliardi di euro per i prodotti dell’industria alimentare (85%). Le esportazioni verso i Paesi Extra-UE valgono 16,3 miliardi di euro pari al 37% del totale; il 91% del valore (14,9 miliardi di euro) si riferisce ai prodotti dell’industria alimentare, il restante 9% (1,4 miliardi di euro) ai prodotti agricoli. Il Paese Extra-UE principale acquirente dei prodotti agricoli italiani è la Svizzera (326 milioni, pari al 23,1% del totale), seguita a notevole distanza da Emirati Arabi Uniti (104, 7,3%) e Stati Uniti (101, 7,2%). Per quanto riguarda i prodotti dell’industria alimentare, primo acquirente sono gli Stati Uniti (4,55 miliardi pari al 30,6% del totale); seguono il Giappone (1,85, 12,4%) e la Svizzera (1,26, 8,5%).

Rapporto Centro Studi Confagricoltura

Confagricoltura segnala che, grazie all’accordo commerciale tra UE e Giappone in vigore dal 1° febbraio scorso, le esportazioni del “Made in Italy” agroalimentare hanno fatto registrare un vistoso aumento. Secondo i dati elaborati dall’Istituto per il commercio estero (Ice), da febbraio ad agosto l’export di prodotti alimentari e bevande è ammontato a 1,12 miliardi di euro, con una crescita di quasi l’80% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Aumentano anche del 18% le esportazioni di prodotti agricoli.
I dati dimostrano, ancora una volta, che gli accordi commerciali bilaterali della Ue sono di fondamentale importanza per il sistema agroalimentare italiano, tenuto conto della perdurante stagnazione dei consumi interni” dichiara il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti.
Al riguardo, Confagricoltura rileva che – secondo i dati della Commissione Ue – il 34,4% delle esportazioni agroalimentari degli Stati membri è destinato ai mercati dei Paesi con i quali sono state sottoscritte intese commerciali. “Ogni accordo – prosegue Giansanti – va valutato in termini di equilibrata reciprocità commerciale, sicurezza alimentare e tutela delle risorse naturali. Non siamo, ad esempio, favorevoli all’intesa raggiunta con il Mercosur. In generale, però, va sottolineato che gli accordi sottoscritti dall’Unione hanno favorito negli ultimi anni la crescita del sistema agroalimentare”.
L’accordo Ue–Giappone prevede la progressiva eliminazione delle tariffe doganali sul 97% dei prodotti europei destinati al mercato nipponico. Per vini e spumanti, i dazi sono stati soppressi dalla data di entrata in vigore dell’accordo. Stando alle stime della Commissione europea, l’export agroalimentare dell’Unione, una volta completata la soppressione dei dazi, potrebbe aumentare di 36 miliardi. Il Giappone si è impegnato a riconoscere e tutelare 219 prodotti agroalimentari della Ue, vini compresi, a indicazione geografica protetta (Igp). La lista, inoltre, può essere ampliata. “Il riconoscimento e la tutela – indica il presidente della Confagricolturariguarda 45 eccellenze italiane che coprono circa il 90% delle esportazioni totali di prodotti Igp”. L’accordo Ue – Giappone prevede anche la semplificazione delle procedure per l’importazione e lo sdoganamento dei prodotti in arrivo dagli Stati membri dell’Unione. “E’ un impegno – conclude Giansanti – che ci auguriamo servirà ad aprire finalmente le porte del mercato giapponese ad alcune nostre produzioni ortofrutticole, chiudendo un contenzioso di natura fitosanitaria che si trascina da anni”.