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Il consumatore ha capito l’importanza del settore primario, ora è importante far conoscere anche il ruolo positivo dell’agricoltura nella gestione delle risorse naturali”. Lo ha detto Ezio Veggia, delegato alla bioeconomia di Confagricoltura, intervenendo alla presentazione del VI Rapporto Bioeconomia in Europa di Intesa Sanpaolo.
Il rapporto ha evidenziato come l’agricoltura, insieme alla silvicoltura, facciano la parte del leone nella bioeconomia. In Italia il settore primario, ricorda Confagricoltura, è stato anche capace di ridurre, dal 1990 ad oggi, del 13% le emissioni e sequestrare CO2 dall’atmosfera grazie alla fotosintesi clorofilliana. La coltivazione dei suoli agricoli e la gestione attiva delle superfici forestali consentono di produrre cibo ed energia assorbendo CO2, grazie all’adozione di tecnologie che permettono di ottimizzare l’uso di risorse strategiche come acqua, suolo e biomasse.
Un ruolo centrale lo ha il suolo – ha spiegato Veggia – ed è essenziale migliorarne fertilità, con l’apporto anche di concimi organici prodotti dalle matrici agricole vegetali ed animali. E’ importante anche il ruolo dell’agricoltura nella trasformazione del carbonio residuale (ad esempio il letame) in energia, sostituendo petrolio e altri idrocarburi, partecipando così, in modo significativo, alla decarbonizzazione del settore energetico”.
Per rispondere alla sfida della sostenibilità – ha concluso Veggia – va ripensato il modello di sviluppo economico, dando maggiore attenzione alla bioeconomia. Servono normative chiare e risorse aggiuntive perché il percorso intrapreso dagli agricoltori in campo energetico è di successo, ma oneroso e non può pesare esclusivamente sulla politica agricola Comune (PAC). Per questo chiediamo che vengano incrementate le risorse per le bioenergie (biogas, biomasse) superando alcune incertezze normative che stanno frenando l’avvio del biometano agricolo come biocarburante avanzato”.

E’ stato sicuramente un anniversario particolare quello che ieri ha celebrato il nostro pianeta. La Giornata Mondiale della Terra, istituita dall’ONU il 22 aprile 1970, ieri è stata una ricorrenza che ha assunto un significato più profondo per la concomitanza con la pandemia da coronavirus che ci impone una riflessione generale sul futuro del pianeta.
L’ambiente è sempre stato al centro delle politiche del settore agricolo, che nel corso degli anni ha sviluppato anche nuove tecniche all’avanguardia rivolte al rispetto e alla salvaguardia dell’ecosistema. Gli agricoltori hanno puntato sempre di più l’attenzione verso un sistema alimentare sano, efficiente, sostenibile e di qualità, ben consapevoli di quale dono sia la terra e quante responsabilità comporti la sua coltivazione, o al contrario il suo abbandono, per le successive generazioni.
Secondo il recente rapporto ISPRA, dal 1990 al 2018, l’agricoltura ha ridotto le emissioni di ammoniaca di circa il 23%, quelle di gas serra del 13%, mentre quelle di PM10 del 30%. Per quanto riguarda i mezzi tecnici, invece, dal 2003 al 2018 si registra una riduzione dell’uso di agrofarmaci di circa il 28% e dei concimi chimici del 60%.
L’ISPRA ha quindi evidenziato che le emissioni (in calo) del settore agricoltura e allevamento costituiscono appena il 7% delle emissioni di gas serra.
Sono risultati incoraggianti – afferma Ezio Veggia, rappresentante di Confagricoltura Astiche ci danno lo stimolo a proseguire su questa strada, insieme a tutta la filiera, al mondo scientifico e allo stesso consumatore. Esiste oggi una maggiore consapevolezza dell’impatto che può avere l’uomo sull’ambiente, ma soltanto tutti insieme possiamo raggiungere traguardi migliori”.
Occorrono grandi competenze e investimenti – sottolinea Veggia – per garantire una produzione agroalimentare sicura, sana, che risponda al fabbisogno di cibo e soddisfi sia il consumatore, sia le imprese che ogni giorno si mettono in gioco. E’ necessario investire su un progetto di sviluppo economico e di innovazione che consenta anche di ridurre la pressione su alcune aree e valorizzi le potenzialità di altre risorse naturali capaci di mitigare il cambiamento climatico”.
La sfida climatica è assai complessa e la capacità di mantenere la Terra in salute richiede uno sforzo che non può essere lasciato soltanto agli agricoltori. Non può essere la battaglia di un’azienda o di un Paese – conclude Veggia – ma un impegno globale che richiede politiche economiche nazionali e internazionali”.

La lunga attesa è finita: finalmente dopo innumerevoli anni i cantieri dell’Asti – Cuneo riaprono i battenti. Il nuovo piano finanziario che affida il completamento dell’opera alla società concessionaria del gruppo Gavio è stato approvato ieri mattina dal Cipe, presieduto dal premier Giuseppe Conte, dopo il rinvio della scorsa settimana.
I lavori, fermi dal 2012, consistono nel completamento dei 9 chilometri di autostrada, con una spesa prevista intorno ai 350 milioni di euro: il nuovo progetto prevede infatti l’ultimazione dell’opera rinunciando alla galleria in località Verduno (intervento che aveva fatto lievitare i costi del collegamento a oltre un miliardo e 400 milioni) che sarà sostituita da una “bretella” di 5 chilometri che unirà il moncone dell’autostrada in località Cherasco alla tangenziale di Alba.
Questa è una giornata storica. E’ una notizia bellissima che attendevamo da moltissimo tempo: ora finalmente possono ripartire i cantieri di un’infrastruttura strategica per il nostro territorio che i piemontesi aspettano da più di 30 anni“, hanno affermato soddisfatti il presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio e l’assessore a Infrastrutture e Trasporti Marco Gabusi.
Esprimono soddisfazione anche i vertici di Confagricoltura Asti attraverso il loro rappresentante Ezio Veggia (nella foto): “Finalmente è arrivato lo sblocco dei lavori di un’infrastruttura fondamentale per lo sviluppo del territorio, anche per quanto riguarda il comparto agricolo che otterrà grandi benefici in seguito al completamento dell’opera”.