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Nel novembre 2018 la Commissione Europea aveva inviato al nostro Paese una prima lettera di costituzione in mora, invitando le Autorità a garantire la stabilità della rete di monitoraggio dei nitrati, a procedere a un riesame ed alla designazione delle zone vulnerabili ai nitrati (ZVN) in varie regioni, nonché ad adottare misure supplementari o azioni rafforzate per conseguire gli obiettivi della direttiva nitrati in diverse regioni.

In relazione a tale procedura di infrazione, il 3 dicembre 2020 la Commissione Europea ha inviato alle Autorità italiane una lettera di messa in mora complementare, ai sensi dell’articolo 258 del TFUE.

Questa ulteriore battuta d’arresto è dovuta al fatto che, nonostante le osservazioni inviate dalle autorità italiane abbiano permesso di superare alcuni problemi, la Commissione ha concluso che, con riferimento ad alcune regioni, non tutti gli addebiti sollevati in precedenza sono stati superati.

Inoltre, la Commissione ha fatto presente che sono emerse nuove problematiche, anche in relazione alla deroga concessa dal Mipaaf al divieto di applicazione degli effluenti nella stagione invernale. Difatti, secondo la Commissione, tale deroga risulta contraria al programma d’azione nazionale e alla direttiva nitrati.

Ciò premesso, con la lettera di messa in mora complementare, la Commissione Europea ha contestato all’Italia i seguenti addebiti:

  • mancata creazione di una rete di controllo stabile nelle regioni Basilicata, Lazio e Marche a causa della rotazione delle stazioni di controllo (articolo 5, paragrafo 6, e articolo 6, paragrafo 1, della direttiva nitrati);
  • mancata designazione ZVN per acque inquinate individuate dalle stazioni di controllo nelle regioni Abruzzo, Emilia-Romagna, Lazio, Molise, Puglia, Sicilia, Umbria e Veneto (articolo 3, paragrafo 4, della direttiva nitrati);
  • mancata adozione delle misure aggiuntive o azioni rafforzate non appena è risultato evidente che le misure incluse nel programma di azione non erano sufficienti a conseguire gli obiettivi della direttiva con riferimento all’inquinamento da nitrati in Campania, Marche, Lazio, Puglia, Liguria, Lombardia, Sardegna, Veneto, Friuli Venezia Giulia e Umbria (articolo 5, paragrafo 5, della direttiva nitrati);
  • eccessivo margine di discrezionalità nel derogare al divieto continuativo per lo spandimento degli effluenti nel periodo invernale in Abruzzo, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Toscana, Umbria e Veneto (articolo 5, paragrafo 4, in combinato disposto con l’allegato III, punto 1, sub 1) della direttiva nitrati);
  • mancata presentazione della relazione relativa al periodo 2016-2019 (articolo 10 della direttiva nitrati).

La Commissione ha concesso all’Italia la possibilità di inviare le proprie osservazioni entro gli inizi di marzo 2021.

In relazione a ciò a livello nazionale monitoreremo soprattutto attraverso il Mipaaf la predisposizione della documentazione finalizzata a fornire risposte alla Commissione, con particolare riferimento alle deroghe sui periodi di spandimento, nello stesso tempo a livello regionale è opportuno verificare come le Amministrazioni procederanno a rispondere sulle questioni in cui sono chiamate in causa.

Di seguito si riporta un’analisi più approfondita dei vari addebiti, con un riepilogo di quanto emerso dalla prima messa in mora, le osservazioni prodotte dall’Italia e la conseguente seconda messa in mora con i nuovi addebiti.

Qui sotto una nota di approfondimento e in allegato la lettera di messa in mora della Commissione Europea.

Addebiti già presenti nella prima messa in mora
Rete di controllo instabile a causa della rotazione delle stazioni di controllo

 

(Violazione dell’articolo 5, paragrafo 6 e dell’articolo 6, paragrafo 1)

Prima messa in mora

 

Gli Stati membri hanno l’obbligo di creare una rete di stazioni di controllo che consentano di identificare le acque inquinate, per un duplice scopo: da un lato, al fine di designare nuove zone vulnerabili ai nitrati (articolo 6, paragrafo 1) e, dall’altro lato, al fine di valutare l’efficacia dei programmi di azione adottati per le zone vulnerabili ai nitrati esistenti (articolo 5, paragrafo 6).

 

Tuttavia, i dati forniti dall’Italia nel contesto della relazione periodica presentata per il periodo 2012-2015 hanno mostrato un calo complessivo nel numero delle stazioni di controllo delle acque sotterranee, inoltre un numero elevato di stazioni che avevano segnalato problemi nella qualità dell’acqua nel periodo di riferimento 2008-2011, sono risultate soppresse.

 

Questo problema è stato riscontrato sia in zone vulnerabili ai nitrati, sia in aree al di fuori di esse ed ha interessato la qualità delle acque sia superficiali che sotterranee, espressa in termini di concentrazione di nitrati e di stato trofico delle acque.

 

Secondo la Commissione, una rete di controllo instabile, con un elevato numero di stazioni di controllo che avevano segnalato inquinamento soppresse in assenza di una giustificazione adeguata, non trasmette un’immagine accurata dell’inquinamento da nitrati, come richiesto dall’articolo 5, paragrafo 6, della direttiva.

 

Inoltre, all’interno delle ZVN, la rotazione e sostituzione di stazioni di controllo con una qualità dell’acqua migliore fornisce un quadro fuorviante della qualità dell’acqua, mostrando miglioramenti apparentemente dovuti a risultati efficaci dei programmi di azione, mentre in realtà sono esclusivamente imputabili alla sostituzione di un numero di stazioni di controllo con altre stazioni che registrano una qualità dell’acqua migliore. Ciò preclude la possibilità di valutare obiettivamente nel tempo gli effetti delle misure incluse nei programmi di azione sulla qualità delle acque.

 

Al di fuori delle ZVN esistenti, la rotazione e sostituzione con stazioni di controllo con migliore qualità delle acque fa venir meno la capacità ed efficacia del sistema nel designare come zone vulnerabili ai nitrati le aree che dovrebbero essere designate come tali ai sensi della direttiva.

 

Per tali motivi, nella prima lettera di messa in mora la Commissione concludeva che l’Italia non aveva adottato in 13 regioni le misure necessarie per adempiere agli obblighi derivanti dall’articolo 5, paragrafo 6, e dall’articolo 6, paragrafo 1.

Osservazioni inviate dall’Italia e ulteriori mancanze

 

Dall’invio della lettera di messa in mora, la maggior parte delle regioni interessate hanno rimediato a questa violazione. Tali regioni hanno presentato una giustificazione riguardante il fatto che le stazioni soppresse non registravano l’inquinamento di origine agricola o, quando invece ciò accadeva, hanno ripristinato la stazione oppure hanno individuato un’altra stazione per controllare l’’inquinamento registrato in precedenza dalla stazione soppressa.

 

Tuttavia, in base alle ultime informazioni ricevute, la violazione persiste in Basilicata, Lazio e Marche.

Mancata designazione di zone vulnerabili ai nitrati

 

(Violazione dell’articolo 3, paragrafo 4)

Prima messa in mora

 

Nella prima lettera di messa in mora la Commissione ha ritenuto che l’Italia non avesse adottato le misure necessarie per adempiere agli obblighi che discendono dall’articolo 3, paragrafo 4, della direttiva, in combinato disposto con l’allegato I della medesima, in tutte le regioni ad eccezione della Valle d’Aosta e del Trentino Alto Adige.

 

Difatti, ai sensi della direttiva la designazione di zone vulnerabili ai nitrati deve essere opportunamente rivista e completata almeno ogni quattro anni.

 

Secondo la Commissione, tale designazione avrebbe dovuto basarsi sui dati forniti dall’Italia nella relazione periodica (periodo di riferimento 2012-2015) e senza limitarsi ad aree in cui l’inquinamento proveniente da fonti agricole è l’unica fonte di inquinamento. Su questo aspetto, la Corte di Giustizia ha già dichiarato che, per considerare le acque inquinate ai sensi della direttiva, è sufficiente che i composti azotati di origine agricola contribuiscano in maniera significativa all’inquinamento.

 

Dunque, la procedura per la designazione delle zone vulnerabili ai nitrati seguita dall’Italia nel periodo 2012-2015 avrebbe dovuto comprendere un’adeguata valutazione delle fonti di inquinamento registrate dalle stazioni di controllo istituite ai sensi della direttiva, al fine della designazione delle aree che scaricano in acque che sono colpite da inquinamento, esclusivamente o principalmente di origine agricola.

Osservazioni dell’Italia e ulteriori mancanze

 

Successivamente all’invio della lettera di messa in mora, le autorità di numerose regioni hanno provveduto a designare altre zone vulnerabili ai nitrati per tutti i punti inquinati per cui non erano in grado di escludere che ci fosse un significativo contributo proveniente da fonti agricole.

 

Tuttavia, 8 regioni rimangono in violazione della direttiva per questo aspetto: Abruzzo, Emilia Romagna, Lazio, Molise, Puglia, Sicilia, Umbria e Veneto.

Assenza di misure aggiuntive o di azioni rinforzate

 

(Violazione dell’articolo 5, paragrafo 5)

Prima messa in mora

 

L’articolo 5, paragrafo 5, stabilisce che gli Stati membri adottano, nel quadro dei programma d’azione, misure aggiuntive o azioni rafforzate se, alla luce dell’esperienza tratta dall’attuazione dei programma d’azione, risulta evidente che le misure introdotte non sono sufficienti per conseguire gli obiettivi della direttiva.

 

La Corte di Giustizia ha precisato che tale obbligo sorge non appena risulta che le misure adottate non sono sufficienti a conseguire gli obiettivi della direttiva, ossia non appena appare chiaro che la qualità delle acque non migliora in termini di concentrazioni di nitrati o di stato trofico delle acque.

 

Pertanto, sulla base dei risultati della relazione periodica (periodo di riferimento 2012-2015), la Commissione nella lettera di messa in mora ha rilevato che l’Italia non aveva adempiuto a tali obblighi poiché non ha adottato misure aggiuntive o azioni rafforzate non appena le misure incluse nel programma di azione si erano mostrate insufficienti a conseguire gli obiettivi della direttiva in Campania, Puglia, Emilia Romagna, Marche, Sardegna e Lazio.

Osservazioni dell’Italia e ulteriori addebiti

 

Successivamente all’invio della lettera di messa in mora, la Commissione ha riconosciuto che sia la Sardegna che l’Emilia-Romagna hanno adottato i provvedimenti necessari per rimediare alla violazione.

 

Mentre Campania, Marche, Lazio, Puglia rimangono in violazione dell’articolo 5, paragrafo 5.

 

Peraltro, la valutazione dei dati relativi alla qualità delle acque in Piemonte e in Lombardia tra il 2016 e il 2019 indica un deterioramento della qualità delle acque in entrambe le regioni, in particolare per quanto riguarda la concentrazione di nitrati nelle acque sotterranee e l’eutrofizzazione delle acque superficiali. Poiché le misure contenute nei programmi d’azione di queste due regioni in tale periodo non sono state sufficienti a conseguire gli obiettivi della direttiva devono essere adottate misure addizionali e azioni rafforzate ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 5.

 

In particolare, per quanto riguarda la Lombardia, nonostante nel marzo 2020 abbia adottato un nuovo programma d’azione che rinforza alcune delle misure esistenti, la Commissione ha rilevato che il nuovo programma d’azione introduce altresì un elemento di flessibilità nell’applicazione delle regole sullo spargimento di concimi organici animali durante i mesi invernali che, come già detto, costituisce a giudizio della Commissione una violazione della direttiva.

 

Inoltre, alla luce del summenzionato deterioramento della qualità delle acque, le autorità devono tuttora dimostrare la capacità del nuovo programma di conseguire gli obiettivi della direttiva, vale a dire non solo assicurare la stabilità della qualità delle acque, ma anche ridurre l’inquinamento da nitrati e l’eutrofizzazione.

 

La Commissione dovrà ora completare la sua analisi delle informazioni che nel 2018 hanno portato a identificare le altre regioni interessate da tale violazione, in modo da includere non solo le regioni caratterizzate da livelli di inquinamento in aumento, ma anche quelle in cui non è attesa una riduzione dell’inquinamento delle acque.

 

Ad oggi, la lista delle regioni in cui le stazioni con livelli di inquinamento stabili o in aumento superano quelle con livelli decrescenti include:

 

a.       inquinamento delle acque sotterranee: Liguria, Lombardia, Sardegna, Veneto, Friuli Venezia Giulia e Lazio;

b.       inquinamento delle acque superficiali: Campania, Puglia, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Umbria e Piemonte.

 

Di conseguenza, la Commissione considera che misure aggiuntive o azioni rafforzate ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 5, della direttiva debbano essere ancora adottate in Campania, Marche, Lazio, Puglia, Liguria, Lombardia, Sardegna, Veneto, Friuli Venezia Giulia e Umbria.

 

 

Nuovi Addebiti
Deroghe sistematiche alle previsioni del programma nazionale d’azione

 

(Violazione dell’articolo 5, paragrafo 4)

 

In conformità con l’allegato II A, punto 1, della direttiva, un codice di buone pratiche agricole dovrebbe contenere disposizioni concernenti i periodi in cui l’applicazione al terreno di fertilizzanti non è opportuna. Inoltre, ai sensi dell’allegato III, punto 1, sub 1), della direttiva nitrati, i programmi d’azione devono includere norme concernenti i periodi in cui è proibita l’applicazione al terreno di determinati tipi di fertilizzanti.

 

Il programma d’azione nazionale per i nitrati italiano, adottato con decreto ministeriale del 25 febbraio 2016, contiene previsioni generali sui cosiddetti periodi di divieto continuativo, consistenti nel divieto di applicazione di fertilizzanti costituiti da concimi organici animali, acque reflue e digestato nel periodo autunnale e invernale, di norma dal 1 novembre alla fine di febbraio. All’interno di questo riferimento, le regioni dispongono di un margine di flessibilità, con la possibilità di derogare a tali previsioni, purché prevedano periodi di divieto continuativo della durata di almeno 60 giorni. I periodi non continuativi di applicazione devono essere stabiliti sulla base di specifici bollettini agro-metereologici.

 

La Commissione è stata informata da una denuncia dell’esistenza del parere emesso dal Ministro dell’Agricoltura italiano, che lascia alle regioni la libertà di organizzare diversamente i periodi di chiusura, autorizzandole a consentire l’applicazione di fertilizzanti organici in qualsiasi momento nel periodo invernale, purché tali periodi in cui l’applicazione è consentita non superino i 15 giorni (vedi allegato).

 

Secondo la Commissione, così facendo, i divieti esistenti di applicazione al terreno non sono più efficaci perché il periodo è troppo breve per garantire che il risultato perseguito.

 

In sostanza, secondo la Commissione, il Decreto Ministeriale garantisce che gli obiettivi della direttiva siano raggiunti, mentre il parere del Ministro dell’Agricoltura crea un sistema di regole concorrenti che svuota di qualsiasi significato il Decreto Ministeriale.

 

Di conseguenza, la Commissione conclude che i programmi di azione che ignorano la necessità di un periodo di divieto continuativo di lunghezza sufficiente a conseguire gli obiettivi fissati dalla direttiva, in assenza di qualsiasi prova scientifica, non sono solo contrari al Decreto Ministeriale adottato per rendere operativa la direttiva, ma anche alla direttiva stessa.

 

Per questi motivi, l’Italia è venuta meno agli obblighi derivanti dall’articolo 5, paragrafo 4, nelle regioni il cui programma d’azione prevede tale flessibilità e, cioè: Abruzzo, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Toscana, Umbria e Veneto.

 

Su questo aspetto, si fa fatica a comprendere le motivazioni che hanno spinto la Commissione a dichiarare il parere del Mipaaf contrario al DM 25/2/2016, visto che, come la stessa Commissione evidenzia, lo stesso DM prevede la possibilità di deroghe al divieto di spandimento, in funzione della situazione meteo-climatica. Ad ogni modo cercheremo di supportare il Mipaaf nella formulazione delle controdeduzioni necessarie a superare questo addebito che sembra non tener conto delle mutate condizioni climatiche rispetto a quando è stata formulata la direttiva nitrati, ormai 30 anni fa.

Mancata presentazione della relazione periodica entro i termini fissati dalla direttiva

 

(Violazione dell’articolo 10)

 

L’ultimo addebito della Commissione fa riferimento all’articolo 10, paragrafo 2, della direttiva secondo cui gli Stati membri devono presentare una relazione alla Commissione entro sei mesi dalla fine del periodo di riferimento.

 

La Commissione considera dunque l’Italia in violazione di questo articolo, in quanto non ha ancora presentato la relazione relativa al periodo 2016-2019.

 

EU – Messa in mora