Cambiamenti climatici e basse quotazioni sui mercati sono i principali ostacoli che il comparto mais italiano sta affrontando. Tanto che le imprese del settore, fondamentale anche per la zootecnia e molte produzioni a indicazione geografica di qualità, si ritrovano con redditi erosi da prezzi all’origine sempre più vicini ai costi di produzione. Lo scorso gennaio, infatti, il calo delle quotazioni ha superato il 36% a fronte di costi che restano sostanzialmente elevati.
Dopo le forti piogge di febbraio e la neve su Alpi e Prealpi, gli agricoltori del comparto sono in attesa delle migliori condizioni del terreno per iniziare le nuove semine. Per sostenere produzione e prezzi nasce l’accordo quadro che, su iniziativa di Confagricoltura, ha raccolto intorno allo stesso tavolo tutti gli anelli della filiera. Oltre alla Confederazione hanno aderito AMI, Assalzoo, Compag, AIRES, Copagri, Cia-Agricoltori italiani, Alleanza delle Cooperative Agroalimentari, Assosementi e Origin Italia.
L’intesa prevede due punti fondamentali a sostegno di un settore che vale circa 130 miliardi di euro. Il primo è il riconoscimento di una premialità economica per la granella certificata e per i processi produttivi sostenibili. Parallelamente, le parti firmatarie si impegnano a definire il prezzo di acquisto anche legandolo all’andamento delle quotazioni delle borse merci.
Gli obiettivi sono diversi: favorire la coltivazione del granturco italiano anche per migliorare il tasso di autoapprovvigionamento ormai in calo continuo e praticamente dimezzatosi negli ultimi quindici anni; favorire l’incontro tra la domanda e l’offerta; valorizzare il ruolo delle strutture intermedie; spingere verso una maggiore programmazione produttiva anche attraverso la stipula di contratti di filiera.
Si tratta del primo contratto in Italia che esprime la volontà da parte dell’intera filiera maidicola di riconoscere il giusto prezzo al prodotto italiano di qualità. Strategia che si affianca ai sostegni di parte pubblica, primo fra tutti il Fondo competitività per le filiere agricole, al quale si è aggiunto recentemente il Fondo sovranità alimentare.

In allegato l’andamento del livello di autoapprovvigionamento di mais in Italia dal 2006 al 2023 (elaborazione Confagricoltura su dati Istat)

 

Confagricoltura si è riunita nuovamente a Bruxelles, con la Giunta esecutiva presso i propri uffici nella capitale belga, in concomitanza con il Consiglio europeo. L’obiettivo é rimarcare le richieste degli agricoltori contenute nel Documento programmatico, consegnato dall’Organizzazione alle Istituzioni europee il 26 febbraio scorso, e indirizzate a una profonda riforma dell’attuale PAC.
Le recenti decisioni della Commissione hanno già accolto alcune delle richieste, tuttavia per Confagricoltura sono necessari ulteriori sforzi su alcune questioni urgenti rimaste ancora irrisolte.
Il Documento programmatico redatto da Confagricoltura, tra i 10 punti cardine, contiene la richiesta di un’immediata semplificazione burocratica e un aumento del bilancio destinato all’agricoltura per affrontare l’allargamento dell’Unione a nuovi Stati membri, forti produttori agricoli.
Siamo sempre stati contrari alla PAC in vigore e ora puntiamo ad accelerare i tempi per la sua revisione – sottolinea il presidente Massimiliano Giansantiserve una profonda riforma in grado di assicurare la stabilità dei mercati e il giusto reddito ai nostri agricoltori. Soprattutto in grado di assicurare una coesistenza reale tra la sostenibilità ambientale e quella economica”.
Confagricoltura chiede inoltre la sospensione dell’entrata in vigore di alcuni adempimenti burocratici, un maggiore controllo sulle importazioni ed una semplificazione amministrativa, rivendicando la necessaria reciprocità nei controlli sulle importazioni.

Valorizzare il patrimonio forestale nazionale e ottimizzarne la gestione ai fini di una maggiore sostenibilità ambientale, sociale ed economica. Questo il messaggio di Confagricoltura in occasione della Giornata mondiale delle Foreste, che ricorre il 21 marzo, quest’anno dedicata all’innovazione.
Le foreste italiane si estendono su oltre 11 milioni di ettari, un valore che è raddoppiato negli ultimi 50 anni ed è pari a quasi il 40% del territorio nazionale. Soltanto negli ultimi 10 anni la superficie boschiva è aumentata del 4,9% (fonte: Masaf). Una crescita – sottolinea Confagricoltura – che però non è frutto di specifiche politiche attive di rimboschimento, bensì dell’abbandono delle attività primarie e dello spopolamento di aree montane e collinari.
Le foreste rappresentano un enorme patrimonio per il nostro Paese – rimarca Enrico Allasia, presidente della FNP Risorse boschive e Coltivazioni legnose di Confagricoltura basti pensare ai servizi ecosistemici che mettono a disposizione e alla sempre maggiore fruizione da parte dei cittadini, che ne riconoscono il valore, come anche al valore economico delle filiere legno-energia. Occorre una migliore programmazione gestionale del patrimonio forestale – aggiunge Allasia – favorendone la valorizzazione anche attraverso l’introduzione di innovazioni tecnologiche, sia a livello tecnico-produttivo, sia di prodotti finali, con l’obiettivo di incrementarne la produttività, dando maggiore forza alle filiere per ridurre i costi, generare reddito ed esternalità positive per la società e l’ambiente”.
Oggi soltanto il 18% della superficie forestale italiana è soggetta a piani di gestione e, sebbene la produzione di legno e di altri prodotti rimanga stabile, diminuiscono le segherie e le infrastrutture per le utilizzazioni in bosco.
Il patrimonio boschivo è inoltre fondamentale per l’assorbimento di CO2. Per tale motivo Confagricoltura auspica che le disposizioni europee ed italiane in materia possano effettivamente dare la possibilità di valorizzare i crediti di carbonio prodotti dalle superfici forestali italiane.
Siamo stati il primo Paese ad applicare la Strategia Forestale europea, che ha tra i principali obiettivi una gestione forestale sostenibile, l’efficientamento dell’impiego delle risorse naturali, lo sviluppo di conoscenze multidisciplinari per la tutela delle foreste, attraverso attività di ricerca, formazione professionale e promozione dei prodotti forestali – conclude Allasia – abbiamo quindi tutti gli strumenti per migliorare nella gestione di questa enorme ricchezza”.

Confagricoltura si riunisce nuovamente a Bruxelles, convocando la Giunta esecutiva presso i propri uffici nella capitale belga, giovedì 21 marzo, in concomitanza con il Consiglio europeo. L’agenda del vertice tra i leader dell’UE (21-22 marzo) prevede un confronto sulla risposta dell’Unione alle attuali preoccupazioni del settore agricolo e sulle politiche di allargamento a nuovi Stati membri. Queste ultime riguardano anche Ucraina e Moldavia, produttori agricoli rilevanti per il mercato interno. Inoltre, il 26 marzo, sempre a Bruxelles, si terrà una nuova sessione del Consiglio “Agricoltura e pesca” (Agrifish).
La Confederazione torna dunque nella capitale dell’Unione per ribadire l’insoddisfazione del settore primario nei confronti dell’attuale PAC, sbilanciata verso obiettivi di sostenibilità ambientale a discapito della produttività, e per sollecitare un intervento immediato di revisione profonda. Le proposte di modifica avanzate dalla Commissione il 15 marzo, infatti, sono un primo ma insufficiente segnale.
L’auspicio è che questi temi siano al centro della campagna elettorale che anticipa il rinnovo del Parlamento e della Commissione dell’Unione.

La Commissione Europea sta valutando la possibilità di introdurre restrizioni alle importazioni di prodotti agricoli dalla Federazione Russa, a partire dai cereali. A breve, sarà presentata una specifica proposta. “E’ un’ottima notizia – ha commentato il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansantiauspichiamo che il via libera venga dato al massimo livello politico, già in occasione del Consiglio europeo che si terrà il 21 e 22 marzo, a Bruxelles”. Le sanzioni nei confronti della Federazione Russa – ricorda Confagricoltura – non si applicano ai prodotti destinati all’alimentazione.
Di fronte alla profonda crisi dei mercati in Italia e nella UE – prosegue Giansanti – abbiamo sollecitato un cambio di rotta e siamo lieti di apprendere che la Commissione abbia deciso di procedere verso la messa in opera di restrizioni in grado di ridare stabilità ai mercati e fermare il crollo dei prezzi agricoli all’origine”.
Confagricoltura evidenzia che, in base ai dati Istat, nel periodo gennaio-novembre 2023 le importazioni di grano duro dalla Federazione Russa sono ammontate a 400 mila tonnellate. Nello stesso periodo del 2022 si attestavano a 32 mila tonnellate. L’aumento è del 1.100%.