Si ripresenta prepotente l’incubo cinghiali, un problema da sempre annoso all’interno delle nostre aree rurali ma che, mai come in queste ultime settimane, sta assumendo le proporzioni di una vera e propria emergenza.
Oltre ai danni che causano periodicamente alle colture agricole, infatti, questi ungulati sono causa di gravi incidenti sulle strade della nostra provincia e della regione (non da ultimo l’incidente mortale avvenuto domenica sera sulla tangenziale di Alba dove ha perso la vita un uomo di Guarene).
La proliferazione abnorme e incontrollata degli animali selvatici è ormai una vera e propria emergenza, un fenomeno che sta assumendo dimensioni sempre più allarmanti e tali da mettere a rischio non soltanto la sicurezza e la salute dei cittadini ma anche la salvaguardia delle colture agricole.
Confagricoltura Asti si è sempre battuta in prima linea per cercare di arginare questo problema, sensibilizzando le istituzioni all’adozione di soluzioni concrete quali, ad esempio, la gestione di un calendario venatorio più elastico anziché l’imposizione di eccessivi vincoli operativi a chi, come i cacciatori, s’impegna ad arginare un problema che ormai interessa tutta la cittadinanza.
Alla luce degli ultimi avvenimenti, però, Confagricoltura Asti ha deciso di inviare via e-mail un appello urgente ai 118 comuni della provincia di Asti, invitando i sindaci a far approvare nelle rispettive giunte un ordine del giorno, da inviare alla Regione ed al Governo, nel quale si chieda l’adozione di alcuni provvedimenti chiave che vanno dalla verifica dei dati relativi agli abbattimenti ed al conteggio dei danni fino alla modifica delle attuali disposizioni per la caccia al cinghiale, passando per la predisposizione di piani straordinari di controllo numerico.
Si tratta di un problema che purtroppo negli anni è stato sottovalutato e che ultimamente sta assumendo proporzioni a dir poco preoccupanti”, afferma per Confagricoltura Asti  Ezio Veggia. “Ora il problema non riguarda soltanto il comparto agricolo, ma anche la sicurezza di tutti i cittadini. Confidando nella collaborazione di tutte le istituzioni presenti sul territorio abbiamo quindi ritenuto doveroso fare opera di sensibilizzazione affinché, alle loro proposte, si affianchino quelle che crediamo essere soluzioni concrete ed efficaci per risolvere in modo tempestivo un’emergenza ormai conclamata”.

In Piemonte abbiamo una produzione frutticola d’eccellenza, apprezzata in Italia e all’estero. Ciò che dobbiamo cercare di fare è sviluppare, insieme a tutti gli altri attori della filiera, una strategia di crescita che riesca a coniugare l’equilibrio produttivo e commerciale, per consentire uno sviluppo armonico del comparto, in grado offrire prospettive serene agli operatori”. Enrico Allasia, presidente di Confagricoltura Piemonte, insieme ai tecnici dell’organizzazione degli imprenditori agricoli fa il punto sull’andamento della campagna frutticola 2019 che presenta luci e ombre.
Sulla base delle rilevazioni dei tecnici di Confagricoltura nelle diverse aree frutticole, la campagna delle pesche e nettarinesi presenta con una produzione molto buona per quanto riguarda la quantità, superiore di un 5-10% rispetto al 2018, con frutta di qualità eccellente.
In Piemonte – elaborazioni Confagricoltura su dati ufficiali Istat, Sinab e Sistema Piemonte– la superficie destinata a pesche e nettarine è di 3.300 ettari, concentrati prevalentemente in provincia di Cuneo (2.943 ettari) e coinvolge in tutto 2.765 imprese (1.619 in provincia di Cuneo).
Proprio in questi giorni (seconda decade di agosto) è iniziata la raccolta delle pesche tardive. Il mercato, partito bene con le qualità precoci circa un mese fa, oggi non sta offrendo soddisfazioni: i prezzi sono in flessione di circa il 10% rispetto allo scorso anno, anche a causa della buona quantità in offerta, e non garantiscono, in molti casi, la copertura dei costi di produzione. Per le pesche destinate alla trasformazione industriale, i costi di raccolta sono inferiori ai prezzi di mercato.
I produttori lamentano anche una forte concorrenza, in particolare da parte della Spagna, che può contare su un costo del lavoro molto più competitivo e su logistica e trasporti più efficienti. L’attesa è per l’ultima fase della campagna; i produttori si augurano che le varietà tardive possano ancora regalare qualche soddisfazione.
Per quanto riguarda la raccolta delle mele proprio in questi giorni (attorno al 20 agosto) sono iniziati i primi distacchi delle varietà estive, mentre dall’inizio della prossima settimana sarà la volta delle mele del gruppo Gala. In Piemonte si coltivano 6.287 ettari di meleti, con il coinvolgimento di 3.075 imprese. Anche in questo caso la parte del leone la fa Cuneo, con 5.414 ettari, seguita a distanza da Torino, nelle aree del Cavourese ai confini con la Granda, con 634 ettari.
Tra i produttori di mele si registra un cauto ottimismo: la quantità è in calo di circa il 5 – 10% rispetto al 2019, mentre la qualità si presenta molto buona. La raccolta delle mele andrà avanti fino a fine settembre, con una coda per quanto riguarda le varietà super-tardive, che verranno raccolte da metà ottobre fin dopo le feste dei Santi.
La produzione di pere quest’anno è praticamente azzerata per problemi di alternanza produttiva e per le difficoltà climatiche che hanno ostacolato sia l’impollinazione, sia la maturazione dei frutti.
In crescita, ma con difficoltà, il comparto della frutta biologica. Complessivamente in Piemonte si coltivano 2.437 ettari di frutteti biologici (i dati sono ricompresi nel totale delle coltivazioni frutticole) su un totale di 33.761 ettari a livello nazionale. Il mercato, a livello di prezzi, remunera bene i raccolti bio, ma gli scarti delle pezzature non conformi sono molto elevati e possono arrivare in alcuni casi fino al 70% del totale. Quest’anno l’andamento della campagna è stato ostacolato dal clima, con sbalzi termici anomali (periodi troppo freddi o troppo caldi) per cui la frutta raccolta risulta di difficile conservabilità.
Sta andando bene la raccolta dei piccoli frutti. In generale la campagna si presenta migliore rispetto allo scorso anno e i prezzi risultano remunerativi.
In Piemonte la coltivazione professionale dei piccoli frutti è concentrata pressoché esclusivamente in provincia di Cuneo, dove si contano 277 ettari di lamponi, more, ribes, uva spina e altre bacche su un totale di 285 ettari a livello regionale.
I nostri frutticoltori – commenta Enrico Allasiasono tra i più all’avanguardia: negli anni hanno saputo adottare un rinnovamento varietale significativo e oggi generalmente le varietà sono interessanti per il mercato, la meccanizzazione è in costante evoluzione, il rispetto per la sostenibilità ambientale è spiccato. La sfida del futuro è sviluppare intese che coinvolgano tutta la filiera: dalla produzione, delle aziende singole e cooperative, ai grossisti, alla distribuzione organizzata”.
Confagricoltura evidenzia ancora due argomenti sui quali occorre concentrare l’attenzione: la lotta alla cimice asiatica, che anno per anno sta diventando sempre più invasiva e che in molti casi rovina interi raccolti e la ridiscussione dei rapporti tra l’Unione europea e la Russia. “L’embargo – conclude Allasia – ha già penalizzato molto e sta mettendo in estrema difficoltà le nostre produzioni frutticole, che sui mercati russi trovavano uno sbocco naturale, apprezzato e a prezzi soddisfacenti”.

Aumentano le tensioni tra Unione Europea e Indonesia a proposito del commercio di olio di palma. Potrebbero essere colpite le esportazioni Ue di prodotti lattiero-caseari. Nei giorni scorsi, rende noto Confagricoltura, le autorità indonesiane hanno invitato le aziende importatrici di prodotti lattiero-caseari dalla Ue di trovare nuovi fornitori, in quanto è in programma un forte aumento delle tariffe doganali, che passerebbero dal 5 al 25% sulle produzioni di settore in arrivo dagli Stati membri dell’Unione. Complessivamente, le importazioni annuali indonesiane di prodotti lattiero-caseari ammontano a circa un miliardo di euro l’anno. Intanto, gli operatori europei segnalano che è stata rallentata la concessione delle licenze per l’importazione di bevande alcoliche.
Sotto il profilo strettamente procedurale, evidenzia Confagricoltura, le misure allo studio da parte delle autorità indonesiane sono da mettere in relazione con la recente decisione della Ue, che ha sottoposto a dazi compensativi varianti dall’8 al 18% sul biodiesel importato dall’Indonesia. La decisione è stata presa sulla base delle conclusioni di un’indagine che ha rilevato come i produttori di biodiesel indonesiani beneficiano di sovvenzioni tali di ridurre al di sotto del prezzo di mercato il prezzo di acquisto della materia prima, essenzialmente olio di palma. I dazi compensativi della Ue sono stati introdotti a titolo provvisorio. La decisione definitiva sarà assunta entro la fine di quest’anno.
Il motivo di fondo del contenzioso tra Ue e Indonesia è sullo sfondo legato all’impatto ambientale della produzione di olio di palma – dichiara il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansantila Ue intende bandire dal 2030 l’utilizzo di olio di palma per la produzione di carburanti. Secondo la Commissione Ue il 45% della crescita produttiva di olio di palma ha provocato fenomeni di deforestazione. Indonesia e Malesia sono i principali produttori a livello mondiale”.
La questione dell’impatto ambientale dell’olio di palma ha già determinato una serie di problemi all’interno degli Stati membri. “In Francia – indica Giansanti – la Total ha presentato ricorso al Consiglio di Stato contro la decisione del Parlamento francese, assunta a fine 2018, di escludere l’olio di palma dalla lista delle materie prime per la produzione di biocarburanti che possono beneficiarie di agevolazioni fiscali”.
Secondo i vertici della Total, la decisione del Parlamento incide sulla competitività delle imprese di trasformazione ed è contraria alle regole della Ue sulla libera concorrenza.
Mi auguro – aggiunge Giansanti – che il contenzioso con l’Indonesia possa essere risolto sul piano negoziale. Tuttavia, occorre affrontare la questione del rapporto tra commercio internazionale e nuove esigenze in materia di tutela delle risorse naturali. L’apertura dei mercati richiede un sistema di regole globali e obiettivi comuni, in modo da assicurare allo stesso tempo maggiore tutela dell’ambiente e libera concorrenza tra le imprese. In questo quadro – puntualizza il presidente di Confagricolturala Ue e l’Italia sono chiamate a fare scelte coerenti per puntare sulla transizione energetica, tenuto anche conto delle concessioni fatte ai paesi Mercosur per l’esportazione di etanolo sul mercato dell’Unione”.
L’Italia deve puntare con decisione e senza rallentamenti sulle energie rinnovabili e in particolare sul biometano, per consentire all’agricoltura di realizzare tutte le potenzialità in termini di maggiore sostenibilità ambientale, anche nell’ottica del raggiungimento degli obiettivi indicati nell’Agenda 2030 sullo sviluppo sostenibile e nell’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici. Vanno quindi rimossi – conclude Giansanti – tutti gli ostacoli che stanno rallentando la riconversione degli impianti già esistenti e la realizzazione di nuove strutture”.

 

(foto: www.piuvivi.com)

Nell’ambito dell’Operazione 1.1.1. – Azione 2 del PSR 2014-2020, “Formazione professionale in campo forestale“, sono state finanziate nuove proposte formative per un totale di oltre 1,4 milioni di euro. I corsi programmati sono circa 90 con una disponibilità complessiva di circa 1.350 posti così ripartiti. Oltre 70 corsi in ambito forestale di cui:

– più di 40 rivolti agli operatori forestali, compresi 2 corsi di esbosco aereo con teleferiche;
– 32 rivolti ai giovani, disoccupati e non occupati;
– 6 corsi nell’ambito dell’ingegneria naturalistica;
– 8 corsi nell’ambito della gestione del verde arboreo.

I corsi si svolgeranno in tutto il territorio piemontese tra ottobre 2019 e ottobre 2022; come di consueto saranno completamente gratuiti e rivolti agli imprenditori, agli addetti ed i tecnici del settore forestale (pubblici e privati), ai gestori del territorio forestale operanti in zone rurali nonché ai giovani, disoccupati e non occupati.
Per poter partecipare ai corsi è necessario effettuare la preadesione ai corsi di formazione attraverso una scheda di pre-adesione. Sarà data precedenza ai soggetti che hanno già compilato la pre-adesione che, pertanto, sono invitati a non ripetere la procedura per non perdere la priorità acquisita. Gli altri soggetti interessati possono invece compilare l’apposito form on-line.

Per tutta la documentazione, visitare la pagina dell’Operazione 1.1.1

Una primavera con un andamento climatico anomalo, caratterizzato dalla combinazione di temperature a tratti troppo alte e a tratti troppo basse, con fasi prolungate di piovosità e siccità eccessive, ha provocato ingentissimi danni al comparto apistico. La produzione di miele di acacia in Piemonte, secondo le rilevazioni di Ismea, si è dimezzata: su 164.296 alveari in produzione a destinazione commerciale (esclusi quelli per autoconsumo) oltre la metà ha subito danni del 100% per un mancato ricavo di 16,5 milioni di euro.
Confagricoltura Piemonte ha scritto alla Regione per chiedere un sostegno alle aziende danneggiate. In particolare Confagricoltura ha proposto l’apertura di un bando straordinario volto a concedere contributi per il credito di conduzione, l’attivazione delle procedure di riconoscimento del carattere di eccezionalità degli eventi atmosferici allo scopo di attivare in deroga il fondo di solidarietà nazionale e la risoluzione, entro la prossima campagna, della criticità dovuta all’assenza di polizze specifiche per l’apicoltura che impedisce l’accesso al sistema nazionale di gestione del rischio (assicurazioni con polizze agevolate). Dove non si è potuto intervenire tempestivamente con l’alimentazione di soccorso si è assistito ad una mortalità elevata delle colonie di api o a un loro indebolimento, tale da rendere impossibile eventuali successivi raccolti. Il maltempo ha anche causato frequenti e imprevedibili episodi di sciamatura con conseguente ulteriore riduzione del potenziale produttivo degli alveari.
Andrea Bianco, apicoltore professionale di Caluso associato a Confagricoltura, titolare di un’azienda con oltre 300 alveari e una produzione di miele venduta in Italia ed esportata con successo, prevalentemente negli Stati Uniti e in Giappone, sottolinea la difficoltà del momento. “A luglio siamo riusciti a recuperare un po’ con la produzione nella fascia alpina dai 600 metri in su, ma le api erano ormai stressate e non tutte sono riuscite a recuperare in tempo le condizioni per poter sfruttare questa situazione favorevole”.
La necessità di alimentare artificialmente le api con zuccheri, per garantirne almeno la sopravvivenza – fanno rilevare i tecnici di Confagricolturaha inciso pesantemente sui costi aziendali; occorre intervenire per salvaguardare un comparto importante non soltanto ai fini reddituali, ma soprattutto per il mantenimento dell’equilibrio ambientale: le api, infatti, sono le sentinelle dello stato di salute del territorio e della sua biodiversità”.

Il comparto apistico (Elaborazione Confagricoltura Piemonte su dati Ismea)

La produzione mondiale di miele, secondo i dati FAO, è di circa 1,86 milioni di tonnellate. L’Asia, da sola, produce il 49% del miele mondiale, con la Cina primo produttore con 543.000 tonnellate annue. L’Unione Europea, in base ai dati della Commissione Agricoltura UE, produce circa 230.000 tonnellate di miele. L’Europa è autosufficiente al 60% e importa miele da Cina (40% dell’import) e Ucraina (20%).
L’Italia è il quarto paese dell’Unione Europea per numero di alveari (1,4 milioni), dopo la Spagna (2,9 milioni di alveari), la Romania (1,8 milioni) e la Polonia (1,6 milioni). La produzione annua italiana, secondo le stime dell’Osservatorio Nazionale sul Miele, è di circa 23.300 tonnellate, ottenuti da oltre 1,4 milioni di alveari, di cui circa 390.000 stanziali e 556.000 nomadi (il resto è destinato a produzione hobbistica e autoconsumo).
In Italia quest’anno la perdita produttiva stimata (dati Ismea) di miele di acacia e di agrumi è di oltre 10 mila tonnellate, pari a oltre il 40% della produzione media annua attesa in condizioni normali, per un danno complessivo di circa 73 milioni di euro.
Il Piemonte è la prima regione italiana produttrice di miele, con oltre 5.000 tonnellate stimate nel 2018, seguita da Toscana (3.000) ed Emilia Romagna (2.000). Le aziende professionali che praticano nomadismo in Piemonte ottengono mediamente circa 33 kg di miele per alveare (30 kg la media nazionale).