Il comma 40 dell’articolo 1 della Legge di Bilancio per il 2021 introduce un’apposita norma di interpretazione autentica secondo cui la nozione di cui al numero 80) della tabella A, parte III, allegata al DPR. n. 633/1972, deve essere interpretata nel senso che in essa rientrano anche le cessioni di piatti pronti e di pasti che siano stati cotti, arrostiti, fritti o altrimenti preparati in vista del loro consumo immediato, della loro consegna a domicilio o dell’asporto. Di fatto, la disposizione, prevedendo l’applicazione dell’aliquota IVA del 10%, equipara la cessione dei beni alimentari alla somministrazione dei alimenti e bevande negli esercizi di ristorazione. Secondo una prassi consolidata (in linea con la giurisprudenza comunitaria), le somministrazioni di alimenti e bevande si distinguono dalle cessioni dei relativi beni, in quanto le prime sono caratterizzate dal ricorso ad una prestazione di servizi, mentre le seconde, mancando la prevalenza legata al servizio, si qualificano come cessioni di beni. Sul tema, con specifico riferimento al periodo emergenziale, era stata registrata una prima apertura da parte del MEF, il quale, in risposta ad un’interrogazione parlamentare aveva ammesso l’equiparazione ai fini IVA tra le somministrazioni di alimenti e bevande e le cessioni da asporto o a domicilio, nella misura in cui queste ultime costituiscano modalità integrative dell’attività di somministrazione abitualmente svolta dall’esercente, mentre per l’Agenzia delle entrate le cessioni in commento dovevano scontare l’aliquota IVA relativa ai vari beni ceduti. Con la norma interpretativa, pertanto, si risolve la querelle con la previsione, appunto, dell’applicazione dell’IVA con l’aliquota ridotta del 10%.

Al fine di facilitare il processo di ricomposizione fondiaria, limitatamente all’anno 2021, il comma 41 dell’articolo 1 della Legge di Bilancio 2021 stabilisce che per gli atti di trasferimento a titolo oneroso di terreni e relative pertinenze, a favore di Coltivatori Diretti e IAP iscritti nella relativa gestione previdenziale, il cui valore economico sia inferiore o uguale a 5.000 euro (sempre che i terreni siano qualificati agricoli in base agli strumenti urbanistici vigenti), non si applica l’imposta fissa di registro di 200 euro (articolo 2 comma 4-bis del D.L. n. 194/ 2009 conv. in L. 25/2010, ex PPC).

Il comma 38 dell’articolo 1 della Legge di Bilancio per il 2021 (Legge 178 del 30 dicembre 2020) proroga all’anno 2021 l’esclusione dall’IRPEF dei redditi dominicali e agrari per Coltivatori Diretti e IAP (Imprenditori Agricoli Professionali), iscritti alla previdenza agricola, in luogo della tassazione al 50% prevista in base alla legislazione vigente. L’esenzione in parola era già stata prevista dall’art. 1, c.44, della L.n.232/2016 con riferimento agli anni di imposta 2017, 2018 e 2019, ed è stata prorogata al 2020 dalla L. n. 160/2019. L’agevolazione è applicabile nei confronti dei soci di società semplici in quanto titolari (per il principio di trasparenza) dei predetti redditi fondiari (dominicali e/o agrari), mentre non ne possono usufruire i soci di Snc ed Sas in quanto il reddito prodotto dalle società, ancorché attribuibile agli stessi, è comunque considerato reddito d’impresa, indipendentemente dall’eventuale opzione per la tassazione catastale esercitata dalla società.

L’Agenzia per la sicurezza alimentare europea ha recentemente approvato l’uso ai fini alimentari del primo insetto. Si tratta delle larve della tarma della farina, o tenebrione mugnaio (Tenebrio molitor) da cui si può ricavare una farina altamente proteica.
È probabile che possa essere utilizzata principalmente nelle farine animali, affiancandosi all’impiego di proteine vegetali. L’allevamento degli insetti è considerato nella UE un’attività agricola, come d’altronde è l’apicoltura. Il regolamento sull’agricoltura biologica ammette questo tipo d’allevamento, anche se ad oggi mancano i provvedimenti attuativi che ne determinino le specifiche produttive. La Commissione Europea ha avviato uno studio per proporre nei prossimi anni un testo legislativo ad hoc.

Un’analisi di Ismea su un campione di 6 aziende che coltivano mais in Piemonte, riferito all’anno 2019, evidenzia che Il reddito operativo medio è negativo per -283,00 €/ha se non si considera l’aiuto PAC, mentre se si considera il contributo risulta positivo per 88,10 €/ha. Di seguito il link allo studio di Ismea

http://www.ismeamercati.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/11204