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Le “fake news” nei confronti dell’agricoltura e degli allevamenti impongono in tutte le circostanze una replica a tutela dell’immagine e del ruolo svolto dalle imprese.
Nei giorni scorsi è stato pubblicato su “Milano Finanza” un articolo nel quale – con riferimento all’agricoltura – si sostiene che la pandemia e la guerra in Ucraina “hanno messo in luce non solo la precarietà di una rete di fornitura attaccabile e poco sicura, ma anche i costi ambientali e sanitari associati alla produzione intensiva e al consumo di carne”. Non solo, citando le posizioni espresse da George Monbiot, presentato come attivista ambientale ed editorialista del “The Guardian”, si riporta nel testo che “l’agricoltura è di gran lunga più nociva per il pianeta di qualsiasi altra industria”. Si tratta di affermazioni forti che vanno contrastate, facendo ricorso a numeri e riscontri oggettivi.
A livello europeo, anche durante la fase più acuta dell’emergenza sanitaria, non si è verificata nessuna crisi della rete delle forniture. I rifornimenti di prodotti destinati all’alimentazione sono stati garantiti con continuità in tutti gli Stati membri.
Per quanto riguarda, poi, l’impatto ambientale dell’agricoltura e degli allevamenti, lasciamo parlare i numeri che, per natura, non si prestano a pregiudizi e a interpretazioni di parte.
Secondo le rilevazioni di Eurostat, il Servizio statistico della Commissione europea, nel 2020 l’attività agricola ha inciso solo per l’11% sul totale delle emissioni di gas ad effetto serra. In dieci anni, il settore primario ha ridotto le proprie emissioni del 21%, circa 100 milioni di tonnellate in meno.
Anche le emissioni provenienti dalle fermentazioni enteriche (metano) sono diminuite del 22% rispetto ai livelli in essere nel 1990. Sempre secondo Eurostat, le emissioni di gas ad effetto serra derivanti dalla gestione degli effluenti zootecnici hanno fatto registrare nel periodo considerato una contrazione di oltre 20 punti percentuali.
Sono risultati importanti, ma di certo non rappresentano un punto di arrivo. Agricoltori e allevatori continuano ad essere impegnati per accrescere la sostenibilità ambientale e ridurre ulteriormente la pressione sulle risorse naturali. Senza dimenticare, in questo scenario in evoluzione, che l’attività agricola e le foreste assicurano anche il trattenimento al suolo del carbonio che, secondo le valutazioni della Commissione europea, consente di ridurre del 6 -7% le emissioni totali annuali di CO2.
Dopo le dure critiche al settore primario, nell’articolo in esame viene anche presentata una tecnica di produzione sintetica di carne e uova, “usando microbi derivanti dall’aria che crescono con una dieta a base di CO2, idrogeno e ossigeno”.
Lasciamo agli esperti l’esame su questa nuova tecnica alternativa all’attività degli imprenditori agricoli. Da evidenziare, però, che spetta inderogabilmente all’Efsa, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare, la valutazione di ogni nuova tecnologia sotto il profilo della sicurezza alimentare e dell’impatto ambientale. E’ una solida garanzia per i consumatori e per gli agricoltori.

Con i voti delle Commissioni del Parlamento UE a favore della modifica del Regolamento imballaggi si è compiuto un ulteriore passo avanti nella direzione sostenuta da Confagricoltura e in sintonia con tutto il settore agroalimentare e l’industria. In particolare, sono state accolte le richieste di modifica al testo del provvedimento licenziato dalla Commissione Europea escludendo gli imballaggi in plastica monouso per verdura e frutta fresca dal campo di applicazione del Regolamento.
L’intervento risponde a una precisa richiesta di Confagricoltura volta a tutelare le imprese, in particolare della IV gamma, che avrebbero dovuto fare fronte all’impossibilità di reperire sul mercato confezioni alternative in grado di offrire le stesse garanzie per il consumatore rispetto alla sua salute, alla perfetta conservazione e alla non contaminazione batterica degli alimenti. Altrettanto positivo il voto a favore dell’eliminazione dei rigidi parametri di riuso per i vini e le bevande spiritose.
Risponde infine alle richieste della Confederazione anche l’eliminazione del riferimento dell’olio d’oliva dai sistemi di ‘vuoto a rendere’ obbligatori previsti nel Regolamento. Confagricoltura auspica che queste indicazioni vengano confermate anche nel prosieguo della procedura fino al voto in assemblea plenaria.

Una decisione di grande rilievo per le prospettive della zootecnia italiana ed europea. Ringraziamo gli europarlamentari per aver accolto le nostre richieste a tutela del settore”. Lo dichiara il presidente della Confagricoltura Massimiliano Giansanti, in riferimento all’esito del voto odierno dell’Assemblea plenaria del Parlamento europeo sulla proposta di regolamento sull’ulteriore estensione agli allevamenti della direttiva sulle emissioni industriali.
L’inclusione degli allevamenti bovini, proposta dalla Commissione e bocciata dal Parlamento europeo, avrebbe comportato la chiusura di numerose strutture produttive con la conseguente perdita di posti di lavoro”, sottolinea Giansanti.
Qualsiasi contrazione del potenziale produttivo europeo determina l’aumento delle importazioni dai Paesi terzi dove – rileva il presidente dell’Organizzazione – non sempre vigono regole rigorose come quelle della UE in materia di protezione dell’ambiente. Di assoluto rilievo anche la limitazione dei nuovi obblighi a carico dei settori suinicolo e avicolo”.
L’invito che rivolgiamo ora al Parlamento europeo è di tenere ferma la posizione nel quadro del trilogo con il Consiglio e con la Commissione per raggiungere l’intesa finale. Va ricordato che l’orientamento del Consiglio è stato approvato con il voto contrario dell’Italia”.
L’auspicio è che anche domani, in occasione del voto sulla proposta relativa al ripristino della natura, prevalga una scelta positiva per l’agricoltura italiana e per una transizione ecologica che sia sostenibile sul piano sociale e economico”, conclude il presidente di Confagricoltura.

Le Associazioni di rappresentanza italiane, francesi e spagnole rivendicano l’importanza del vino in Europa alla luce delle conclusioni del recente studio della Commissione Europea sull’impatto del c.d. regolamento SUR sull’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari, in cui si afferma che la prevedibile diminuzione della produzione di uva è irrilevante, in quanto non si tratta di una coltura essenziale.
Le organizzazioni del settore vitivinicolo spagnole, francesi e italiane hanno preso atto dello studio complementare appena pubblicato dalla Commissione Europea sulle conseguenze del regolamento SUR sull’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari in Europa.
L’Unione Europea è il primo produttore di vino al mondo, con il 45% della superficie viticola mondiale. Questo settore ad alto valore aggiunto è vitale per molte regioni rurali europee, genera milioni di posti di lavoro e contribuisce in modo significativo alla bilancia commerciale dell’UE.
Tuttavia, questo studio prevede un calo della produzione di uva dovuto agli effetti della riduzione dei fitosanitari, stimato al 18% in Spagna, al 20% in Italia e al 28% in Francia, senza nemmeno valutare l’impatto del cambiamento climatico che andrebbe aggiunto a questa cifra. La Commissione europea aggiunge nello studio che la produzione di uva non è una coltura essenziale per la sicurezza alimentare europea e che una diminuzione della produzione di vino in Europa sarebbe irrilevante. Queste affermazioni ignorano l’enorme contributo economico, sociale e culturale del settore vitivinicolo in molte regioni dell’UE.
Questo atteggiamento è totalmente inaccettabile da parte delle organizzazioni rappresentative della catena del valore del vino in Spagna, Francia e Italia: è incomprensibile che la Commissione europea ipotizzi e preveda la penalizzazione di un intero settore di grande importanza per l’economia europea.
Gli operatori e le aziende vitivinicole sono da tempo impegnati nella transizione ecologica e continueranno ad esserlo. C’è ancora molto lavoro da fare e i nostri produttori devono poter portare avanti questo impegno per la sostenibilità ambientale senza inutili polemiche.
Chiediamo quindi agli Stati membri e agli eurodeputati di prendere una posizione chiara su questo tema. Il vino è un importante prodotto economico e culturale in Europa. Il nostro settore chiede di essere sostenuto per continuare le azioni di transizione ecologica con regolamenti realistici e un calendario operativo, che permetta l’implementazione delle soluzioni alternative efficaci esistenti e in arrivo.

Il comparto vitivinicolo nazionale ha bisogno di interventi urgenti per sostenere gli agricoltori vittime dei danni prodotti dalla peronospora. È quanto afferma Confagricoltura, che torna a chiedere provvedimenti immediati sia a livello nazionale, sia europeo per contrastare la fitopatia che sta mettendo in ginocchio le nostre produzioni.
Occorre innanzitutto attivare un tavolo tecnico che si occupi di definire le modalità di ristoro, individuando un intervento legislativo con copertura finanziaria che includa anche una specifica esclusione dalle agevolazioni dalle categorie di danni previste dal sistema dell’assicurazione agevolata, così da permettere alle aziende colpite di accedere agli interventi compensativi e di incrementare i fondi destinati alle compensazioni.
Sarebbe inoltre opportuno chiedere alla Commissione Europea di concedere l’uso dei fondi dell’Ocm Vino come compensazione del mancato reddito causato dalle fitopatie.