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Bruxelles e il governo nazionale dovrebbero incentivare e premiare le aziende agricole che adottano pratiche virtuose di carbon farming”. Lo ha detto Nicola Gherardi, componente della Giunta di Confagricoltura, in occasione del convegno “CARBON FARMING CERTIFICATION SYSTEM (C-FARMs)”, evento di chiusura del progetto Life C-FARMs, coordinato da FederlegnoArredo e di cui Confagricoltura è partner insieme a CREA, CMCC, PEFC, Rete Clima, Terra System ed UNITUS.
Confagricoltura, infatti, è da lungo tempo impegnata nella promozione di tali pratiche di agricoltura conservativa e per l’istituzione di un registro dei crediti di carbonio. “Siamo nella fase di applicazione della Farm to Fork – ha proseguito Gherardi – momento in cui l’attenzione verso la sostenibilità è ancora maggiore. Premesso che le aziende agricole su questo versante sono tra le più virtuose, diventa ancor più fondamentale per loro incrementare la sostanza organica nel suolo, anche ai fini di una migliore capacità produttiva dei terreni e una maggiore neutralità climatica”.
Il progetto C-FARMs ha quindi avuto come obiettivi la definizione di uno schema di certificazione degli assorbimenti di carbonio agricolo, costruito sulla base della proposta di regolamento della Commissione Europea, e la costruzione del GIS FARM, un simulatore capace di raccogliere informazioni su suolo e andamento del carbonio.
Presenti all’incontro, che si è tenuto oggi a Palazzo della Valle, oltre ai partner del progetto, Giulio Volpi della DG Clima della Commissione europea che ha illustrato gli obiettivi della Commissione riguardo alle tecniche di sequestro di carbonio; Alessandra Pesce, che ha raccontato il lavoro del CREA per l’istituzione del registro del carbonio agricolo e forestale; Stefano Brenna, dell’ERSAF, che ha sottolineato l’importanza del ruolo delle istituzioni pubbliche nella certificazione del carbonio; Filippo Trifiletti, di Accredia, che ha evidenziato la necessità di un sistema di certificazione basato su regole rigorose.
Il progetto LIFE C-FARMs ha anche consentito di mappare in dettaglio le aree pioppicole del territorio lombardo, mettendo in evidenza il valore della filiera nello stoccaggio del carbonio”. Lo ha dichiarato Nicoletta Azzi, di Assopannelli (Federlegno), a proposito della sperimentazione fatta nell’ambito del progetto, proprio nel comparto della pioppicoltura nella regione Lombardia.
Servono quindi – ha concluso Gherardi – risorse dedicate per tali tecniche agricole, anche da parte delle Regioni, e azioni concrete affinché si possa proseguire lungo il percorso che Confagricoltura, con molte sue imprese, ha intrapreso da tempo”.

 

Nella foto da sinistra: Nicola Gherardi, Giulio Volpi, Alessandra Pesce, Daniele Rossi, Stefano Brenna

Tra le molteplici soluzioni che è possibile mettere in atto per fare fronte ai cambiamenti climatici, lo sviluppo della pioppicoltura sostenibile appare come una di quelle più promettenti. La coltivazione di pioppi costituisce un’eccellenza italiana, riconosciuta e imitata in tutto il mondo. In Italia, il pioppo, che è coltivato su oltre 50.000 ettari ed è in costante espansione, rappresenta circa la metà dei prelievi annuali di legname a uso industriale.

Sul tema della pioppicoltura sostenibile il CREA Foreste e Legno ha organizzato, lo scorso 7 luglio, un incontro a Casale Monferrato.

La disponibilità di legname rappresenta un bene economico strategico per l’Italia, grande produttore ed esportatore di prodotti semilavorati e finiti a base di legno. Le attività che hanno come obiettivo l’incremento della qualità e della quantità delle risorse disponibili a livello nazionale risultano, pertanto, di grande importanza. In questo ambito un ruolo centrale è svolto dalla ricerca svolta dal CREA sulle strategie innovative per la pioppicoltura che puntano alla individuazione di cloni più idonei per i diversi impieghi e alla gestione sostenibile dei rischi ambientali derivanti dai cambiamenti climatici, soprattutto con l’esigenza di far fronte alla frequenza crescente di fenomeni siccitosi, in un quadro coordinato e integrato a livello nazionale. Nella tavola rotonda che si è sviluppata nel corso dell’incontro del 7 luglio, Enrico Allasia presidente di Confagricoltura Piemonte, nonché presidente della FNP Boschive, ha parlato del valore multifunzionale del pioppeto e della capacità di mitigare i cambiamenti climatici.

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La flavescenza dorata preoccupa i produttori vitivinicoli italiani ed è necessario un intervento efficace da parte delle istituzioni per evitare che questa malattia, una delle più distruttive dei vigneti, comprometta il potenziale produttivo di intere zone viticole. Questo l’appello lanciato oggi da Confagricoltura da uno dei luoghi simbolo della vitivinicoltura italiana: la Cantina Antinori nel Chianti Classico.
Dietro il controllo della fitopatia c’è molto di più – ha affermato il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansantic’è il tema dell’economia di un territorio e c’è la questione del lavoro. Dobbiamo fare squadra e collaborare con tutte le istituzioni, perché la situazione è di emergenza e per questo chiediamo che vengano assegnati fondi di emergenza”.
La flavescenza dorata in questi anni ha avuto una diffusione crescente. Le aree più colpite sono Piemonte, Veneto, Lombardia, Emilia-Romagna, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia, e anche in Toscana sono stati segnalati di recente nuovi focolai.
I dati generano preoccupazione – ha aggiunto il vicepresidente della FNP Vino di Confagricoltura Christian Marchesini, anche presidente del Consorzio della Valpolicella – a questo punto è importante una risposta efficace della politica”.
Il presidente della Commissione Industria, Attività produttive, Agricoltura del Senato, Luca De Carlo, ha affermato che il governo è conscio dell’importanza del tema: “La fitopatia – ha affermato – è difficile da contrastare senza fitofarmaci e per affrontare la questione sono fondamentali l’innovazione e le TEA”.
Gli ha fatto eco Mirco Carloni, presidente della Commissione Agricoltura della Camera: “Il tema è stato uno dei primi argomenti in discussione in Commissione: siamo e staremo vigili. Siamo consapevoli che le risorse ad oggi disponibili sono esigue e che occorre che lo Stato investa di più per il contrasto alla fitopatia”.
Informazione, ma anche formazione e un ruolo proattivo del viticoltore sono elementi vitali per la gestione della malattia, hanno ribadito Elisa Angelini del CREA, Claudio Ioratti e Mario Pezzotti della Fondazione Edmund Mach, che hanno ripercorso la diffusione e l’andamento della Flavescenza dorata e illustrato le linee di ricerca in corso. L’aumento dell’incidenza della fitopatia ha molteplici cause, fra cui la ridotta disponibilità di fitofarmaci, i cambiamenti climatici, la difficoltà a contenere l’insetto vettore e la presenza di superfici vitate incolte che di fatto fungono da serbatoi di infezione.
Il decreto di lotta obbligatoria alla flavescenza dorata è del 2000 – ha evidenziato il direttore generale del CREA, Stefano Vaccarioccorre cambiare qualcosa; ad esempio, il regime sanzionatorio che evidentemente va inasprito per far rispettare le regole”.
E’ necessario un coordinamento tra i vari sistemi, regionali e nazionale, con il supporto dei consorzi di tutela, ma è soprattutto necessario avere risorse – ha aggiunto Federico Castellucci, presidente della FNP Vino di Confagricolturaper rafforzare la strategia di contrasto alla flavescenza dorata sono necessari fondi appropriati e commisurati alla gravità della situazione, in grado non solo di finanziare la sostituzione delle viti estirpate, ma anche e soprattutto di coprire il potenziamento di una serie di azioni coordinate di lotta alla fitopatia”.

Il CREA-PB – Centro di Politiche e Bioeconomia, nell’ambito della promozione della sua azione sul territorio nazionale ha preparato l’allegato opuscolo divulgativo che illustra la RICA, ovvero la Rete di Informazione Contabile Agricola.
La RICA è una indagine campionaria annuale istituita dalla Commissione Economica Europea nel 1965, con il Regolamento CEE 79/56 e aggiornata con il Reg. CE 1217/2009 e s.m.i. Essa viene svolta, in Italia a partire dal 1968, con un’impostazione analoga in tutti i Paesi Membri dell’Unione Europea e rappresenta l’unica fonte armonizzata di dati microeconomici sull’evoluzione dei redditi e sulle dinamiche economico-strutturali delle aziende agricole.
La RICA è utilizzata per la giustificazione degli aiuti pubblici all’agricoltura cofinanziati dall’Unione Europea, per la valutazione dell’importanza delle imprese agricole come fornitori di beni comuni. Le informazioni raccolte con la RICA consentono inoltre di rispondere ai fabbisogni della ricerca e dei servizi alla consulenza aziendale, attraverso una serie di variabili ed indici sulle caratteristiche tecniche, economiche, patrimoniali e reddituali delle aziende agricole.

In allegato l’opuscolo informativo

RICA

 

Dopo la brusca frenata del 2020 causata dalla pandemia, nel 2021 il prezzo della terra ha ripreso a crescere, in concomitanza con un notevole aumento dell’attività di compravendita (+30%), sebbene il valore reale del patrimonio fondiario continui a diminuire (-12% rispetto al 2010) a causa di un tasso di inflazione nettamente superiore a quello riscontrabile negli ultimi anni (+1,9% nel 2021). Questo è il quadro che emerge dall’indagine sul mercato fondiario, curata dai ricercatori delle sedi regionali del CREA Politiche e Bioeconomia con il supporto del CONAF – Consiglio dell’Ordine dei Dottori Agronomi e Forestali – e dei dati pubblicati da altre fonti ufficiali.
https://www.crea.gov.it/-/mercato-fondiario-e-degli-affitti-in-italia-nel-2021
Nel 2021 il prezzo dei terreni agricoli ha registrato, rispetto al 2020, un aumento del 1,1% a livello nazionale, trainato soprattutto dalla circoscrizione del Nord Ovest e del Nord Est e dalle zone di pianura, con un prezzo medio nazionale che sfiora i 21.000 euro ad ettaro, seppur con evidenti differenze tra il Nord Est (42.300 euro) e il Nord Ovest (29.100 euro) e il resto d’Italia (15.000 euro).