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Sulla Gazzetta Ufficiale n. 151 del 30 giugno 2023 è stato pubblicato il Decreto 30 maggio 2023 del Ministero della Salute relativo alle “Modalità applicative delle misure di biosicurezza negli allevamenti avicoli”. Si tratta di misure già in uso da tempo nella nostra filiera avicola.

Articolo 7 Disposizioni transitorie ed abrogazioni

1. Fatto salvo il rispetto delle disposizioni vigenti in materia, gli operatori responsabili di stabilimenti già registrati nella BDN devono garantire il rispetto di quanto previsto all’allegato A, adeguando i propri stabilimenti entro dodici mesi dall’entrata in vigore del presente decreto.

2. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, gli operatori che registrano i propri stabilimenti nella BDN devono garantire il rispetto delle modalità operative per l’applicazione delle misure di biosicurezza previste dallo stesso.

3. Quanto previsto all’allegato A, paragrafo 5 «Distanze minime per l’apertura di nuovi allevamenti ordinari con capacità superiore a 250 capi e per la riconversione di allevamenti già esistenti», non si applica agli allevamenti avicoli non ancora registrati nella BDN per i quali, alla data di entrata in vigore del presente decreto, siano stati comunque rilasciati tutti i titoli abilitativi previsti dalla normativa vigente per la realizzazione dell’impianto. Questa deroga è stata fortemente voluta dalla Confederazione a tutela le situazioni relative a talune aziende che avevano già ottenuto le autorizzazioni per la realizzazione dell’impianto.

4. Le disposizioni di cui all’art. 5, comma 5, del decreto del Ministro della salute 14 marzo 2018 sono superate dalle disposizioni del presente decreto.

5. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto è abrogato il decreto del Ministro della salute del 25 giugno 2010 recante le misure di prevenzione, controllo e sorveglianza del settore avicolo rurale citato in premessa.

6. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana

Allegato A Punto 5.

Distanze minime per l’apertura di nuovi allevamenti ordinari con capacità superiore a 250 capi e per la riconversione di allevamenti già esistenti
In zona A e B:

I. Distanza minima di 1500 metri da altri allevamenti avicoli ordinari con capacità superiore a 250 capi e 500 metri da allevamenti suinicoli già esistenti.
Tale distanza si applica anche alle riconversioni in allevamenti all’aperto laddove consentito, alle riconversioni da allevamenti di altre specie in allevamenti di tacchini e ovaiole, nonché agli allevamenti che aumentano la capacità massima dello stabilimento, previa comunicazione alla ASL competente.
Tale distanza non si applica alle riconversioni da allevamenti di tacchini in altre specie avicole previa valutazione favorevole da parte della ASL competente degli elementi di cui alla successiva lettera c);

II. In zona A è vietata l’apertura di nuovi allevamenti di tacchini all’aperto e la riconversione di allevamenti ordinari preesistenti in tale tipologia di allevamento;

III. In zona B è vietato l’allevamento all’aperto del tacchino, l’apertura di nuovi allevamenti ordinari all’aperto e la riconversione a modalità di allevamento all’aperto di allevamenti ordinari preesistenti (compresi quelli di selvaggina da penna).

– Nelle restanti zone del territorio nazionale: distanza minima di 1000 metri da altri allevamenti avicoli ordinari con capacità superiore a 250 capi (inclusi gli svezzatori), e 500 metri da allevamenti suinicoli già esistenti.

– È possibile valutare deroghe alle distanze di cui alle lettere a) e b), ad eccezione delle zone B, fatto salvo l’obbligo di rispetto di una distanza minima di 1000 metri in zona A, e 500 metri nel resto del territorio nazionale, in funzione dei seguenti elementi:
• situazione epidemiologica (storico dei focolai HPAI registrati nella zona);
• contesto zootecnico locale (specie avicole allevate, densità e modalità di allevamento ed indirizzo produttivo);
• livello di biosicurezza dello stabilimento richiedente e di quelli presenti nella zona;
• livello di rischio della specie e categoria di avicoli allevati;
• ulteriori fattori di rischio (es. presenza impianti pollina).

– Le deroghe sono rilasciate dalla ASL competente sullo stabilimento richiedente, tenuto conto della valutazione del rischio effettuata di concerto con l’Osservatorio epidemiologico veterinario regionale secondo le modalità individuate a livello regionale.

– I nuovi allevamenti di tipo ordinario devono rispettare una distanza minima da un impianto di biogas) che utilizza pollina di altri allevamenti pari a 500 metri.

– Le regioni possono comunque definire parametri di distanza più restrittivi di quelli sopra definiti, in funzione del livello di rischio e della densità degli stabilimenti avicoli presenti sul territorio.
Le regioni con zone ad alto rischio, sulla base di una valutazione del rischio effettuata con il supporto dell’Osservatorio epidemiologico veterinario regionale:

✓ possono vietare su tutto o parte del proprio territorio l’apertura o la riconversione di allevamenti di tacchini all’aperto;
✓ possono prevedere, su tutto o su parte del proprio territorio, che l’apertura o riconversione in allevamenti ordinari all’aperto (inclusi gli svezzatori), sia soggetta a parere favorevole dell’Asl competente sullo stabilimento richiedente.

Nel corso delle ultime settimane sono intervenute importanti novità riguardo la gestione dei rifiuti presso le aziende, che meritano un approfondimento. La prima novità è inerente alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale n.126 del 31 maggio u.s. del decreto 4 aprile 2023, n. 59, un regolamento recante: “Disciplina del sistema di tracciabilità dei rifiuti e del registro elettronico nazionale per la tracciabilità dei rifiuti ai sensi dell’articolo 188-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152”. Il provvedimento entrerà in vigore il prossimo 15 giugno e avrà come obiettivo la raccolta e la disponibilità in formato digitale dei dati relativi ai rifiuti generati e gestiti dai soggetti tenuti a iscriversi. Le prime iscrizioni saranno riservate esclusivamente ai produttori iniziali di rifiuti speciali, sia pericolosi che non pericolosi, che occupano più di 50 dipendenti e inizieranno soltanto a partire da dicembre 2024.

Il nuovo regolamento definisce:

• i modelli e i formati relativi al registro cronologico di carico e scarico dei rifiuti e al formulario di identificazione di cui agli articoli 190 e 193 del decreto legislativo n. 152 del 2006 con l’indicazione delle modalità di compilazione, vidimazione e tenuta;
• le modalità di iscrizione al Rentri e i relativi adempimenti, da parte dei soggetti obbligati ovvero di coloro che intendano volontariamente aderirvi;
• il funzionamento del Rentri, ivi incluse le modalità di trasmissione dei dati.

Il nuovo Registro per la tracciabilità RENTRI non ricalcherà le annose criticità che erano presenti nel vecchio Sistri. “Come Confagricoltura abbiamo, infatti, ottenuto che venissero eliminati i dispositivi hardware USB e black box che determinarono i costi esorbitanti e le inefficienze del vecchio sistema di tracciabilità“, afferma l’Organizzazione agricola. “Abbiamo chiesto, inoltre, la piena interoperabilità tra i sistemi di gestione aziendali e il nuovo sistema informatico e che tutte le attuali semplificazioni presenti per la gestione dei propri rifiuti da parte delle imprese agricole venissero mantenute“.
Rimangono vive, pertanto, le possibilità di delegare le associazioni imprenditoriali o i circuiti organizzati di raccolta per la gestione degli adempimenti, nonché le diverse esenzioni se la movimentazione è saltuaria e occasionale o se è finalizzata a raggiungere la cooperativa o il consorzio di cui si è soci.
Le imprese agricole possono, inoltre, adempiere alla tenuta dei registri conservando i FIR o i documenti di conferimento rilasciati dal gestore del circuito organizzato di raccolta. Per quanto riguarda la dichiarazione annuale Mud, per le imprese che conferiscono al circuito organizzato di raccolta o al servizio pubblico competente per territorio, sarà tale soggetto e non l’impresa agricola, a farsi carico della comunicazione limitatamente alle quantità che gli sono state conferite dall’azienda.
Importante, inoltre, la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale n. 127 del 1° giugno u.s., del Decreto Legislativo numero 213 del 23 dicembre 2022, titolato “Correttivo al Recepimento Pacchetto economia circolare rifiuti”.
Il nuovo provvedimento, le cui disposizioni entreranno in vigore il 16 giugno p.v., contiene sostanziali modifiche al Decreto Legislativo numero 152 del 2006 (“Norme in materia ambientale”), tra cui la cancellazione della possibilità di istituzione di schemi di responsabilità estesa del produttore (EPR) “anche su istanza di parte” (articolo 178-bis) e il divieto di incenerimento per rifiuti raccolti in modo differenziato.
Sono stati modificati poi gli obblighi informativi dei sistemi di gestione degli imballaggi (articolo 237, Dlgs 152/2006) per spingere la promozione dell’ecodesign di prodotti che contengono materie prime critiche. Scomparsa la norma presente nelle prime bozze del provvedimento che considerava i rifiuti prodotti da agriturismi, fattorie didattiche e spacci aziendali come rifiuti urbani, facendoli quindi tornare nel perimetro applicativo della Tari a dispetto di quanto contenuto nel Dlgs 116/2020. Si ricorda, infatti, che tale Dlgs ha classificato i rifiuti prodotti dalle attività agricole e connesse come rifiuti speciali.
Con l’eliminazione di tale misura si conferma, pertanto, che le aziende agrituristiche potranno scegliere autonomamente il soggetto privato a cui affidare la raccolta dei propri rifiuti mantenendo comunque la facoltà, se ritenuto più conveniente e vantaggioso a livello economico o gestionale, di consegnare i propri rifiuti al servizio di raccolta comunale, previa stipula di apposita convenzione con l’ente locale o con il gestore del servizio da esso designato.

È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 7 gennaio il Decreto che dichiara l’eccezionalità degli eventi calamitosi legati alla siccità 2022 per il Piemonte

Esprimiamo apprezzamento per il recente atto del Governo Meloni riguardante la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, avvenuta in questi giorni, del Decreto per l’avvio della procedura di risarcimento danni agli agricoltori”. Lo ha affermato Enrico Allasia presidente di Confagricoltura Piemonte, apprendendo finalmente del varo del provvedimento, firmato il 23 dicembre 2022, che consentirà alle imprese agricole di richiedere fino al 21 febbraio prossimo gli indennizzi per gli eventi calamitosi legati alla siccità (periodo maggio – settembre 2022).
Sono ormai passati parecchi mesi dallo scorso maggio, che verrà ricordato per l’assenza totale di piogge e che ha dato il via al periodo più siccitoso degli ultimi 30 anni: perdite dei raccolti nel settore ortofrutticolo, diminuzione delle rese soprattutto di foraggio e cereali (mediamente il 15% in meno per il grano a livello nazionale, 10 mila ettari in meno di riso coltivato), aumento delle infestanti resistenti alle condizioni climatiche estreme e aumento delle zoonosi sono solo alcune delle conseguenze causate dalla mancanza di precipitazioni in tutto il Piemonte che ha caratterizzato la scorsa campagna e perdura tutt’oggi, tant’è che il Consiglio dei Ministri ha prorogato di 12 mesi lo stato di emergenza per carenza idrica.
Una stima di Confagricoltura, attesta un deficit superiore al 30% della produzione agricola nazionale, con conseguenze a cascata sull’allevamento e sull’export delle materie prime. “In considerazione degli aumenti sconsiderati, e talvolta ingiustificati, in ogni settore, dalle sementi ai carburanti, dalla gestione del personale al costo dei macchinari, compresa la relativa manutenzione, auspichiamo che i 200 milioni stanziati dal Decreto giungano nelle tasche degli imprenditori agricoli il più rapidamente possibile“, prosegue Allasia, ricordando inoltre che il 28% del territorio italiano è a rischio desertificazione e che, per fronteggiare altre estati particolarmente calde, sarebbe necessario e urgente prevedere sin d’ora misure preventive, applicandole ove già se ne manifesti la necessità.
In ultima battuta, il presidente della Federazione degli Agricoltori del Piemonte, prendendo atto dell’esiguità delle somme stanziate tramite il Fondo di solidarietà nazionale, auspica che il nuovo tipo di intervento sulla gestione del rischio, previsto dalla programmazione PAC 2023 – 2027, possa concretamente rappresentare uno strumento efficace di supporto dello sviluppo del sistema assicurativo agevolato che potrà tutelare gli agricoltori contro le future avversità climatico – ambientali, sempre più probabili.
Il Fondo di mutualizzazione nazionale per gli eventi catastrofali (Fondo AgriCat) – conclude Allasia – potrà contare su 1,8 miliardi di euro nell’arco di un quinquennio e si pone l’obiettivo di aumentare la platea dei soggetti che utilizzano la gestione del rischio, anche attraverso l’integrazione con il sistema assicurativo agevolato”.

Il Mipaaf con decreto del 20 giugno scorso, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 15 dicembre, ha stabilito criteri e modalità per l’assegnazione di contributi a favore dei produttori di vino Dop, Igp e biologico che investano in sistemi digitali avanzati, prevedendo una dotazione finanziaria di un milione di euro.
I beneficiari dei sostegni, oltre ad essere vitivinicoltori, devono svolgere anche attività agrituristica o enoturistica
Sono ammesse a contributo le spese concernenti moderni strumenti digitali che, attraverso l’impiego di un codice a barre bidimensionale (QR code) apposto sulle etichette dei vini, indirizzano il consumatore su di un sito web multilingue contenente una serie di informazioni sul territorio e sulle tradizioni enogastronomiche nonché appositi collegamenti ipertestuali ai siti e alle pagine web istituzionali dedicati alla promozione culturale, turistica e rurale dei territori locali di produzione.
I soggetti ammessi a contributo dovranno garantire per un periodo minimo di tre anni l’utilizzo di questi strumenti su almeno il 25% della produzione complessiva imbottigliata.
Le istanze saranno finanziate secondo l’ordine cronologico di presentazione e quindi con procedura a sportello. L’importo del contributo concedibile ad un singolo beneficiario va da un minimo di 10 mila euro sino a un massimo di 30 mila euro.
Le istruzioni operative saranno emanate entro sessanta giorni.

Con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del relativo decreto di adozione è stato avviato il Piano del settore corilicolo 2022-2025. Il Piano di settore è lo strumento programmatico strategico del comparto destinato a fornire alle Regioni un chiaro indirizzo sulle misure di interesse del settore nocciole.
In Italia nel 2021 la superficie totale investita a nocciolo è stata pari a poco più di 92.300 ettari (dati Istat), con una crescita di oltre 20.000 ettari negli ultimi dieci anni. Il potenziale produttivo corilicolo è molto concentrato, con l’80% delle superfici investite localizzate in sole tre regioni, Piemonte (29%), Lazio (28%) e Campania (24%). Le produzioni a marchio IG rappresentano circa il 9% dell’offerta nazionale, con la netta prevalenza dell’IGP nocciola del Piemonte.
Il Piano è composto da un documento sintetico e da un allegato tecnico che sono stati redatti con il contributo dei componenti del Tavolo di filiera della frutta in guscio – sezione nocciolo, di cui Confagricoltura fa parte.
Nel documento sintetico viene fatto un esame del comparto, evidenziando le proposte di azioni da intraprendere secondo obiettivi strategici e/o prioritari, al fine di favorire l’applicazione coerente della politica comunitaria, indirizzando i sostegni mirati ai produttori attraverso gli strumenti a disposizione delle Regioni.
L’allegato tecnico fornisce invece un’analisi puntuale del contesto competitivo internazionale ed esamina poi nel dettaglio la situazione corilicola nazionale, ponendo particolare attenzione alle tecniche di produzione, alla difesa fitosanitaria, alla valorizzazione del prodotto toccando, in sintesi, tutti gli aspetti della multifunzionalità dei noccioleti.
Confagricoltura, in quanto componente del Tavolo, ha fornito il suo apporto nella definizione di numerosi temi (ad esempio istituzione del catasto corilicolo nazionale e stanziamento di adeguate risorse finanziare per il comparto), in modo da poter sviluppare le diverse progettualità individuate nel Piano.