Il 7 dicembre scorso, Confagricoltura ha partecipato alla riunione del Masaf dove è stato illustrato e analizzato lo stato dell’arte della proposta di Regolamento della Commissione sulle Indicazioni Geografiche (Ig) per il settore vitivinicolo.
Alla presenza dei rappresentanti delle Regioni e delle organizzazioni agricole più rappresentative sono stati approfonditi temi relativi all’Euipo (Ufficio brevetti dell’Unione Europea), agli impegni di sostenibilità, alle associazioni dei produttori e alle Ig come ingredienti di altri prodotti.
Intervenendo a un incontro dell’Unione Italiana Vini, il Ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida ha sottolineato il ruolo fondamentale che la qualità e la specificità delle nostre produzioni agroalimentari devono avere nel contesto di un mercato sempre più standardizzato e anonimo. La qualità e la biodiversità, secondo il ministro, non sono infatti elementi delocalizzabili e l’agricoltura italiana li possiede in abbondanza. Quello su cui occorre lavorare è una strategia per valorizzarli partendo da un approccio che possa tutelare le produzioni nazionali, con la convinzione di rendere più forte l’Ue stessa grazie alla crescita delle singole nazioni.
Secondo Lollobrigida i nuovi concetti, per esempio, di carne sintetica e vino senza alcol distruggono il legame millenario che unisce le produzioni alla terra. Stessa cosa si può dire anche per il Nutriscore, uno specchio colorato che usa la salute come elemento per superare la qualità, condizionando il consumatore verso una direzione non corretta.

La Commissione Europea ha prorogato fino al 15 dicembre 2023, quindi per un ulteriore anno, l’autorizzazione all’impiego del glifosate, dopo che per ben due volte gli Stati membri non hanno raggiunto la maggioranza prevista nella votazione al Comitato permanente della Commissione UE per le piante, gli animali, gli alimenti e i mangimi (Scopaff).
La proroga, già pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’UE, si è resa necessaria anche perché l’Autorità per la sicurezza alimentare (Efsa) e l’Agenzia europea per le sostanze chimiche (Echa), che devono stabilire quale sia il rischio dell’utilizzo della sostanza, non hanno ancora formulato le loro conclusioni, che , inizialmente previste per maggio 2022, sono state rinviate a luglio 2023 a causa dell’altissimo numero di osservazioni e pareri scientifici sull’argomento.

Agronetwork ha presentato i risultati dell’indagine a cura di Format Research sulla Sostenibilità

Agronetwork – l’associazione di promozione dell’agroindustria costituita da Confagricoltura, Nomisma e LUISS – ha presentato, in occasione dell’Assemblea di fine anno, i risultati delle interviste realizzate da Format Research su un campione di oltre 1.600 tra imprese agricole e piccole e medie aziende dell’industria alimentare. Al centro dell’indagine l’attenzione per la sostenibilità e le difficoltà che devono affrontare le imprese del settore per coniugare sostenibilità ambientale e sostenibilità economica. Essere sostenibili, infatti, ha un costo elevato e richiede competenze specifiche.
Il 45,2% delle imprese intervistate ha dichiarato di non aver effettuato negli ultimi 5 anni alcun investimento per favorire la propria sostenibilità ambientale, il 54,8% invece lo ha fatto ma ha incontrato molte difficoltà, soprattutto nel corso del 2022 a causa dell’aumento dei costi energetici e della carenza di materie prime. I costi rilevanti (45,8%), un quadro normativo troppo complesso (24,5%), la difficoltà di implementazione di azioni sostenibili (21,8%), la mancanza di competenze (20,1%), sono le principali ragioni per cui molte imprese hanno rinunciato ad investimenti a favore della sostenibilità ambientale. Di queste, tuttavia, il 55% afferma che probabilmente (42,4%) o certamente (12,2) lo farà nel prossimo futuro.
Tra le imprese che invece hanno scelto di investire nella sostenibilità (54,8%) ben il 75% hanno riscontrato difficoltà nella “green transition”. Il peso della burocrazia è al primo posto tra gli impedimenti per il 33% degli intervistati, seguito dalla mancanza di budget (27,1%), dall’impennata dei costi nel corso del 2022 (26%), dalla complessità delle norme (19,1%) e dalla mancanza di risorse qualificate (11,7%). Il preoccupante scenario internazionale, al quale corrisponde un abnorme aumento dei costi, costringerà almeno nei primi sei mesi del 2023 il 41,4 % delle imprese intervistate ad operare con difficoltà, se non con molte difficoltà (26,6%). Il 3,5% si sono dette addirittura costrette a chiudere l’attività. A testimonianza di quanto la sostenibilità ambientale sia inevitabilmente legata a quella economica occorre sottolineare un dato allarmante: il 53% delle aziende aveva pianificato investimenti nei primi sei mesi del 2023. Tuttavia, di queste meno del 60% li effettuerà regolarmente, mentre il 24,2% rinuncerà in tutto o in grande parte ad essi. Il 18% ha invece dichiarato che rinuncerà ad altri investimenti, ma non a quelli sulla sostenibilità ambientale.
Tra le imprese che investono nella sostenibilità ambientale l’87% ritiene che sia lo Stato a doversi fare carico delle difficoltà, in termini di costi, che le imprese devono affrontare. In particolar modo le attività richieste per uno sviluppo sostenibile dal punto di vista ambientale riguardano: incentivi pubblici a sostegno delle imprese 54,3%, detrazioni fiscali o semplificazioni amministrative per le imprese virtuose 46,9%, incentivi per i progetti di reti di imprese per la sostenibilità delle filiere 29,4%, incentivi pubblici per collaborazioni con Università ed enti di ricerca 26,7%, campagne di comunicazione per sensibilizzare consumatori e imprese 21,1%. Gli enti e le Istituzioni nazionali, locali e comunitari insieme alle Università e gli Istituti di ricerca – affermano inoltre gli intervistati – rivestono un ruolo fondamentale per lo sviluppo dell’adozione di policy di sostenibilità ambientale.
L’Assemblea di Agronetwork – ha dichiarato il presidente Sara Farnettiha deciso di affrontare il tema della sostenibilità economica delle aziende agricole e di quelle industriali affinché la resilienza del food system possa esser tale da assorbire gli shock energetici e delle materie prime e consentire in futuro il mantenimento degli obiettivi di natura ambientale e sociale, nonché quelli altrettanto importanti di natura nutrizionale. I valori ambientali, oramai diventati un prerequisito delle aziende agroalimentari del Paese, non devono assolutamente rappresentare una grave criticità per la redditività delle imprese e la loro vitalità. Le 350.000 aziende agricole e le 68.000 piccole e medie aziende industriali alimentari costituiscono la spina dorsale del Paese e attendono politiche che possano facilitarne una dinamica evolutiva ed espansiva su scala europea ed internazionale”.

Uno spazio meritato quello che il Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste, ha riconosciuto all’apicoltura nel Piano strategico della PAC 2023-2027. Il decreto, che incrementa da 9 a 17 milioni di euro l’intervento quinquennale in favore del settore apistico, firmato dal Ministro Francesco Lollobrigida, è una buona notizia per il comparto e mette l’Italia in condizione di distinguersi nel panorama UE a 27 Stati membri.
Le più importanti attese erano state rappresentate dalla Federazione Apicoltori Italiani (FAI) durante i lavori del tavolo di partenariato attivo presso il MASAF: “Dopo annate avverse e una lunga serie di eventi calamitosi, con una PAC che in passato era risultata priva di visione strategica – sottolinea il presidente della Federazione, Raffaele Cironeavevamo il dovere di sollecitare al ministero un maggior impegno a livello nazionale, affinché venissero individuate azioni prioritarie e favorito l’accesso alla platea dei beneficiari“.
L’impegno per il cofinanziamento ministeriale di questa misura comunitaria, del resto, discende da una assegnazione della UE diretta e proporzionata al numero di alveari. “Siamo consapevoli di avere continuamente incrementato il nostro patrimonio apistico – sottolinea ancora Cirone – che ammonta ormai a circa 2 milioni di colonie di api, allevate da oltre 70 mila apicoltori: cifre che collocano l’Italia in vetta alle classifiche europee, legittimando l’operato delle nostre Istituzioni e riconoscendo dignità a ciascun apicoltore“.
Diamo quindi atto al Governo, al Ministro Lollobrigida e al Sottosegretario Luigi D’Eramo con delega all’apicoltura, della manifesta volontà di difendere e conservare con atti concreti e strutturali una ricchezza inestimabile che la FAI, nell’approssimarsi del suo 70° anniversario dalla fondazione, è orgogliosa di aver finora rappresentato e preservato con altrettanto impegno.

Il Comitato vitivinicolo, misto franco-spagnolo-italiano, si è riunito il 30 novembre a Roma in convocazione plenaria (la quinta dopo la sua istituzione nell’estate 2017), chiamando a raccolta i professionisti, le organizzazioni rappresentative del comparto e le amministrazioni dei tre principali produttori dell’UE, che insieme rappresentano oltre l’85% del vino europeo. I lavori del Comitato si sono incentrati sull’analisi della situazione del mercato e sulle sue prospettive, alle politiche sanitarie e di promozione, alla sostenibilità della produzione e alla nuova proposta di regolamento sulle indicazioni geografiche, attualmente in discussione a Bruxelles.
I tre Paesi hanno deciso di inviare una richiesta alla Commissione Europea affinché venga fatto il possibile per evitare discriminazioni nei confronti dei prodotti vinicoli nelle politiche comunitarie di marketing e comunicazione alimentare, che sono essenziali per garantire la competitività del comparto.
Inoltre, la nota congiunta inviterà la Commissione a adottare tempestivamente il regolamento delegato sugli ingredienti dei prodotti vitivinicoli, come previsto dalla recente riforma della PAC. Questo regolamento dovrebbe riaffermare la specificità delle norme sull’etichettatura, delle indicazioni nutrizionali e degli ingredienti, nonché sostenere la digitalizzazione quale strumento efficace e innovativo nell’attività di informazione rivolta ai consumatori.
Per quanto riguarda invece il regolamento sulle indicazioni geografiche, Italia, Spagna e Francia hanno espresso riserve sugli attuali contenuti della proposta legislativa presentata dalla Commissione, tant’è che si adopereranno affinché i negoziati in seno al Consiglio portino a miglioramenti significativi del testo nell’ottica di rafforzare il sistema di qualità che le denominazioni di origine rappresentano nel settore vitivinicolo.